L’onda lunga di Vendola spaventa il Pd e i profeti dell’antipolitica

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L’onda lunga di Vendola spaventa il Pd e i profeti dell’antipolitica

24 Novembre 2010

“Questo è il momento in cui la sinistra deve smettere di percepire se stessa come un problema e non come la soluzione al problema. Questo è il momento in cui dovrebbe uscire fuori dal Palazzo. Questo, insomma, è il momento giusto per le primarie, indipendentemente dalla vicenda del voto di fiducia e dalle sorti del governo”. Nichi Vendola si prende ancora una volta il proscenio e, in una intervista a La Stampa, condanna i tatticismi e i timori del Partito Democratico, tentato da governi tecnici e acrobazie “rimanda-voto”, e indica la sua ricetta, rivolgendosi direttamente all’elettorato piuttosto che al circolo ristretto dei dirigenti politici e cercando di conquistare l’egemonia presso il popolo di sinistra piuttosto che nel palazzo.

Naturalmente molto si potrebbe discutere sulla funzione taumaturgica delle primarie, sull’inevitabile tendenza a confondere un mezzo con un fine. Ma non c’è dubbio che, nelle nebbie dell’opposizione, l’anomalo edificio politico di Nichi Vendola continua a crescere e il governatore pugliese prosegue nella sua marcia di avvicinamento alla leadership del centrosinistra, svestendo gradualmente la maglia dell’outsider e diventando sempre più il protagonista annunciato di una galassia alla disperata ricerca di un demiurgo, un modellatore di nuova identità, un collettore di entusiasmo, un fabbricante di speranza.

Nel territorio politico del Pd una certezza si staglia all’orizzonte: Vendola, che a quel partito non ha mai aderito, piace alla base, rappresenta una tentazione per alcuni dirigenti e una minaccia per altri, viene invocato e temuto. Ma soprattutto rappresenta una variabile centrale nelle scelte di un partito che deve ormai fare i conti con la sua influenza, inducendo molti protagonisti a studiarlo e analizzarlo per cercare di decrittarne il codice, il meccanismo di riconoscimento identitario che innesca in tanti elettori di opposizione.

La questione, d’altra parte, è di stretta attualità. Dopo il successo di Milano con il sostegno alla candidatura a sindaco di Giuliano Pisapia, l’effetto Vendola potrebbe ripetersi nella primarie di Bologna, Napoli e Torino. Sinistra ecologia e libertà intende sfruttare al massimo le opportunità fornite da strumenti nuovi come le “fabbriche di Nichi” e, soprattutto, Internet con i vari siti, blog, forum, i video su YouTube, Twitter e le pagine di Facebook, per le quali nei giorni scorsi lo stesso Vendola ha annunciato il raggiungimento di 300 mila iscritti. La prossima tappa ora è Bologna, un’altra delle grandi città per cui è previsto il voto a primavera. Qui, dopo l’annuncio del ritiro dalle primarie del centrosinistra del preside della  facoltà di Agraria, Andrea Segrè, che sembrava avere l’appoggio della segreteria nazionale del Pd, vengono date in salita le quotazioni di Amelia Frascaroli, candidata sostenuta da Sel, dai prodiani e dal mondo cattolico. A Torino, invece, potrebbe realizzarsi un’anomala alleanza Bersani-Vendola sul nome del rettore del Politecnico, Francesco Profumo, ma il cammino appare ancora lungo e appare tutta da verificare la disponibilità di Sergio Chiamparino e di Piero Fassino a un’operazione di questo tipo.

L’accelerazione nella traiettoria di avvicinamento alla leadership è dunque iniziata. E avviene sul filo di un equilibrismo che ha quasi del miracoloso visto che Vendola appare oggi come un candidato forte alla guida del centrosinistra pur essendo a capo di un partito (anzi di un cartello elettorale dalla variegata composizione) del 3,1% a fronte di soggetti in competizione con lui attestati al 26 e all’8%. La sua forza appare la conquista del ruolo e dell’immagine dello “sparigliatore”, capace di scrollarsi di dosso di slancio le eterne diatribe del Pd e di dettare le proprie regole. Il tutto senza mostrarsi come un antagonista assoluto rispetto al sancta sanctorum del partito. Non un “demolition man” alla Di Pietro ma un persuasore morbido, intento a comunicare che è necessario remare tutti dalla stessa parte; un politico capace di pescare nella vasca antica delle parole d’ordine di sinistra e dispensare speranza, senza impantanarsi sempre negli stilemi logori dell’antiberlusconismo.

