L’ultima speranza per il Sud si chiama Lega
08 Maggio 2008
di Gianni Donno
Con perfetta precisione ad ogni cambio di governo si ripresenta l’eterna questione meridionale. Questa volta il dibattito ruota su un dilemma stringente. A sinistra: “La Lega non vi lascerà nemmeno gli occhi per piangere!”. A destra: “La Lega può essere una risorsa per il Sud, che dovrà saper spendere bene i denari pubblici, altrimenti…”. Propendiamo per questa seconda prospettiva, ma senza soverchie illusioni, perché il sistema pubblico del Sud è costitutivamente volto alla lentezza, allo spreco, non poche volte allo sperpero corrotto.
Antimeridionalismo? Razzismo? No, questa è solo disillusione, in chi è nato ed opera nel Mezzogiorno, dopo anni ed anni di denari ricevuti ed obiettivi mancati.
Ma la speranza è l’ultima a morire… Oggi la speranza è La Lega. Sembra paradossale ma non lo è. La Lega potrà avere quella veste di controllore dei modi e dei tempi della spesa pubblica nel Mezzogiorno, che il Sud non ha mai avuto (non ha mai voluto avere).
Ora nel Sud non mancano le eccezioni di buona amministrazione, ma il contesto generale è quello ben conosciuto: ritardo crescente, sperpero, malversazione, corruzione. Il caso dei rifiuti napoletani è esemplare.
Per questo guardammo sempre di buon occhio la Lega, e continuiamo a farlo oggi.
Alcune cose nella cultura politica leghista son molto apprezzabili. In primo luogo l’esempio assai generalizzato di buona amministrazione locale. Comuni e province amministrate dai leghisti vanno bene e in ciò una ragione ci dovrà pur essere. Personaggi capaci ed onesti governano quelle realtà locali? Certo, ma vi è qualcosa d’altro. E questo è ravvisabile nel rapporto fra eletti ed elettori nelle realtà in cui la Lega è presente. In queste realtà la società è su e la politica è giù, cioè è al servizio della società. Andate in un comune amministrato dai leghisti. I cittadini, quando qualcosa non va, richiamano i loro eletti e li strapazzano. E costoro sono costretti a trottare. Nel Sud l’elettore è giù e guarda verso l’alto, verso il personale politico, verso l’ultimo stracciaculo che abbia avuto la ventura di diventare consigliere od assessore. Ad esso è riservato ossequio e reverenza. I bisogni del Sud hanno cancellato la dignità di gran parte della sua popolazione: e questo si chiama plebeismo.
Ma, ad esser completi, il plebeismo non è solo la malattia di buona parte della popolazione del Sud. Esso è anche la forma di governo adottata e mantenuta da molta parte del personale politico meridionale. Esso svolge -come è ormai noto- la semplice funzione di redistribuzione dei denari pubblici nei mille rivoli del bisogno e della spesa (anche futile) del Mezzogiorno. Per questo ha vitale bisogno di questi finanziamenti, per mantenersi al potere. Quanta parte del personale politico meridionale in carriera sopravviverebbe, se il Sud fosse capace di camminare -come avviene per il Nord- con le proprie gambe? Per questo ai pochi uomini politici meridionali che aborrono il plebeismo e son veramente premurosi della rinascita prima di tutto morale del Sud, la Lega può essere d’aiuto.
Un pericolo, tuttavia, si profila all’orizzonte, in questa speranzosa delineazione del domani per il Mezzogiorno. Che la Lega questa volta giochi d’astuzia e non vada lancia in resta contro il Mezzogiorno e i suoi tanti politici spreconi e corrotti. E cioè che essa dica: volete il Ponte sullo Stretto? D’accordo. Volete altri finanziamenti pubblici a ristoro dell’imprenditoria meridionale languente? D’accordo. Ma la contropartita, cari amici del Sud, dev’essere il federalismo fiscale. Sta scritto addirittura nel programma di Berlusconi!
Allora bisognerà vedere quanti Tavoli per il Mezzogiorno, sorti prima delle elezioni come funghi per risolvere, anche in modo bypartisan, l’eterna questione meridionale, si trasformeranno, secondo l’antica consuetudine, in belle Tavole per il Sud. Bene apparecchiate, abbondanti, anche se questa volta -siatene certi- per l’ultima cena.