Los Roques, rispunta l’areo disperso nel 2008. Premiati 5 anni di lotta

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Los Roques, rispunta l’areo disperso nel 2008. Premiati 5 anni di lotta

20 Giugno 2013

E’ stato ritrovato l’aereo precipitato a Los Roques nel gennaio 2008 a largo delle coste venezuelane."E’ come se fosse oggi", commenta l’avvocato di Debora Napoli, sorella di Fabiola, che insieme al marito Stefano scomparvero nel nulla. Proviamo a ripercorrere quella storia: Venerdì 4 gennaio 2008 l’aereo “Yanky Victor 2081” della Transaven sparisce al largo di Los Roques, in Venezuela, nell’arcipelago caraibico che conta circa 350 tra isole e isolotti. Tra i dispersi ci sono 8 italiani: la coppia romana dei Fragione (Stefano e Fabiola Napoli), la famiglia trevigiana dei Durante (Paolo, la compagna Bruna Guerrieri e le due figliolette Sofia ed Emma), le bolognesi Annalisa Montanari e Rita Calanni.

Debora, la sorella di Fabiola, non si accontenta delle risposte offerte  dal governo venezuelano, non cede alla disperazione, supera le inerzie della magistratura italiana e di quella venezuerlana. Le famiglie dei dispersi avanzare una serie di esposti, al Consiglio Superiore della Magistratura e al Ministero della Giustizia, pungolano l’Unità di Crisi della Farnesina. Da Caracas arrivano notizie frammentarie. Viene perquisita la sede della Transaven ma non ci sono sviluppi. Così Debora decide di partire, lo farà più volte nei cinque anni dopo la misteriosa scomparsa. Bisogna evitare che la magistratura locale archivi il caso. Si muove anche la Farnesina.

Fino al ritrovamento di ieri sono molti i misteri che hanno circondato la scomparsa dell’aereo. Le autorità venezuelane hanno fatto per anni ricerche "random" nell’arcipelago, impegnando dozzine di mezzi militari (navi, elicotteri, personale a terra), idrofoni (sensori per la rivelazione acustica, ndr) e boe-sonar. Niente da fare, l’aereo non si trovava. Restavano aperte tutte le ipotesi. A essere ritrovato solo il cadavere dal volto sfigurato del co-pilota dello Yanky Victor. Ma non viene fatti un esame del DNA dell’uomo; quando è stato ripescato, nei suoi polmoni non c’era acqua e l’orologio Casio che aveva al polso funzionava perfettamente. Un po’ strano per uno che è annegato. Poi c’è stato il giallo della registrazione tra il capitano del volo e la Torre di Controllo, comunicazione avvenuta il giorno della disgrazia. Il capitano dice che sull’aereo si trovano 18 persone ma a terra ne erano state registrate 14. Chi erano gli altri 4 passeggeri? Questo indizio ha sollevato il sospetto del dirottamento aereo.

Ci sono anche alcune telefonate, partite dal cellulare di Annalisa Montanari. Se stiamo all’orario in cui l’aereo è precipitato, gli squilli sarebbero arrivati dritto dal fondo dell’oceano. Le autorità venezuelane smentiscono ma nei documenti forniti dal comandante della nave che ha condotto le ricerche per conto del governo venezuelano c’è scritto che, 2 ore dopo l’incidente, è stato captato il segnale del cellulare del copilota, acceso. Gli esperti delle telecomunicazioni sanno che da un tabulato del genere si potrebbe risalire grosso modo al punto in cui si trovava la persona che stava telefonando. Il tabulato in questione però non è completo, è stato modificato prima di consegnarlo agli investigatori e ai legali delle famiglie.

