
L’ultima frontiera della letteratura made in Italy

30 Settembre 2007
Siamo davvero qui? Siamo all’abdicazione della letteratura italiana dal suo ruolo universale che vede la lingua di Dante essere l’ultima erede della millenaria tradizione teologico-letteraria mediterranea. Pare proprio di sì.
La lanciatissima Minimum Fax, casa editrice nella sua collana dedicata al romanzo italiano attenta soprattutto a cogliere le evoluzioni e le tendenze propriamente più letterarie che si agitano nel postmodernissimo mondo delle riviste su carta stampata e on-line con “Voi siete qui. Sedici esordi narrativi”, 2007, pagg. 262 a cura di Mario Desiati si guadagna la considerazione dei mass media che contano.
I temi sono sempre gli stessi, il racconto e la legittimazione della visione di una società disarticolata, dove tutto è relativo e di ugual valore, in una declinazione dell’idea di libertà discutibile. Ma l’idea di partenza del libro è valida quanto piuttosto logica al punto da potrebbe sembrare scontata, come in effetti non è: dove sta scritto che non bisogna fermare il treno in corsa?
Minimum Fax, il treno in corsa prova a fermarlo, salta una generazione e spariglia il tavolo. Via tutto, vediamo cosa si muove alla radice. La raccolta mette insieme quello che dai curatori del libro viene ritenuto il meglio dei racconti e dei reportage pubblicati negli ultimi anni e in alcuni casi come nel primo di racconto, “Venticinque Forbici” di Tiziana Battisti o in “Reincarnazione” di Cristiano de Majo, ci riesce.
Il racconto della Battisti tratta di una passaggio di sesso, un transgendersimo, di una ragazza innamorata di una giovane vedova. Lo stile è incalzante e ricorda (come peraltro l’argomento transgenderismo) il Palahniuk di Invisible Monsters (2003 Mondadori, pagg. 227), la visione dell’autrice è straniante quanto originale e mai volgare, il sesso torna ad essere considerato strumento di conoscenza.
Il racconto di de Majo “Reincarnazione” con un espediente dickiano, tratta di un giovane e ordinario uomo inserito nel mondo del lavoro, naturalmente insoddisfatto di se stesso e della vita che conduce. Alle prese con la bizzarra possibilità di scegliere di venire reincarnato perdendo la sua identità sceglie di essere un politico perché solo loro – diceva il papà – possono fregarsene di tutto. Entrambi fanno propria la lezione americana, provando a digerirla non perdendo però il carattere lirico della lingua madre cui appartengono, riuscendo a mettere in luce una voglia di superamento della constatazione di fallimento del modello sociale cui apparteniamo.
Tentativo di superamento sono anche “I Nuovi Sentimenti”, Marsilio, Dicembre 2006, pagg. 159, libro, a cura di Romolo Bugaro e Marco Franzoso, che raccoglie anch’esso sedici racconti. Gli autori sono tutti del nord est e quasi sempre sconosciuti.
L’intenzione della raccolta di Marsilio resta veramente encomiabile. Di fatti qui, i curatori del testo, vogliono tirare fuori (quasi a forza) nuove prospettive, prospettive contemporanee su tradizionali aspetti legati a cosa debba intendersi attorno alla parola “sentimenti”: Amore – Coraggio – Desiderio – Dolore – Odio – Amicizia – Invidia – Fiducia – Tradimento – Identità – Precarietà – Esclusione – Spaesamento – Solitudine – Sterilità.
Dietro queste declinazioni sentimentali i curatori della raccolta convinti sia in essere quasi un salto genetico, una variazione antropologica, cercano di raccontare la constatazione della nascita di nuovi sentimenti, sentimenti geneticamente modificati, come si spiega nella postfazione.
I racconti prendono pieghe da reportage intimista sulle ansie, sulle difficoltà, sulle aspirazioni frustrate e sui barlumi di speranza di coloro che tra il mondo professionale, tra la scelta totalizzante e l’escamotagé giornalistico, provano a raccontare questo Paese.
Unica eccezione alla scarsa notorietà degli autori è la presenza nella raccolta proprio di Giulio Mozzi, oltre che conclamato talent scout nonché curatore di collana per la casa editrice Sironi, deus ex machina del seguitissimo bollettino letterario on-line, oggi casa editrice sempre on-line, Vibrisse.
Amicizia è il racconto del suo corto circuito tra blog, alcol e rapporti personali strampalati, l’essere diventato suo malgrado catalizzatore di attenzioni e speranze, lui refrattario ad entrambe per essere un scontroso padovano bevi grappa che vuole pensare solo ai libri e null’altro.
Nella raccolta a mettersi in risalto è Vitaliano Trevisan che trattando di Fiducia si prepara all’esordio narrativo. Nel racconto il trentottenne divorziato fugge in Germania a fare il gelataio trovando solidarietà nel padrone della bottega perché anche lui divorziato. Esilaranti le istantanee su madre, sorella e moglie. Il protagonista si trova a ragionare di far causa alla madre vedova che non lo vuole far rientrare in casa poiché dopo la morte del padre anche lei finalmente ha trovato il suo spazio. La sorella non vuole certo che la mamma resti ferita e nel frattempo occupa militarmente ogni dove con tutta la sua famiglia allargata. La moglie. La moglie non ha neanche bisogno di parlare. E’ bella. E’ ricca. Lo ha sposato perché lui, seppure povero rispetto a lei, aveva solo il compito di scrivere. Lui era il poeta. Ora si è improvvisamente stufata. Incompatibilità di carattere. Sennò c’è la violenza psicologica.
Trevisan alla fine scriverà per davvero, perché ha un talento vivido ed è un autore da seguire. Nel primo romanzo, pubblicato da Einaudi di recente, con il titolo “Il Ponte. Un Crollo”, 2007, pagg. 253, getta uno sguardo amaro e disincantato sui rapporti umani dell’Italia che conosciamo.
Un’Italia popolare quella narrata nell’ultima stagione, che non è più l’Italia contadina dei nonni, né quella proletaria da una parte e neoborghese dall’altra del secondo dopoguerra, quella dei papà poliziotto con la quinta elementare e dei commercianti, quella delle zie, ma un Italia che non è neanche più consapevole della sua opulenza e del suo ruolo centrale nel concerto globale delle cvilta’, in uno smarrimento che provoca disastri, oggi lo sappiamo, non solamente economici o politici.