L’ultimatum di Fioroni alla Moratti è contro la legge
10 Gennaio 2008
A dispetto dei toni apocalittici e dei richiami alla
Costituzione, la diffida inviata dal Ministro della Pubblica istruzione al
Comune di Milano è giuridicamente infondata, viola la legge ed eccede dai
poteri del Ministro. Per giungere a questa conclusione è sufficiente la lettura
non ideologica e d’insieme del testo unico sull’immigrazione; agli articoli 34
e segg., allorché esso disciplina il diritto alla salute per gli stranieri
regolarmente soggiornanti, lo riconosce nella sua massima estensione, in condizioni
di eguaglianza con i cittadini italiani; lo limita invece alla cure urgenti ed
essenziali (art. 35 co. 3) per i clandestini. Eppure si tratta di un diritto
protetto dalla Costituzione; la ratio della differente tutela sta nella
esigenza di umanità verso chi è presente in Italia irregolarmente, temperata
però da una prospettiva di permanenza nel nostro territorio che – proprio
perché non si è in regola – non può essere a tempo indeterminato.
Veniamo all’istruzione. Quando, all’art. 38, la legge
sull’immigrazione affronta questo tema, non pone alcuna deroga per età o per
fascia di scuola relativamente ai clandestini e/o ai loro figli: il
riferimento, in certi caso addirittura esplicito, è solo agli stranieri
regolarmente soggiornanti. Anche in tal caso è evidente la ratio: come si fa ad
accettare la richiesta di iscrizione per un figlio presentata da un (sedicente)
genitore, che è un clandestino? Quale logica c’è nell’accettare, a parità di
condizioni con i cittadini e con gli stranieri regolari, l’inserimento
scolastico di chi, con il familiare clandestino, va per legge allontanato dal
territorio nazionale? Il quesito è evidentemente retorico; per Fioroni, come
per tutti i ministri del governo Prodi, la condizione di clandestino va
superata: usando il decreto flussi per sanare la posizione di chi entra
irregolarmente, evitando il collegamento obbligatorio fra permesso di soggiorno
e contratto di lavoro, non curandosi della certezza della identità dello
straniero, e però puntando ad abbassare la soglia temporale per ottenere la
cittadinanza. In quest’ottica, la posizione di Fioroni ha una logica politica:
perversa e antieuropea, ma chiaramente individuabile.
Tornando a Milano, si deve aggiungere che la
circolare del Comune non esige ai fini della iscrizione il possesso del
permesso di soggiorno. Ritiene requisito sufficiente aver presentato la
relativa richiesta, e quindi avere il cedolino che lo dimostra, senza porre a
carico dell’immigrato le eventuali lungaggini degli uffici italiani; tiene
conto comunque dell’avere lo straniero rispettato un dovere elementare di
lealtà verso lo Stato ospitante. Si aggiunga, ancora, che le norme prima citate
appartengono alla versione originaria della legge Turco-Napolitano: non sono
state aggiunte né modificate dall’odiata Fini-Bossi. Ergo: Fioroni dovrebbe
diffidare sé stesso a rispettare la legge, invece di porre in essere atti
arbitrari che, se fossero realizzati da un privato, richiamerebbero la dinamica
dell’estorsione: ti costringo a fare così, altrimenti ti tolgo i soldi.