L’ultimo saluto a Matteo per ricordare il suo sacrificio per la pace
03 Gennaio 2011
3 gennaio 2011, Basilica romana di Santa Maria degli Angeli. Si sono appena conclusi i solenni funerali del Caporalmaggiore Matteo Miotto, l’alpino caduto venerdì scorso nella valle del Gulistan, in Afghanistan, freddato dal colpo di un cecchino mentre era in servizio nella base avanzata "Snow".
Mentre il vento agita il tricolore a Piazza della Repubblica regnano silenzio e commozione. Non è passato molto tempo dal 9 ottobre scorso, quando altri 4 alpini caddero vittime di un’ imboscata al ritorno di una missione mentre si trovavano nella provincia di Farah, la stessa zona dove è stato colpito Matteo.
Il feretro ha varcato il portone della chiesa intorno alle 11 dopo aver attraversato la piazza antistante la basilica accompagnata dagli applausi di uomini in divisa, cittadini comuni e dalle note della Preghiera dell’Alpino, il "Signore delle cime". Pochi istanti dopo l’arrivo del feretro è cominciata l’omelia di monsignor Vincenzo Pelvi: “Molti chiedono perché ci ostiniamo ad esporci in terre così pericolose, ma allora non si potrebbe rimproverare anche a Gesù di aver cercato la morte, affrontando deliberatamente coloro che avevano il potere di condannarlo?”. E poi il ricordo appassionato di Pelvi: Miotto era il “discepolo dell’Agnello, chiamato a partecipare all’umana solidarietà nel dolore, diventando un agnello che purifica e redime, secondo l’amorosa legge di Cristo, un sacrificio offerto per il dono della pace”.
A rendere l’ultimo saluto all’alpino una basilica gremita. Tra le autorità presenti il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il ministro delle Difesa Ignazio La Russa, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, il questore di Roma Francesco Tagliente, il presidente del Copasir Massimo D’Alema, il leader Idv Antonio Di pietro e quello dell’Udc Lorenzo Cesa. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano impossibilitato a partecipare a causa dell’influenza.
I primi a prendere posto all’interno della chiesa sono stati i genitori del 24enne alle 10, accompagnati dalla fidanzata del figlio. “Non ci si può aspettare che una società mondiale pacifica emerga da sola dal tumulto di una spietata lotta di potere”, ha detto monsignor Pelvi in un altro passaggio dell’omelia. Bisogna lavorare, ha poi aggiunto, e cooperare per gettare le fondamenta su cui le generazioni future potranno costruire una società internazionale stabile e pacifica. E mentre queste parole risuonavano piene di eco nella basilica, su un cuscino il cappello con la penna alpina, che il giovane militare ucciso aveva definito "sacra" in una sua lettera. Ai lati del sagrato il picchetto d’onore degli Alpini, della Marina, dei Carabinieri, dell’Aeronautica Militare e della Guardia di Finanza.
Matteo aveva sempre creduto nella giustizia e nella forza interiore della compassione, fino a dare la vita, ricorda Pelvi. “Anche noi, non possiamo rassegnarci alla forza negativa dell’egoismo e della violenza, non dobbiamo abituarci ai conflitti che provocano vittime e mettono a rischio il futuro dei popoli. Il sacrificio di Matteo invita a non cedere allo sconforto e alla rassegnazione". Durante la messa, al momento del segno della pace, il premier Berlusconi si è avvicinato ai parenti di Matteo per salutarli e stringere loro la mano.
Dopo la celebrazione la bara, avvolta nel tricolore, ha lasciato la basilica portata a spalla da sei alpini del 7/o reggimento di Belluno, il reparto di Matteo. Un fragoroso applauso ha accolto l’uscita del feretro dalla chiesa, in piazza. Il ministro La Russa, parlando coi cronisti, ha voluto sottolineare "la grande dignità della famiglia di Matteo Miotto e l’affetto che oggi gli ha dimostrato tutta la città di Roma".
Poi, al primo Caporalmaggiore sono stati resi gli onori, ancora una volta. La bara è stata sistemata nel carro funebre, per partire alla volta di Thiene, in Veneto, dove il giovane alpino sarà sepolto, secondo il suo volere, nel cimitero della cittadina berica in cui riposano i caduti di guerra. Ai funerali di domani è atteso, assieme a molte autorità, il Presidente del Veneto, Luca Zaia, che recentemente si è pronunciato a favore dell’avvio di una ‘exit strategy’ dall’Afghanistan.