“L’opinione pubblica dimentica che Israele sta rivendicando il diritto all’autodifesa”

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“L’opinione pubblica dimentica che Israele sta rivendicando il diritto all’autodifesa”

19 Novembre 2012

La scorsa settimana abbiamo raccontato della manifestazione a Tel Aviv dei cittadini del sud d’Israele che chiedevano al governo di Gerusalemme cosa avrebbe fatto se fosse stata colpita la Città Bianca. Passata una settimana la situazione è precipitata, Tel Aviv colpita più volte, anche Gerusalemme. Un terzo della popolazione israeliana dipende dal suono di una sirena e a Gaza i morti aumentano.

L’aviazione israeliana ha lanciato oltre 1.000 attacchi aerei dall’inizio dell’operazione e continua ad inviare aiuti nella Striscia, come gli 80 camion che trasportano forniture mediche e cibo mentre 35 diplomatici e 26 civili hanno lasciato Gaza per ricevere assistenza medica in Israele; eppure, Hamas e la Jihad islamica continuano a sparare. E qualche colpo è partito anche dal Sinai stando a quanto hanno dichiarato le autorità egiziane.

Inoltre, Hamas al prezzo della vita del proprio popolo, potrà uscire più forte da questo conflitto e grazie all’Egitto della fratellanza musulmana potrebbe puntare a essere depennato dalle liste dell’antiterrorismo occidentale eclissando ancora di più l’ANP di Abu Mazen che non si capisce quale ruolo giochi nell’attuale conflitto: se non condanna il lancio di missili da Gaza allora li approva? La verità è che l’ANP è sempre più debole e gli ultimi colpi di coda di Abu Mazen sono le minacce di portare in sede ONU la richiesta del riconoscimento unilaterale della Palestina come “Stato non membro” il prossimo 29 novembre. Ma quale Palestina poi? Quella di Hamas stabilitosi sotto l’equatore sunnita? Quella della Jihad islamica finanziata da Teheran? O quella dell’ANP oscurata dalle prime due?

Per ora è Gaza con i suoi missili a essere il playmaker di una partita che con molta probabilità farà scendere in campo anche la fanteria israeliana anche se Netanyahu ha assicurato ad Obama che questo non avverrà ma solamente “se non s’intensificherà il lancio di razzi contro di noi” ha dichiarato il presidente israeliano; intanto i reparti di fanteria e i mezzi blindati si tengono pronti lungo il confine con la Striscia e se mai ci sarà un’operazione di terra i primi a calpestare la sabbia di Gaza saranno i soldati dell’unità d’elité Yahalom, specializzati nella bonifica di territori minati e nel disinnesco di ordigni bellici, i primi ad attraversare il territorio controllato da Hamas durante l’operazione Piombo Fuso con il compito di spianare la strada alla fanteria e alle colonne di carri armati Merkava. Ma se l’Egitto il Qatar e la Turchia riusciranno a far fermare il continuo lancio di missili allora si scongiurerà il triste scenario di un’operazione di terra. Una cosa è certa: Israele deve difendersi.

Soprattutto ora che “i missili iraniani Fajr hanno cambiato il modo di fare la guerra” ha dichiarato l’ambasciatore israeliano a Roma Naor Gilon spiegando che la gittata di questi missili “è un pericolo per un terzo della popolazione israeliana”.  Gilon ha poi aggiunto: “Il popolo d’Israele è unito e sa quale prezzo dovrà pagare Abbiamo superato il Faraone e supereremo anche questo diciamo in Israele. Ma in questa guerra abbiamo bisogno di voi” ha dichiarato l’ambasciatore israeliano rivolgendosi sabato scorso alla platea presente a Roma in occasione del XXIII° Congresso nazionale della Federazione delle associazioni Italia- Israele  nel’ambito della quale è stata presentata la ricerca di Giovanni Quer che dimostra che dal 1995 al 2011 sono stati erogati 185 milioni di euro dal governo italiano e dalle Regioni all’Autorità Nazionale palestinese o ad Ong italiane filo-palestinesi che ”sono tra gli attori più attivi nella campagne di delegittimazione di Israele” e con partner locali  ”legati ad attività terroristiche” scrive Quer.

