L’ombra di Al Qaeda sul nucleare iraniano

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L’ombra di Al Qaeda sul nucleare iraniano

28 Maggio 2010

Nonostante i recenti annunci del Segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ad oggi non è stato fatto alcun passo avanti concreto da parte della comunità internazionale verso nuove sanzioni contro l’Iran. Uno degli argomenti dietro cui si nascondono i paesi contrari a nuove sanzioni, segnatamente Cina e Russia, è che in realtà vi sarebbero numerosi dubbi sulle reali intenzioni di Teheran di voler arrivare davvero ad assemblare un’arma atomica, e successivamente di usarla contro i suoi nemici, soprattutto Israele. In sostanza, ci si chiede quanto sia davvero reale la minaccia iraniana. Davvero Teheran potrebbe arrivare a rischiare un devastante contrattacco militare israeliano e/o americano?

Tuttavia, il problema posto da un Iran nucleare sarebbe di portata ancor più ampia. La vera domanda, infatti, è un’altra. Chi potrebbe impedire a Teheran di fornire la tecnologia e l’uranio necessari ad assemblare una bomba a qualche formazione terroristica amica? Da anni gli ayatollah si servono di formazioni terroristiche, da Hezbollah ad Hamas, solo per citarne alcune, per perseguire i propri obiettivi nella regione. E tra le formazioni terroristiche vicine al governo di Teheran, potenzialmente interessate a dotarsi di un ordigno nucleare col quale lanciare il proprio attacco al cuore dell’Occidente vi è anche Al Qaeda.

Questa affermazione potrebbe sembrare strana a chi è convinto che un’organizzazione sunnita come Al Qaeda non si alleerebbe mai con forze sciite, come il regime khomeinista al potere in Iran, ma in realtà i contatti tra gli ayatollah e la rete terroristica di Bin Laden risalgono all’inizio degli anni ’90, durante la permanenza dello sceicco del terrore in Sudan. Fu Hasan Al Turabi, leader del Sudan National Islamic Front, ad incoraggiare i legami tra entità sciite e sunnite per stabilire un soggetto islamico globale unito contro il nemico comune. Ma è principalmente il supporto logistico e finanziario fornito da Teheran a consolidare il rapporto tra sunniti e sciiti, soprattutto dopo che lo spostamento della base di Al Qaeda in Afghanistan. Ed infatti la 9/11 Commission nelle sue conclusioni rilevò la presenza di “chiare prove” dell’aiuto iraniano ad Al Qaeda nei suoi spostamenti da e verso l’Afghanistan, pur non avendo trovato prove certe sul ruolo della Repubblica islamica nella “pianificazione di ciò che poi sarebbe diventato l’attacco dell’11 Settembre”.

Anche dopo l’attentato alle Torri Gemelle, Teheran ha continuano a fornire assistenza alla rete di Bin Laden, nonostante ufficialmente molti leader di Al Qaeda fossero considerati detenuti agli arresti domiciliari. Ma dai report dell’intelligence emerge chiaramente la completa libertà di movimento di cui in realtà hanno continuato a godere molti personaggi di spicco dell’organizzazione di Bin Laden, tra cui Adel Muhammad Mahmoud Abdulkhaleq, leader del Libyan Islamic Fighting Group, che ha viaggiato da e verso l’Iran numerose volte tra il 2004 ed il 2007, ma anche Mustafa Hamid, Ali Salah Hussain, e persino il figlio dello sceicco del terrore, Saad bin Laden, che, formalmente agli arresti, si è spostato in Pakistan verso la fine del 2008, riunendosi con altri importanti membri di Al Qaeda. Anche il Bahrein ha segnalato più volte il via vai di terroristi con l’Afghanistan attraverso l’Iran, mentre il Dipartimento di Stato americano nel 2008 ha denunciato nel suo report annuale sul terrorismo che “l’Iran rimane reticente nell’assicurare alla giustizia i membri di Al Qaeda, ed ha più volte rifiutato di fornire informazioni sui terroristi in custodia. Inoltre, l’Iran si rifiuta di controllare le attività dei membri di Al Qaeda che si sono spostati nel paese dopo la caduta del regime talebano in Afghanistan”.

Nel marzo di quest’anno il Generale Petraeus ha dichiarato nella sua testimonianza scritta alla Armed Services Committee del Senato che “Al Qaeda continua ad usare l’Iran come hub primario per la connessione tra la senior leadership di Al Qaeda e gli affiliati nella regione”.

Il vero problema, quindi, non è se vi sono legami tra Al Qaeda e Teheran, ormai ampiamente documentati, ma fino a che livello tali legami si spingano. Come riportato in un recente articolo di Adam Goldman e Matt Apuzzo dell’Associated Press quella del legame tra Al Qaeda e l’Iran è una “zona oscura” anche per la CIA, anche se i reporter dell’AP hanno intervistato “più di una dozzina di agenti dell’intelligence e dell’antiterrorismo statunitense” che hanno parlato proprio di questo particolare rapporto. “Quale esattamente sia il livello di attività di Al Qaeda in Iran è sempre stato un mistero”, ha dichiarato Bruce Riedel, ex agente della Agency americana, e certo la decisione dell’Amministrazione Obama di cancellare il programma RIGOR, che aveva lo scopo proprio di indagare sui rapporti tra la rete di Bin Laden e gli ayatollah, non giova a far luce su un legame decisamente ambiguo e pericoloso. Perché l’aspetto più inquietante di questo rapporto riguarda l’interesse che entrambi dimostrano nei confronti dell’arma atomica.

Nel suo libro “At the Center of the Storm”, l’ex Direttore della CIA George Tenet rivela che “dalla fine del 2002 alla primavera del 2003 ricevemmo numerosi report in base dai quali emergeva il tentativo dei leader di Al Qaeda di negoziare l’acquisto di tre device nucleari russi, e tale offerta fu fatta direttamente dal capo della cellula saudita ai vertici iraniani”. Stando a quanto riporta Tenet, Saif al Adel, uno dei capi militari di Al Qaeda, addestrato dall’Iran nelle strutture di Hezbollah all’inizio degli anni ’90, disse che “nessun prezzo sarebbe stato considerato troppo alto pur di mettere le mani su una tale arma”. Oggi come allora la minaccia di Al Qaeda è ancora terribilmente attuale, ed anche di questo dovrebbe tenere conto il Presidente Obama nel suo approccio al problema del nucleare iraniano.