L’ultima della Raggi: sfratta il Medioevo

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L’ultima della Raggi: sfratta il Medioevo

L’ultima della Raggi: sfratta il Medioevo

24 Novembre 2020

Con una comunicazione del 9/11/2020, pervenuta 16/11/2020, il Comune di Roma ha chiesto all’Istituto Storico Italiano per il Medioevo (ISIME) di “rilasciare bonariamente i locali, liberi da persone e cose, entro 90 giorni dal ricevimento della presente…”. Si minaccia la “riacquisizione forzosa del bene” e si dice – falsamente secondo l’Istituto – che il Comune ha un credito di 24.437,88 euro. I locali sono stati richiesti per le necessità di spazi dell’Archivio storico capitolino, collocato nello stesso complesso: esigenza apparentemente inspiegabile, dal momento che nel 2006 il Campidoglio ha curato il restauro di grandi spazi al secondo e al terzo piano dello stesso complesso, destinati proprio all’Archivio, e ancora inutilizzati.

Fondato nel 1883 per dare “unità e sistema alla pubblicazione de’ Fonti di storia nazionale”, assunse il titolo di Istituto Storico Italiano per il Medio Evo nel 1934 e ha al suo attivo ricerche, borse di studio, convegni, molte pubblicazioni di alto livello scientifico (una delle sue “glorie” maggiori è la direzione scientifica della riedizione dei 28 volumi  dei Rerum Italicarum Scriptores, la raccolta di documenti e fonti per la storia italiana dal VI al XIV secolo a cui Ludovico Antonio Muratori dedicò gran parte della sua esistenza, pubblicandoli a cui e tra il 1723 e il 1752). Alla storia dell’ISIME sono legati personaggi come Giovanni Gentile, che nel 1923 vi istituì la Scuola Storica Nazionale, e Pietro Fedele, che inaugurò la nuova sede. E poi la serie degli storici medievisti come Giorgio Falco, Raffaello Morghen, Gina Fasoli, Arsenio Frugoni, Girolamo Arnaldi, Ovidio Capitani. La sua dotatissima biblioteca è un punto di riferimento imprescindibile per gli studiosi.

Ma se conoscere la storia non è sempre da tutti, se la sindaca Raggi del medioevo conoscesse solo l’aggettivo che viene utilizzato dagli ignoranti e dai media scadenti per connotare ogni nefandezza e ogni arretratezza – come ha argutamente ipotizzato la medievista pisana Alessandra Veronese – almeno valutare gli aspetti logistici e l’impatto organizzativo di una decisione dovrebbe essere pane quotidiano per un’amministrazione rispettabile o solo decente.

Ebbene in 90 giorni, per motivazioni comunque non chiare e con una procedura indifendibile, l’Istituto dovrebbe rimuovere, trasferire e collocare nella nuova sede circa 100.000 libri di una biblioteca aperta al pubblico; le serie pluriennali di 760 riviste scientifiche italiane e straniere; il suo archivio storico, nonché l’arredo, gli schedari, le librerie e i tavoli in legno massello. Una richiesta di questo genere o la si fa senza aver nemmeno preso in considerazione il problema o non avendo neppure un’idea vaga di cosa comporti ricollocare anche solo i 1.000 libri di una biblioteca di casa.

Non vogliamo essere passatisti incalliti e produrci nel pur giusto lamento sul livello culturale medio della classe politica, evocando impietosamente il confronto con quella passata e trapassata, perché   su quella strada saremmo comunque spacciati, ma almeno due conti sui costi e un diagramma di flusso delle attività conseguenti alle decisioni ce li potremmo aspettare?