Londra ostaggio degli ostaggi inglesi

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Londra ostaggio degli ostaggi inglesi

03 Aprile 2007

di Barry Rubin

Perché l’Iran è così aggressivo? Perché la Gran Bretagna è così debole? E qual è il vero significato della cattura di quindici marinai britannici in acque irachene e di questa nuova crisi degli ostaggi?

Non è per caso che Teheran stia facendo di tutto per umiliare Londra. I due paesi non solo hanno culture politiche fuori sintonia, ma agiscono con tempi differenti. Ricordate la guerra per l’orecchio di Jenkins? Nel 1731, marinai spagnoli salirono  legittimamente bordo del vascello inglese Rebecca che navigava  in acque spagnole e illegittimamente tagliarono l’orecchio del capitano Robert Jenkins. È stata una delle cause della guerra tra i due paesi. Dopo che l’uccisione di un mercante inglese nel 1863 in Giappone rimase  impunita,  la marina britannica bombardò la capitale del territorio controllato dal “signore della guerra” responsabile dell’uccisione.  Molti altri incidenti simili potrebbero essere menzionati. 

Si tratta dei tristi, vecchi giorni dell’imperialismo e della diplomazia delle cannoniere. Le potenze occidentali era molto più forti di quello che noi recentemente abbiamo chiamato il Terzo Mondo. Gran Bretagna e Francia – e più di rado Germania, Italia e Stati Uniti – sono sempre state pronte ad ammettere questo fatto, utilizzando questa leva talvolta per finalità etiche o quanto meno ragionevoli, ma in altri casi  per avidità e nuove conquiste territoriali. Gente innocente è caduta così vittima di quelle rappresaglie.

Ma se, nel 1807 o anche nel 1907, un governate iraniano avesse osato salire senza invito sul ponte di una delle navi di qualche sua maestà, se ne sarebbe pentito amaramente. Questi erano altri tempi e sono passati e per molti versi è bene così. Ma forse il pendolo si è spinto troppe verso l’altro estremo rendendoci incapaci di comprendere come il potere e la forza siano spesso necessari, in particolare contro tiranni arroganti come quelli iraniani. Dopo tutto, la Gran Bretagna si dimostrò a ragione tanto suscettibile. In altre parole, se non sei forte abbastanza quando incontri dei nemici aggressivi ed estremisti finirai per essere una delle loro vittime.

Il momento di svolta, naturalmente, fu il 1956. Chi impersonò la battaglia contro questi tiranni arroganti meglio di Anthony Eden che, anche più di Winston Churchill, ha chiamato alla battaglia contro i fascisti negli anni ’30 e mise tutti in guardia su dove l’appeasement  avrebbe portato? E fu ancora Eden, come primo ministro nel 1956,  a lavorare segretamente con Francia e Israele nel tentativo di rovesciare il nuovo presidente egiziano, Gamal Abdel Nasser, rivelatosi un tiranno modello. Il leader egiziano aveva nazionalizzato la compagnia del Canale di Suez, ciò che fu l’inizio del lungo processo di risveglio nelle masse arabe alla passione nazionalista e del sovvertimento dei regimi meno estremisti del Medio Oriente,  processo che ha continuato a essere al centro della politica araba fino ai nostri giorni. Per aver agito in questo modo, Eden fu aspramente criticato e sollevato dal suo incarico. Ma col senno di poi non sarebbe stato meglio se Eden fosse riuscito nel suo intento? E non c’è qualche somiglianza tra Eden e il primo ministro Tony Blair, un uomo che, qualunque errore abbia commesso, si è battuto per far trionfare la causa della libertà contro quelle forze al cui cospetto Nasser sembra un moderato?

Quest’ultimo incidente è una rappresaglia per la mutilazione di un capitano della marina o per l’uccisione di un mercante sulla strada che lo avrebbe condotto ad apprezzare la bellezza di un tempio giapponese? No, il vero motivo va fatto risalire all’arresto di terroristi sponsorizzati dal governo iraniano mentre erano in azione in Iraq. Dal punto di vista iraniano, ovviamente, l’umiliazione dell’Occidente è il vero obiettivo. L’Iran, comunque sia, non sta lottando per ottenere pari dignità rispetto all’Occidente, ma per dimostrare piuttosto di esserne superiore. Vuole dimostrare, come una volta disse il padre della rivoluzione l’ayatollah Ruhollah Khomeini, che gli Stati Uniti e l’Occidente “non possono un bel niente”. Oggi sono i radicali islamici e gli altri  nazionalisti arabi a voler dimostrare di essere quelli con le cannoniere o – per aggiornare la tecnologia –  quelli che dirottano gli aeroplani e che piazzano bombe nelle le città occidentali senza nemmeno la paura di subire  rappresaglie. 

Al contrario, l’Occidente cerca di provare che è più giusto perdonare, pagare le riparazioni, agire come la parte più debole. Ma, come potete vedere, l’Occidente sta facendo da scuola ai politici, agli intellettuali e anche ai rivoluzionari del Medio Oriente. E la lezione che sta impartendo è la seguente: voi siete i forti, noi siamo i deboli; voi avete idee in cui credere, noi ricerchiamo semplicemente il massimo del comfort e del profitto; se voi ci colpite noi ci arrendiamo o guarderemo dall’altra parte; noi siamo pronti ad ammettere i nostri misfatti, voi dite pure che siete assolutamente nel giusto. E questi, da bravi studenti, seguono quanto gli viene insegnato.

Nel frattempo, l’imperialismo ha invertito la sua direzione e ora corre da est a ovest. E se è già così senza che Teheran abbia ancora il controllo dell’arma nucleare, cosa abbiamo da sperare per il futuro? Almeno fino ad oggi lo scarto di potere che mette l’Occidente nella parte del più debole non è stato di natura  tecnologica ma di natura psicologica. Non è neppure solo una questione di forza militare, perché l’Occidente si rifiuta anche un potere altrettanto forte di quello degli eserciti e dell’aviazione, che è il suo potere economico. E così, i marinai britannici – come i diplomatici americani di un quarto di secolo fa – vengono rapiti e il loro governo deve chiedere scusa. La donna tra i prigionieri è costretta a indossare il velo islamico per dimostrare qual è la cultura che prevale nello scontro. L’Occidente ha difficoltà a distinguere tra imperialismo e autodifesa, ma questo non è la prima che accade, vero?

Il poeta JamesThompson scrisse: “Domina, Britannia, domina le onde. I britannici non saranno mai schiavi”.

Magari gli basterà convertirsi.             

di Barry Rubin – direttore del Global Research in International Affairs (GLORIA) e dirige il  Middle East Review of International Affairs (MERIA) Journal e i Turkish Studies.