Londra assaggia la crisi con lo sciopero più grande dai tempi della Thatcher

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Londra assaggia la crisi con lo sciopero più grande dai tempi della Thatcher

30 Novembre 2011

L’ultima, di questa portata, l’aveva vista la Thatcher nel lontano gennaio del 1979. Ma per il Financial Times si potrebbe addirittura parlare della la più grande manifestazione in Gran Bretagna dal 1926. Nella giornata di oggi due milioni di dipendenti pubblici, tra insegnanti, personale ospedaliero e guardie di frontiera, hanno incrociato le braccia assieme a un cartello di 30 sindacati per dire ‘no’ alla riforma del sistema pensionistico che il governo di David Cameron vuole portare avanti per risanare le finanze pubbliche.

Alcune cifre testimoniano la paralisi del Paese in queste ore. Istruzione: il 13% delle scuole pubbliche inglesi aperte, con un altro 13% parzialmente aperto, in Scozia soltanto 30 dei 2.700 istituti statali è aperto, mentre in Galles l’80% delle scuole è chiuso. Trasporti: in Irlanda del Nord sono fermi tutti i treni e gli autobus. Secondo i sindacati, a incrociare le braccia sono 300.000 dipendenti statali in Scozia e 170.000 in Galles. Sanità: in Inghilterra, circa 400.000 dipendenti della sanità pubblica sono in sciopero e 60.000 interventi chirurgici non urgenti, appuntamenti medici ed esami sono stati posticipati. In più, secondo i sindacati schierati fuori dagli uffici del governo a Whitehall, il 70% dei dipendenti si uniranno al “public sector strike”. Oltre agli evidenti disagi non sono fino a questo momento mancati disordini: quattro arresti sono già stati effettuati in vista della manifestazione che pomeridiane a Londra, due per aver attaccato un poliziotto e altri due per possesso di armi.  

Se, infatti, la riforma, già definita da “macelleria sociale”, voluta dal primo ministro Cameron dovesse diventare effettiva, la contribuzione alla propria pensione salirà del 50% da qui a due anni, l’assegno pensionistico non sarà più legato alle ultime buste paga ma alla media degli stipendi della propria carriera lavorativa e l’età per il pensionamento salirà a 66 anni entro il 2020.

La risposta di Cameron al muso duro dei manifestanti è stata: “Non credo che questo sciopero porti a qualcosa di buono. Non credo che migliori qualcosa, non credo nemmeno che cambi qualcosa”. La protesta di massa epocale affolla le strade qualche ora dopo che il governo, in reazione alle buie previsioni economiche e alla paura di Londra di perdere la tripla A, ha preannunciato un’ulteriore pacchetto di misure di austerità per mantenere in carreggiata il Paese in vista del piano di riduzione del deficit. Il ministro delle Finanze George Osborne ha detto che gli aumenti salariali del settore pubblico, già congelati per due anni, saranno contenuti entro l’1% dal 2013, mentre i posti di lavoro perduti saranno 700mila, rispetto ai 400mila originariamente annunciati.

Infatti, non è solo Roma a piangere stretta dalla morsa dello spauracchio recessione in queste ore. I dati sullo stato di salute dell’Inghilterra sono tutt’altro che confortanti: tanto per cominciare la crescita del Prodotto interno lordo viene ridimensionata. Quest’anno più 0,9 rispetto all’ 1,7 programmato, l’anno prossimo più 0,7 rispetto al 2,5 già indicato. Il debito nei prossimi cinque anni salirà di 111 miliardi di sterline, (raggiungendo un livello record nel Regno Unito) il 78 % del Pil. La disoccupazione oggi all’ 8,1% nel 2012 sfonderà il tetto dell’ 8,7. Senza contare il buco di 30 miliardi di sterline nelle finanze pubbliche segnalato dal FT. Tutti numeri, questi, che non fanno altro che far presagire uno srotolamento sul lungo periodo delle misure di austerity e dei tagli alla spesa. Altro che “inverno dello scontento”. Qui si preannunciano mesi e mesi di lacrime e sangue.