L’orgoglio di essere moderni, l’orgoglio di essere occidentali

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L’orgoglio di essere moderni, l’orgoglio di essere occidentali

12 Ottobre 2008

Per un poeta lo schema metrico non è una limitazione, ma una cornice di riferimento sulla quale modulare e modellare l’ispirazione. La capacità poetiche, insomma, non vengono coartate ma esaltate dalla forma prefissata (sonetto, canzone, ode) ovvero dal metro prescelto (ottonario, endecasillabo, etc.). Fatte le dovute proporzioni, questo discorso si può trasporre al libro che qui segnaliamo, che mostra come anche in una pubblicazione divulgativa non solo si possa mantenere un alto livello scientifico, ma sia possibile  fornire un contributo di chiarificazione al dibattito politico-culturale dei nostri tempi. Da qualche anno l’editore Laterza ha inaugurato la collana “Prima lezione”. Lo schema è abbastanza semplice. Ad uno specialista si affida un’introduzione essenziale ad una particolare disciplina, da svolgere in termini chiari, comprensibili anche al profano e in un numero di pagine limitato. Da ultimo è uscita una guida alla storia moderna opera di uno dei principali cultori della materia (Giuseppe Galasso, Prima lezione di storia moderna, Roma-Bari, Laterza, 2008pp. 190, € 12,00). Di questo libro sono possibili due chiavi di lettura. In primo luogo, il volumetto si presenta come una puntuale guida alla vicenda storica del mondo moderno. Obbligato a tracciare un succinto panorama di alcuni secoli di storia, Galasso fa ricorso alle grandi categorie interpretative messe a punto da una lunga tradizione storiografica. L’umanesimo e il rinascimento, le esplorazioni geografiche, la rivoluzione scientifica, lo stato moderno, su su fino alle rivoluzioni settecentesche e all’ avvento della democrazia nel lungo ottocento.

Di tali categorie l’autore fa un uso scaltrito che aggiorna e risistema un patrimonio di acquisizioni critiche. Si prenda, ad esempio, la nozione di stato moderno che, negli ultimi decenni, è stata oggetto di ampie contestazioni storiografiche, perché ritenuta una formula imprecisa con la quale si interpreta una realtà ancora permeata da istanze e pulsioni premoderne (patrimonialistiche, feudali, personalistiche), lontane dalla razionalità burocratica. Galasso, avverte che lo stato moderno si distingue, certo, per la presenza di alcuni caratteri (diplomazia residenziale, eserciti stanziali, uffici del sovrano), ma va collocato in un più complessivo scenario di accentramento e razionalizzazione del potere. La sua crescita è il segno di uno sviluppo complessivo, che non si traduce in un’affermazione incontrollata del dispotismo, ma va di pari passo con l’emergere di istanze di libertà e di rivendicazioni di partecipazione politica. Ed è appunto questa concreta dialettica storica che vivifica la categoria tradizionale. Questo discorso può valere anche per altri piani del discorso, dalla riforma religiosa, alla rivoluzione industriale, all’illuminismo. La modernità non è un avvenimento ma un processo che dispiega nel tempo i suoi effetti. D’altronde, la spinta che gli ha dato origine sostiene, nei suoi valori di fondo, anche l’età temporalmente più vicina a noi fino al presente. Una lunga durata di civiltà che è anche continua crescita della consapevolezza etica che cerca gli strumenti tecnici, giuridici, scientifici per inverarsi e migliorarsi.

Pure, i pregi del libro non sono soltanto nella sintesi impeccabile che mette a punto un quadro di lungo periodo e neanche nella polemica, leggera, quasi impalpabile perché velata da una sottile ironia, contro la mania di quella che viene definita”l’attualità storiografica”, ma rimandano a un più ampio orizzonte problematico che offre la seconda chiave di lettura.

In un’epoca nella quale la costante e nichilistica autodenigrazione – una sorta di grottesca parodia della vigile coscienza critica – dei valori fondanti del proprio mondo sembra essere la cifra ultima della intellettualità che una volta si sarebbe definita “più avanzata”, il libro di Galasso svolge un’articolata rivendicazione del valore della civiltà occidentale riassunta e interpretata nel suo svolgimento storico. Una rivendicazione che sottolinea come, se il nucleo della civiltà occidentale è europeo, l’acquisto che essa ha conseguito non ha un valore geograficamente ristretto, ma ha un afflato tendenzialmente universale. Questa seconda chiave di lettura mostra la tessitura più profonda del libro che non è solo una guida introduttiva a una particolare disciplina ma racchiude un invito a riflettere sulle radici etico-politiche del mondo moderno. L’autore non lo dice, ma in controluce l’indicazione risulta chiarissima. Occorre essere orgogliosi di un patrimonio di civiltà che è il frutto di un lento e faticoso processo storico.