Il co-pilota quando il suo cadavere è stato ritrovato aveva il torace sfondato e tutti i denti spaccati. Forse aveva  cercato di lanciarsi dall’aereo durante l’ammaraggio ed è morto subendo qualche genere di trauma prima dell’impatto. La vittima avrebbe continuato a galleggiare e questo spiegherebbe perché non ha acqua nei polmoni. Un cadavere alla deriva non respira. Se mai si sposta, anche cento miglia dal punto dell’incidente, in base alla forza delle correnti. Anche questo ha complicato le ricerche. Il numero dei passeggeri? Potrebbe esserci stato qualche errore nella registrazione delle carte d’imbarco e in ogni caso c’è un documento sottoscritto dal pilota che attesta la presenza di 12 persone a bordo più i 2 piloti. La spiegazione potrebbe essere un’altra: la sigla sulla fiancata dell’aereo era “2081” e quel “18” che gli investigatori attribuiscono al numero dei passeggeri, in realtà, sarebbero le ultime due cifre del volo ripetute dal pilota mentre si teneva in contatto con la Torre di Controllo (“Ocho uno! Ocho uno!”).

Il caso dello “Yanky Victor” è solo l’ultimo di una lunga serie. Nel marzo del ’97 ci fu un altro incidente simile. Anche allora i passeggeri registrati a bordo erano 8 ma il pilota ne dichiarò 11. L’aereo scomparso apparteneva alla stessa compagnia, la Transaven. Negli ultimi anni sono circa una settantina gli aerei scomparsi in questo Triangolo delle Bermude che si trova poco più a sud di quello reso celebre dal bestseller di Berliz. Il bimotore su cui erano saliti gli italiani volava dal 1987 ed era destinato alla rottamazione. Il modello cecoslovacco “Let 410” ha fatto registrare un centinaio di incidenti (350 vittime) sui mille e rotti esemplari entrati in linea dal 1971. In Europa per lungo tempo non è stato certificato dalle autorità dell’aviazione civile. Molto spesso la causa degli incidenti era il mancato funzionamento dell’apparato propulsivo dell’aereo (in pratica uno dei motori si è fermato in volo).

La Stampa ha scritto “l’industria turistica chavista è fatta di piccole e piccolissime compagnie private, pressapochismo all’ordine del giorno, scarsi controlli da parte di chi dovrebbe farlo, deregulation assoluta nel Paese della rivoluzione bolivariana e socialista”. Ogni anno arrivano nell’arcipelago circa 70.000 visitatori, molti italiani. Certo, nel sito “Viaggiare Sicuri” curato dal ministero degli esteri  si parla delle “precarie condizioni della sicurezza in Venezuela” e dei sequestri di cui sono rimasti vittima numerosi turisti, ma senza riferimenti precisi al caso dello Yanky Victor. Forse la Farnesina dovrebbe fare di più nel sostenere delle campagne di informazione e sensibilizzazione per sconsigliare gite in mete pericolose come questa.  Il traffico degli aerei rubati è un affare lucroso nel grande traffico di coca che unisce Caraibi Messico e Stati Uniti. I narcotrafficanti usano il modello “Let 410” perché si tratta di un aereo militare capace di decollare su piste improvvisate. Più conosciuti come “narco-aviones”, questi criminali infilano strane miscele di sabbia e zucchero nei motori degli aerei di linea dove salgono i loro avversari per farli esplodere in volo.

Più di 60 velivoli sono stati dirottati in Venezuela dall’inizio degli anni Sessanta, oltre un centinaio di persone sono scomparse. L’incidente dello Yanky Victor potrebbe essere stato un regolamento di conti ad alta quota? Il governo venezuelano ha sempre negato la pista del dirottamento ma che la zona sia infestata di narcos non è una novità. In ogni caso, grazie all’insistenza dei familiari e ai loro ripetuti viaggi in Venezuela nel 2010 venne raggiunto un accordo per finanziare la ripresa delle ricerche: pagate al 50% dal governo italiano e al 50% da quello venezuelano. Almeno è servito a ritrovare l’aereo. Dopo cinque anni di lotta. Ora bisognerà capire meglio com’è andata e quali sono state le cause dell’incidente.