L’ultima follia di Bonafede: il processo senza processo
30 Aprile 2020
Fra le varie acrobazie governative che stanno sfidando anche le minime regole di coerenza del sistema normativo, si staglia probabilmente sulle altre la decisione di introdurre il processo penale da remoto, accompagnandolo però con un ordine del giorno con cui le principali forze politiche si impegnano ad abolirlo alla prima “occasione legislativa”.
Nella confusione creata dal Virus, cerchiamo innanzitutto di chiarire come tutto questo sia potuto accadere. I Tribunali sono fermi, gli avvocati sono al tempo stesso spaventati e impoveriti e nelle priorità politiche del momento la Giustizia è al penultimo posto (insieme alla scuola), subito prima delle discoteche e degli stadi. Quindi, bisogna per forza provare a fare qualcosa in termini di smartworking. Ovviamente siamo in un settore in cui si parte da zero, considerato che gli avvocati non possono nemmeno depositare o richiedere atti usando la PEC. Insomma, viviamo ancora ai tempi delle Marche da bollo, delle file in Cancelleria e della ricerca di un avvocato “domiciliatario” a Bolzano, a Viterbo o a Messina.
Eppure, visto il rapporto privilegiato con il Ministro l’occasione sembra presentarsi ghiotta per quella piccola ma non irrilevante parte della Magistratura che considera il processo un inutile orpello e che gode attualmente al CSM di una significativa rappresentanza. In fondo basterebbe prevedere che in assenza di sopravvenienze eccezionali i Tribunali possano apporre semplicemente un timbro sul capo di imputazione, eventualmente in presenza di un avvocato. E’ il capo di imputazione che conta, lì finisce il lavoro delle Procure e inizia quello dei legulei. D’altra parte se il Pubblico Ministero li ha citati significa che anche i testimoni potranno senz’altro confermare la sua tesi, per cui non sembra davvero questo il momento per mettersi a perdere tempo: siamo in piena pandemia.
E allora si parta subito con delle importanti novità sperimentali, perché – secondo alcuni – potrebbero appunto tornare utili anche in futuro. Nel frattempo per le urgenze reali, ovvero per la convalida degli arresti, uffici giudiziari, avvocati e forze di polizia si sono organizzati con impegno, per quanto possibile, per tenere anche a distanza queste particolari udienze. Anche perché, al momento, l’indicazione di buon senso è comunque quella di mettere tutti ai domiciliari, salvi ovviamente i fatti davvero gravi o le violenze domestiche. Ma nello stesso tempo appare chiaro a tutti i tecnici del settore, di ogni ordine e provenienza che oltre questo non si può davvero andare. Per la totale assenza dei necessari strumenti tecnici, ma soprattutto perché l’essenza stessa del processo penale è nella sua oralità, nell’aspetto umano e psicologico che accompagna le testimonianze, la credibilità degli attori processuali e la discussione fra parti contrapposte.
Piuttosto che usare Zoom, tanto varrebbe allora – dove è possibile – accontentarsi di un contraddittorio scritto, difendendo se non la sacralità, almeno la serietà della giurisdizione. E invece no, perché contro ogni previsione Bonafede e Conte si prestano: hanno già introdotto l’ergastolo processuale, eliminando la prescrizione, perché dovrebbero ora fermarsi davanti ad istituti obsoleti come I Tribunali, le Aule, le Toghe? Le Camere Penali lanciano l’allarme con tutta la loro forza. Andando contro i loro interessi gli avvocati italiani preferiscono non lavorare piuttosto che vedere cancellato tutto quello in cui credono e per cui si battono ogni giorno: il giusto processo previsto dall’art.111 della Costituzione.
Qualcuno in Parlamento raccoglie fortunatamente l’allarme, ma davanti a un Governo come questo, guidato dalla sempre più inquietante figura dell’ex Avvocato del Popolo resta una forte preoccupazione anche davanti a proposte che non dovrebbero essere prese neppure sul serio. Per fortuna a reagire ci sono anche altre forze, ovvero la burocrazia che è ben consapevole della impossibilità di gestire dei processi virtuali in un paese in cui non esiste nemmeno una copia digitale del fascicolo del Tribunale e quella parte della Magistratura che ha ancora a cuore il proprio lavoro.
Forse qualcuno, ancora dotato di ragione, avrà fatto anche notare ai campioni della repressione totale che nel mondo virtuale un testimone falso lo si trova a buon mercato e che se ad un certo punto non si capisce semplicemente più nulla diventa anche difficile poter scrivere una sentenza. Ma ormai l’ultimo treno legislativo della sera è già partito, il processo da remoto al momento è legge e per escludere testimonianze e discussioni si dovrà intervenire al prossimo giro. Intanto, ognuno se la veda come puo’, tanto non è una cosa seria.
E mentre noi penalisti ancora tremiamo, perché qui non c’è davvero più nulla di scontato, speriamo tutti che prima o poi qualcuno voglia davvero immaginare una Giustizia che sappia coniugare le garanzie con l’efficienza ed una opinione pubblica che sappia distinguere il coraggio e l’impegno di chi si batte, nel rispetto del proprio ruolo, per scoprire i reati e per accertare la verità, dai troppi profeti dell’Antimafia e dell’Anticorruzione che non esitano a proporre lo smantellamento dello Stato di diritto per cercare di conseguire un facile consenso politico.