L’onda lunga delle politiche arriva anche sul Campidoglio

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L’onda lunga delle politiche arriva anche sul Campidoglio

L’onda lunga delle politiche arriva anche sul Campidoglio

16 Aprile 2008

La valanga delle elezioni nazionali ha colpito anche il Campidoglio. L’ultima roccaforte che conta rimasta al centrosinistra, fino a ieri considerata inespugnabile dagli stessi oppositori, ha ormai una grande crepa nel muro principale.

Il “modello Roma”, dal quale Francesco Rutelli ha cercato di distaccarsi per tutta la campagna elettorale, non ha incantato per nulla i romani, anzi.

L’operazione di Rutelli, che a parte invertite vorrebbe fare ciò che fece Veltroni nel 2001 – cioè rifugiarsi nel fortino a lui caro con vista sui Fori – è fortemente a rischio. I motivi di questo, per ora, mezzo fallimento sono vari.

Certamente l’Election day, fortemente voluto dal governo Prodi, non ha favorito il centrosinistra, a Roma ancora in formato Unione. Ma ancor di più il crollo della Sinistra Arcobaleno che, nonostante la candidata vicesindaco Patrizia Sentinelli tenti di minimizzare: “Almeno qui siamo in vita”, in realtà è più o meno in linea con la debacle nazionale.

I partiti che hanno formato il cartello unitario della Sinistra nella Capitale appena due anni fa avevano ottenuto circa il 12%. Oggi raccolgono il 4,5%. Dunque se non è una disfatta come a livello nazionale (dal 10% al 3%) poco ci manca.

Ma l’altro aspetto decisivo è il rigetto verso il cosiddetto “modello Roma”. La favola raccontata in questi anni dal cantastorie Walter Veltroni, che dipingeva la città come una valle dell’Eden della quale tutti i romani dovrebbero essere orgogliosi, si è rivelata ai cittadini per quello che è: un grande bluff. Lo abbiamo scritto fin troppo ormai. Ora se ne vedono le conseguenze chiare, lampanti.

Il Partito democratico si ferma al 34,2%, meno di mezzo punto in più dell’Ulivo del 2006. Dunque conferma a fatica i voti, ma fagocitando come a livello nazionale i voti della Sinistra.

E anche una candidatura non particolarmente smagliante, come quella di Gianni Alemanno- che non fatichiamo a ribadire ha praticato in questi anni un’opposizione troppo morbida a Veltroni – è risultata per i romani una possibilità di alternativa praticabile, una possibilità di uscita dal panem et circenses dei fasti veltroniani.

In molti, il 40,7%, circa l’1% in più della somma delle liste che lo appoggiavano, lo hanno scelto, per cambiare. D’altra parte in città in questi giorni era salita la sensazione che, sorprendentemente, alcuni avrebbero dato il voto disgiunto a favore di Alemanno. E’ un fatto assolutamente nuovo.

Di solito, Rutelli prima e Veltroni poi, avevano sempre superato la somma dei partiti coalizzati a sostenerli. Stavolta è avvenuto il contrario: Rutelli ha ottenuto un punto in meno dei partiti, proprio quel punto in più che ha invece Alemanno.

Se poi sommiamo a questo i risultati di Storace, Baldi, Baccini e Ciocchetti (il cui appoggio ad Alemanno però non è scontato), i quali insieme hanno ottenuto qualcosa meno dell’8%, si capisce come la sfida del 27 e 28 aprile prossimi è non solo aperta, ma è evidentemente addirittura sbilanciata a favore di Alemanno.

I ballottaggi sono terni a lotto, è vero. Però in questo caso l’elettorato più motivato a ribadire il proprio voto potrebbe essere proprio quello che vuol cambiare. Rutelli al contrario, oltre a dover incassare un saldo negativo sulla sua persona, non può contare su molto altro, se non il risicato voto di Grillini fermatosi allo 0,7%. Poca roba. E non può dar per scontati né l’appoggio di Serenetta Monti (2,6%), candidata di Beppe Grillo – che ha già detto: “Lasciamo libertà ai nostri elettori” – né tantomeno quello di quell’uno per cento scarso delle sinistre estreme. Insomma Alemanno può farcela.

Sinceramente non riteniamo che ad oggi sia definito un progetto di governo della Capitale alternativo al blocco di potere che ha governato la città negli ultimi quindici anni. Speriamo  che la prospettiva che si è aperta induca il candidato del Pdl – persona responsabile e sicuramente cosciente di quanto ci sia ancora da lavorare – a consolidare il programma e le risorse umane da coinvolgere, per dare a Roma un’amministrazione finalmente degna di una città simbolo per tutto il mondo occidentale.