Resta, ovviamente, da verificare se il feroce desiderio del popolo di centrosinistra di individuare un salvatore della patria a cui consegnare le proprie speranze di vittoria abbia trovato la giusta incarnazione. Sono in molti coloro che continuano a pensare che non è con il popolo delle primarie che si può conquistare Palazzo Chigi e che l’opzione Vendola è una assicurazione sulla vita per il centrodestra. Peppino Caldarola, ad esempio, sottolinea come la vera sfida per il Pd sia quella di trovare un candidato capace di esprimere la vera anima riformista del partito e in grado di sostenere la sfida con il neo-candidato pugliese. Inutile cercare tra i giovani, è il suo ragionamento, perché “Nichi li fregherebbe tutti, un po’ è straniero in patria anche lui e poi conosce lo slang della società civile”.

I suoi detrattori, coloro che pensano che Vendola possa al massimo produrre una romantica cavalcata verso la sconfitta, presentano come esempio dei limiti congeniti della sua candidatura ciò che è accaduto pochi giorni fa nel Consiglio regionale pugliese. Qui, la scorsa settimana, su un ordine del giorno in materia di consultori familiari presentato dal centrodestra, la maggioranza è stata battuta in maniera eclatante, 33 voti a 19. Una indicazione che il capogruppo del Pdl, Rocco Palese, ha letto come “una evidente bocciatura di un indirizzo ideologico vetero-laicistico volto a smantellare gli ultimi presidi della difesa della vita”, oltre che il frutto dell’ “evidente scollamento di una maggioranza in cui si avverte, anche visivamente, un crescente disagio a fronte di una guida sempre più, anche fisicamente, assente e comunque totalmente distratta rispetto ai problemi drammatici delle nostre comunità”. Come dire che difficilmente un candidato come Vendola potrà mai essere competitivo al di fuori del circolo ristretto della sinistra più identitaria. Un luogo dove, però, la competizione non è certo morbida e per la cui guida sono in campo anche altri attori.

Non è certo casuale, in questo senso, il feroce botta e risposta che è andato in scena in queste ore tra Beppe Grillo e Vendola su “Vieni via con me”, con il primo che attacca il programma e il secondo che ne prende le difese e dà del Savonarola al comico genovese, e quest’ultimo che di rimando bolla come politica vecchia quella portata avanti dal governatore pugliese. A sinistra del Pd, insomma, il clima non è certo improntato all’armonia e alla collaborazione.

L’attacco di Vendola a Grillo nasce dalle considerazioni fatte da quest’ultimo sul programma di Fazio e Saviano durante il suo spettacolo teatrale. “Roberto Saviano, per carità, è bravissimo – aveva detto Grillo alla platea del Gran Teatro di Roma – Ma il suo è un programma Endemol. E di chi e’ la Endemol? Di Silvio Berlusconi. Dunque quando Saviano fa audience, a guadagnare è il Cavaliere. Se poi ci aggiungiamo che Saviano lancia accuse a destra e a manca, senza però fare mai mezzo nome…”. Parole che provocano la pronta reazione del leader di Sinistra e libertà.

“Quella di Grillo – replica Vendola – è una deriva di integralismo. E si tratta, a mio parere, di un fenomeno piuttosto preoccupante: perché se ciascuno sente di possedere il metro per giudicare, si finisce in una sorta di giudizio universale permanente. Insomma io penso che la politica sia il campo della verità con la ‘v’ minuscola, ma se qualcuno pensa di avere sempre la verita’ con ‘v’ maiuscola, è chiaro che finisce poi per sentirsi Savonarola”. La controreplica è in perfetto stile: “Il punto e’ che io, in comune con Savonarola, ho solo una cosa: la parola. Con la differenza che io la uso in Rete, la faccio viaggiare con Internet. Dove non ci sono padroni. E dove il consenso è incontrollabile. Se dici cose giuste, oneste, ti dicono che hai ragione e che sei perbene. Se fai il furbo, ti scoprono dopo mezzo secondo. Un modo di procedere, mi rendo conto, che Vendola, purtroppo, non può capire”.

Poi la “sentenza” sul suo profilo politico. “Vendola – attacca Grillo – fa politica vecchia. Sta lì che promette e fonda partiti, ma non è più tempo di partiti, non c’è più storia del Pci che tenga, o tradizione, o destra e sinistra. Questo è il tempo dei giovani e della loro forza in Rete”.

Un ulteriore conferma che la cavalcata di Vendola ai confini del Partito Democratico e dentro il centrosinistra inizia a preoccupare anche i profeti dell’antipolitica e della mitica “società civile”, oltre che il quartier generale di Via del Nazareno.