L’undicesima piaga d’Egitto: la nuova Costituzione
20 Dicembre 2012
di Maria Leone
Il “sì” con cui il popolo egiziano ha approvato la nuova Costituzione è il quarto atto della transizione del Paese verso uno stato islamico radicale. Seguendo un lucido disegno i Fratelli Musulmani continuano la conquista dell’Egitto iniziata con il rovesciamento del regime di Hosni Mubarak, rafforzata dalla maggioranza parlamentare, consolidata con la Presidenza di Morsi e legittimata democraticamente dalla consultazione referendaria.
Molti analisti hanno denunciato quanto il testo della nuova carta costituzionale sia pericolosa, partendo già dal contesto in cui è stata concepita: la fratellanza e i salafiti hanno deciso di continuare a scriverla nonostante le dimissioni di molti membri dell’Assemblea Costituente e senza cercare una mediazione con le altre anime dell’Egitto. Le numerose proteste di questi giorni hanno, infatti, mostrato una società profondamente divisa tra chi oggi guida il Paese nel post rivoluzione e chi quella rivoluzione l’ha fatta o comunque l’ha voluta.
Anche da una lettura rapida e non approfondita si evincono gli importanti limiti del testo come l’articolo 4 che demanda ad un organo non elettivo composto dagli esperti dell’Università Al Azhar – il più antico istituto accademico religioso sunnita del mondo islamico – la possibilità di verificare che le norme proposte dal Parlamento siano rispettose dei principi della sharia, riducendo così i poteri della Corte Costituzionale che spesso in passato ha fornito interpretazioni progressiste della legge islamica. Altre perplessità giungono dalla protezione dei diritti.
Infatti, se vengono garantite le libertà fondamentali, secondo gli articoli 10 e 11, «lo stato e la società devono preservare la vera natura della famiglia egiziana» e «lo stato deve proteggere l’etica, la morale e l’ordine pubblico». Questi termini sono talmente generici e aperti all’interpretazione da poter essere usati in modo pericoloso per limitare labirinti fondamentali. Poi la libertà di espressione, secondo gli articoli 31 e 44 «un individuo non può essere insultato» ed «è proibito insultare il profeta». Altro capitolo controverso sono anche i diritti delle minoranze religiose. L’articolo 43 parla di stabilire luoghi sacri per musulmani, cristiani ed ebrei, ma questo apre alla discriminazione escludendo le altre religioni in particolare i bahai, gli shiiti, i coranisti e gli ahmadi già oggetto di persecuzioni al tempo di Mubarak. Infine, l’articolo 198 lascia intatta la possibilità che i militari giudichino i civili a loro discrezione.
Bisogna ricordare che i processi di transizione sono percorsi lunghi e tortuosi, che non si risolvono in un batter d’ali né in una “primavera”. Saranno necessari numerosi assestamenti prima che il “sistema” possa trovare un proprio equilibrio e il Paese possa avviarsi verso un futuro democratico, fondato su uno Stato di diritto che non sia tale solo sulla carta ma anche, e soprattutto, nella vita del proprio popolo.
Tratto da Il Quintuplo