L’Ucraina resta in bilico tra Occidente e Russia
02 Ottobre 2007
Dopo gli annunci trionfalistici seguiti alle prime schede
scrutinate, un velo di incertezza è sceso tanto sul risultato delle elezioni
legislative di domenica quanto sul futuro dell’Ucraina.
Il movimento di Julia Tymoshenko, la bella leader che aveva
infiammato con i suoi discorsi i giovani della pacifica rivoluzione “arancione”
e filo-occidentale del 2004, all’inizio dello scrutinio sembrava essere
diventato il primo partito dell’Ucraina davanti al Partito delle Regioni del
filo-russo Yanukovich. Tuttavia man mano
che affluivano i dati dalle regioni sud-orientali, tradizionali roccaforti
della fazione dell’ex premier Yanukovich, il margine di vantaggio della
Tymoschenko si è via via ridotto fino a scomparire, e si è realizzato il
sorpasso da parte del Partito delle Regioni. In base ai primi rapporti dei suoi
osservatori sul campo, l’Osce ha giudicato il voto “per lo più in linea
con gli standard di elezioni democratiche”, tuttavia si tratta di un
rapporto preliminare e, alla luce anche del durissimo scontro che ha segnato
l’Ucraina negli anni scorsi e della poca trasparenza in molte amministrazioni
locali, il Presidente Yushenko ha sollecitato un’indagine sui ritardi nello
spoglio dei voti nelle regioni roccaforte di Yanukovic, non a caso più vicine
geograficamente e culturalmente alla Russia di Putin.
Con il 94,01% delle schede scrutinate il risultato potrebbe
ancora cambiare, senza considerare eventuali riconteggi e controversie sui voti
contestati (fenomeni ben conosciuti anche in Italia). Tuttavia al momento
sembra certo che il primo gruppo parlamentare sarà quello del Partito delle
regioni, grazie al suo 34,2% dei voti. Secondo partito sarebbe il
raggruppamento della Tymoschenko, con circa il 30,8%, risultato che si può
considerare il vero dato politico rilevante di questa tornata elettorale. Al
terzo posto il partito Nostra Ucraina del presidente Yushenko, altro leader
della rivoluzione arancione del 2004, con il 14,3% dei voti.
Considerato che un eventuale blocco filo-occidentale
Tymoshenko-Yushenko conterebbe sul 45% dei voti, diventano fondamentali i
piccoli partiti che riusciranno a superare la soglia di sbarramento del 3%. Il
partito comunista ha avuto oltre il 5% dei voi, ma è ovviamente alleato del
filo-russo Yanukovich. Il blocco di centro di Vladimir Litvin ha ottenuto circa
il 4%, e potrebbe allearsi indifferentemente con l’una o l’altra fazione avendo
ricoperto cariche importanti sia con la presidenza di Yushenko (presidente del
Parlamento), sia con il passato regime di Yanukovich (capo dello staff del
presidente della repubblica Kuchma). Ancora in bilico sulla soglia di
sbarramento il Partito Socialista, nel 2004 alleato del blocco arancione e poi
passato dalla parte del Partito delle Regioni.
L’assenza di una chiara maggioranza parlamentare riflette
una condizione strutturale del paese e una congiuntura politica. La condizione
strutturale, comune ai paesi in transizione dal sistema sovietico e ancora
vicini alla sfera di influenza russa, consiste nella relativa debolezza dei
riformatori che si ispirano al sistema liberale, capitalista e democratico.
Essi infatti devono convincere la popolazione della bontà di un sistema ancora
tutto da costruire, e si scontrano con le delusioni di chi perde la sicurezza
di un salario e di una casa, pur modesti, senza toccare ancora i benefici che
un sistema basato su libertà e responsabilità poi porta. I riformatori devono inoltre
fare i conti con l’estrema debolezza delle strutture statali una volta crollato
il partito unico, con la forte presenza di mafie e la diffusa corruzione, e con
un retroterra culturale certamente diverso da quello dell’Europa occidentale.
Dall’Ucraina alla Georgia, dalla Bielorussia alla Moldova, la transizione si
annuncia lunga, complessa e dall’esito nient’affatto scontato.
Su tale situazione strutturale pesa la contingenza politica
e le capacità dei vari leader. Yushenko e Tymoshennko nel 2005 avevano vinto la
battaglia politica contro i conservatori filo-russi, ed erano diventati rispettivamente
presidente della repubblica e capo del governo. Avevano inoltre il pieno
sostegno di Europa e Stati Uniti nel momento di massimo avanzamento ad est
dell’influenza occidentale. Cosa è successo poi? Difficile dire se abbia pesato
di più la rivalità tra i due, la resistenza di oligarchi e burocrati, gli
episodi di corruzione che hanno lambito gli stessi vertici del movimento
arancione. Fatto sta che lo stesso Yushenko ha ritirato l’incarico di primo
ministro alla Tymoshenko, la rivoluzione arancione ha mantenuto ben poche delle
promesse fatte, e contemporaneamente alla ripresa dell’influenza di Mosca sui
suoi vicini il fronte filo-russo di Yanukovich ha ripreso forza.
Ora la situazione politica è estremamente incerta.
Yanukovich può proclamarsi vincitore in quanto leader del primo partito. Tymoshenko
può ugualmente dire di aver vinto in quanto vera rivelazione delle elezioni con
il suo 31%, e in quanto potenziale leader di una coalizione che rappresenta
quasi metà del paese. Yushenko ha certamente perso le elezioni, ma col suo 14% è
l’ago della bilancia e soprattutto il suo ruolo di presidente della Repubblica
gli permette di fare la prima mossa, decidendo a chi dare l’incarico di formare
il governo.
Da un punto di vista occidentale, occorre innanzitutto
abbandonare la visione idealistica di una contrapposizione tra i “buoni”
Yushenko-Tymoshenko e il “cattivo” Yanukovich: entrambe le parti non sono
immuni da corruzione, abusi di potere e compromessi con le lobby economiche del
paese, ed entrambi rappresentano significative porzioni della società ucraina
con legittime aspettative e bisogni. Tuttavia, è ovvio che una coalizione di
governo tra i due leader del movimento arancione contribuirebbe a rafforzare
l’impianto capitalista dell’economia ucraina, e ad ancorare il suo sistema
politico ad un modello di democrazia rappresentativa. L’obiettivo di Yushenko e
della Tymoshenko è, nel lungo periodo, l’ingresso di Kiev nell’Unione Europea, ma
è ora prematuro discuterne specie di fronte all’incertezza del risultato
elettorale e allo stallo politico che si profila, che è il vero problema
urgente da affrontare. Primum vivere, deinde philosophari.