L’orgoglio di essere moderni, l’orgoglio di essere occidentali
12 Ottobre 2008
Di tali categorie l’autore fa un uso scaltrito che aggiorna e risistema un patrimonio di acquisizioni critiche. Si prenda, ad esempio, la nozione di stato moderno che, negli ultimi decenni, è stata oggetto di ampie contestazioni storiografiche, perché ritenuta una formula imprecisa con la quale si interpreta una realtà ancora permeata da istanze e pulsioni premoderne (patrimonialistiche, feudali, personalistiche), lontane dalla razionalità burocratica. Galasso, avverte che lo stato moderno si distingue, certo, per la presenza di alcuni caratteri (diplomazia residenziale, eserciti stanziali, uffici del sovrano), ma va collocato in un più complessivo scenario di accentramento e razionalizzazione del potere. La sua crescita è il segno di uno sviluppo complessivo, che non si traduce in un’affermazione incontrollata del dispotismo, ma va di pari passo con l’emergere di istanze di libertà e di rivendicazioni di partecipazione politica. Ed è appunto questa concreta dialettica storica che vivifica la categoria tradizionale. Questo discorso può valere anche per altri piani del discorso, dalla riforma religiosa, alla rivoluzione industriale, all’illuminismo. La modernità non è un avvenimento ma un processo che dispiega nel tempo i suoi effetti. D’altronde, la spinta che gli ha dato origine sostiene, nei suoi valori di fondo, anche l’età temporalmente più vicina a noi fino al presente. Una lunga durata di civiltà che è anche continua crescita della consapevolezza etica che cerca gli strumenti tecnici, giuridici, scientifici per inverarsi e migliorarsi.
Pure, i pregi del libro non sono soltanto nella sintesi impeccabile che mette a punto un quadro di lungo periodo e neanche nella polemica, leggera, quasi impalpabile perché velata da una sottile ironia, contro la mania di quella che viene definita”l’attualità storiografica”, ma rimandano a un più ampio orizzonte problematico che offre la seconda chiave di lettura.
In un’epoca nella quale la costante e nichilistica autodenigrazione – una sorta di grottesca parodia della vigile coscienza critica – dei valori fondanti del proprio mondo sembra essere la cifra ultima della intellettualità che una volta si sarebbe definita “più avanzata”, il libro di Galasso svolge un’articolata rivendicazione del valore della civiltà occidentale riassunta e interpretata nel suo svolgimento storico. Una rivendicazione che sottolinea come, se il nucleo della civiltà occidentale è europeo, l’acquisto che essa ha conseguito non ha un valore geograficamente ristretto, ma ha un afflato tendenzialmente universale. Questa seconda chiave di lettura mostra la tessitura più profonda del libro che non è solo una guida introduttiva a una particolare disciplina ma racchiude un invito a riflettere sulle radici etico-politiche del mondo moderno. L’autore non lo dice, ma in controluce l’indicazione risulta chiarissima. Occorre essere orgogliosi di un patrimonio di civiltà che è il frutto di un lento e faticoso processo storico.