L'”ultima, grande scommessa” del Cav. per salvare il Paese
25 Luglio 2011
Antonio Martino, uno degli uomini politici più lucidi e lungimiranti in circolazione, negligentemente messo fuori dal governo proprio quando della sua esperienza, della sua straordinaria cultura economica (e non solo), della forza delle sue idee se ne sarebbe giovato il Paese, in un’intervista al Giornale, ha consigliato Berlusconi "di porre fine a questa stagione in maniera eclatante" presentandosi, cioè, in Parlamento "con una grande e vera riforma legando l’esito di quel voto alla sua permanenza in politica, come fece De Gaulle". Insomma "una grande, ultima scommessa".
È una proposta indubbiamente fascinosa e suggestiva, ma anche la più realistica immaginabile nelle presenti circostanze. Le conseguenze potrebbero essere rischiose, come lo stesso Martino ammette, ma comunque, se la prova dovesse fallire, il Cavaliere ne uscirebbe a testa alta e la sua maggioranza, ancorché battuta, potrebbe sempre rivendicare il coraggio di aver osato piuttosto che rassegnarsi al galleggiamento e, dunque, al logoramento. Ma non è detto che non riesca. In tal caso il viaggio verso la fine naturale della legislatura non sarebbe più così accidentato e, certamente, l’elettorato di centrodestra, oggettivante depresso, ne trarrebbe motivi di fiducia, mentre nel Pdl e nei suoi dintorni si lavora alla successione e si riorganizzano le file della coalizione.
Temo che tra i notabili del centrodestra, adusi al piccolo cabotaggio, le grandi idee, le sfide difficili e pericolose non siano molto gradite. Perciò l’intuizione di Martino è probabile che resterà allo stadio di aspirazione, per quanto condivisa da elettori e politici che guardano con crescente apprensione alla fine di un’avventura intrapresa con l’intento di riformare le strutture e le istituzioni politiche del Paese. Al centrodestra, allora, non rimane che limitare i danni di una situazione complessiva, ma soprattutto economica e finanziaria difficilissima che potrebbe avere conseguenze sociali problematiche se, come sembra, l’opposizione soffierà irresponsabilmente sul fuoco al fine di determinare la caduta del governo.
Berlusconi, preoccupato e scosso come lo abbiamo visto nelle ultime settimane per le dimensioni che sta assumendo la crisi, è consapevole di essere accerchiato. Gli avversari di fuori e gli infedeli interni lo tengono sulla graticola. Deve sottrarsi al gioco di chi tenta di farlo fuori ricorrendo a tutti i mezzi possibili ed immaginabili. Se vuole davvero, come dice, arrivare al 2013, non ha altra possibilità, unitamente a quella suggerita da Martino, di riformare profondamente la squadra di governo, dare nuovi assetti al Pdl avvalendosi a tempo pieno dell’attività di Alfano, rilanciare un progetto per il Paese, scrollarsi di dosso quell’aria di mestizia che seppure comprensibile produce però effetti demotivanti negli esponenti e negli elettori del centrodestra.
Per quanto riguarda poi gli alleati, alla Lega dovrebbe parlare chiaro ed in termini ultimativi: o condivide, nel bene e nel male, i destini della coalizione o se ne va per conto suo e si mette fine ad uno stillicidio insopportabile. E poi, si renda conto il Cavaliere che le profferte a Casini non gli giovano, basta vedere come ha utilizzato il voto sull’arresto di Papa, a fini puramente politici, rimangiandosi tutto il garantismo sparso a piene mani quando si è trattato di difendere ex- democristiani finiti nei guai con la giustizia, per comprendere come con l’Udc, in questa fase almeno, non sia possibile intessere neppure il più sottile filo di dialogo.
È il momento di essere ciò che si si è, insomma. Facendo pulizia dove si è accumulata l’immondizia e programmando una lunga campagna elettorale che metta da un lato in evidenza le contraddizioni del centrosinistra, la corruzione che lo sta divorando, la sottile perversione neo-stalinista che si afferma nei gruppi parlamentari del Pd (la denuncia del senatore Tedesco, "salvato" dall’arresto, ma costretto dai suoi capi ad invocarlo: raccapricciante) e dall’altro la volontà di procedere ad un rinnovamento del centrodestra fondato sul merito, le capacità e l’intelligenza nel far recepire una proposta riformatrice, cominciando dallo Stato.
Altro, al momento, non è possibile prevedere. O meglio, se il Pdl fosse disponibile la vera grande battaglia che dovrebbe affrontare sarebbe quella che concerne il ristabilimento del primato della politica, condizione indispensabile per rimettere ordine tra i poteri costituzionali e ridare ai cittadini la certezza di non essere posseduti da forze impalpabili che agiscono al di fuori della legalità democratica. Vedo fantasmi tecnocratici, infatti, dispiegare la loro azione in un deserto dove non ci sono ostacoli alle loro spregiudicate scorribande. Non è un bel vedere.