Ma nemmeno questo campanello d’allarme, come le sirene che continuano a suonare a Tel Aviv, hanno spinto qualche nostro politico a spendere una parola di sostegno per il governo di Gerusalemme minacciato dai missili e dalla delegittimazione. Tranne poche eccezioni.  “In queste ore é in atto un contrattacco di opinione pubblica che tende a dimenticare il motivo da cui si origina questa guerra, nata da una necessità di autodifesa e di sopravvivenza di Israele. Io non credo alla buona fede di chi sostiene che Israele attacca Gaza. Israele si difende da Gaza” dichiara Fiamma Nirenstein, vice presidente della Commissione esteri, da poco tornata da un viaggio organizzato dall’Associazione parlamentare di Amicizia Italia Israele dove alcuni parlamentari e senatori di diversi schieramenti hanno visto con i loro occhi come si vive nel sud d’Israele andando a visitare il Kibbuz di Kfar Aza per portare la loro solidarietà.

Abbiamo sentito anche la senatrice Rossana Boldi, Lega Nord, presidente della commissione Ue del Senato, la quale ha partecipato per la terza volta al viaggio organizzato dall’associazione parlamentare di amicizia: “Rimango sempre stupita per la determinazione degli Israeliani che vivono al confine con Gaza a cercare comunque di vivere una vita normale”.  E spiega: “Lunedì scorso abbiamo visitato il Kibbuz di Kfar Aza, a un miglio da Gaza. Il confine del terreno di alcune case é segnato dalla rete metallica del confine con la Striscia, da giorni subiscono la pioggia di decine di razzi capaci di perforare anche 25 centimetri di cemento armato”.

Come stanno vivendo gli israeliani? “Sono sempre attenti al suono dell’allarme – continua la senatrice Boldi – perché hanno solo 15 secondi per raggiungere le stanze protette, di cui ogni casa é dotata; eppure i bambini che sono costretti a frequentare un asilo tutto di cemento armato di almeno 40 centimetri. Ma a tre anni 15 secondi sono troppo pochi per raggiungere un rifugio; alcuni operai, invece, stavano riparando uno squarcio enorme in un tetto, provocato da un razzo il giorno prima, per rendere al piú presto nuovamente abitabile quella casa. Molti degli abitanti di questo Kibbuz sono tra quelli (7500 in totale), che nel 2005 hanno abbandonato la striscia di Gaza, sperando che il patto ‘terra in cambio di pace’, potesse diventare una realtà”.

Poi specifica: “Mi pare evidente che non sia stato così. Molti di quei bambini che abbiamo visto sono in realtà candidati ad essere affetti da psicosi croniche post traumatiche. Credo che quelle che noi abbiamo definito primavere arabe e la loro conclusione abbiano contribuito ad un peggioramento del clima politico e ad una escalation degli attacchi da Gaza verso Israele”.

“La vittoria dei Fratelli mussulmani in Egitto, ad esempio – spiega Rossana Boldi – , certo non aiuta il processo di pace. Il conflitto potrà cessare solo quando ci sarà, anche in tutto il mondo arabo, la convinzione che anche Israele ha diritto di esistere. Voglio credere che molti palestinesi, come ci ha detto il Patriarca Latino, pensino questo, e vorrebbero vivere in pace, ma questo non é quello che pensa Hamas”.

E cosa pensa di fare l’Europa? Per la senatrice “per la politica estera europea, questo sarà il secondo banco di prova, dopo la primavera scorsa. Speriamo che la sua azione sia un po’ meno fallimentare”. Per quanto riguarda il nostro Paese invece “l’Italia, che da sempre ha un rapporto diplomatico forte con Israele, ricordo che l’attuale Ministro degli Esteri Terzi è stato ambasciatore in Israele, può giocare un ruolo molto importante. Tutte le strade possibili devono essere esplorate per fermare un conflitto dalle conseguenze gravissime e imprevedibili, non solo per quella Regione”.