Louis-Ferdinand Céline, biografia dello scrittore maledetto

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Louis-Ferdinand Céline, biografia dello scrittore maledetto

27 Marzo 2009

A fine Ottocento, Courbevoie è un villaggio a nord della Francia, un “ambiente piccolo borghese fatto di commercianti, modiste e bottegai”. È lì che, il 27 maggio 1894, nasce il primo e unico figlio di Fernand e Marguerite Destouche. Si chiama Louis-Ferdinand e, col nome di Céline, è destinato a diventare uno dei più grandi e controversi scrittori del secolo scorso. Alla sua opera e alla sua vita, Marina Alberghini ha dedicato una informata e dettagliatissima biografia, da poco pubblicata da  Mursia (“Louis-Ferdinand Céline, gatto randagio”, pp. 1155, euro 29).

Partiamo dall’ambiente familiare nel quale cresce lo scrittore. Quanto influenzerà le sue opere?

Moltissimo, soprattutto in “Morte a credito”, una spietata denuncia del potere che si annida nella famiglia e nella scuola, a discapito della creatività, dell’infanzia e della gioventù. Ma quei temi si ritrovano anche nei pamphlet. In “Les Beaux Draps”, Céline torna ad esempio a denunciare la scuola come “castrante della giovinezza”, invocandone, al suo posto, una “magica”, imperniata sulla bellezza, la libertà e la libera creatività.

Sin da quegli anni emerge un uomo sempre “contro”, sempre “febbrilmente polemico”…

Dopo l’esperienza drammatica del primo conflitto mondiale, lo scrittore francese giurò a se stesso di combattere il potere, che nel suo caso era anche un modo di scontrarsi con la guerra. Negli anni successivi, si farà preda per stanare il potere e denunciarlo. Accadrà con il colonialismo e con la Società delle nazioni: pur avendo un posto di responsabilità, ne contesterà gli intrighi fino a farsi cacciare. Denuncerà poi i rapporti fra i baroni della medicina e le società farmaceutiche, ma l’attacco che distruggerà la sua vita sarà quello al comunismo sovietico. Dopo un viaggio in Russia in incognito, descriverà gli orrori di Stalin in “Mea Culpa” e in alcune lettere e pamphlet, attirandosi l’ira dei comunisti francesi, primo fra tutti lo scrittore Louis Aragon.

Lei descrive un Céline che, a metà degli anni Trenta, in modo quasi premonitore, anticipa i venti di guerra che soffieranno di lì a poco sull’Europa. Da cosa nasce questa intuizione?

Dalla sua frequentazione con l’ambiente degli psicanalisti viennesi e dalle opere di Freud. Nel ’33 Céline tenne un discorso in pubblico, l’“Hommage à Zola”, in occasione della commemorazione della morte dello scrittore. Eppure non parlò di lui, ma si concentrò sui totalitarismi che allora stavano sorgendo (comunismo, fascismo e nazismo). Con un’analisi mirabile, dimostrò che è l’impulso di morte ad asservire un popolo al suo dittatore e a scatenare la guerra. Nessuno storico di rilievo ha ricordato questo discorso, anche perché la persecuzione su Céline da parte degli intellettuali della gauche francese fece scomparire tutti i documenti, tornati alla luce solo recentemente.

A proposito di nuove interpretazioni: la sua biografia ridimensiona e “storicizza” l’antisemitismo dello scrittore rispetto a un’immagine assai più negativa che ci hanno consegnato molti altri studiosi…

L’avversione nei confronti degli ebrei da parte di Céline è molto marginale rispetto alla totalità della sua opera, che comprende un’infinità di temi e spunti. Il suo antisemitismo, riscontrabile in un solo pamphlet, è stato messo in risalto per colpirlo, come accadde per il suo supposto collaborazionismo con i tedeschi, del resto mai esistito. Céline non invocò mai né un pogrom né le camere a gas, di cui non sapeva neppure l’esistenza. Nella sua immensa produzione, scrisse un pamphlet antisemita – nel quale sono tra l’altro custoditi brani poetici meravigliosi – “Bagatelle per un massacro”, che dal ’44 non è mai stato ristampato. Lo portò a termine per un fine preciso: evitare che la Francia entrasse in guerra, dato che sapeva che non era in grado di reggerla. Ebbe poi molti amici e difensori ebrei, senza contare che salvò molte vite dalla persecuzione nazista grazie a certificati falsi. E tuttavia va precisato che non fu affatto tenero con coloro che per lui rappresentavano la “Casta del potere”, quella dei grandi finanzieri. In questo, era d’accordo con Marx che vedeva nel capitalista un certo tipo di ebreo, potente e senza scrupoli. Eppure, per questo, lo scrittore francese scontò una condanna assai più dura e radicale.

Quanto ha giovato la fama di “maledetto” al Céline uomo e quanto ha penalizzato lo scrittore?

Al primo ha giovato certamente poco. Allora, e ancora adesso, molti hanno indugiato su questo stereotipo senza capire nulla del suo messaggio. In realtà, era un uomo che si era posto un compito immane, sia stilistico sia etico. Diceva sempre ciò che pensava, spesso con parole spietate e brutali. Il suo obiettivo, come scrisse, era “finire dopo avere risputato ogni falsità”.