L’unica speranza per Gaza è una estate contro Hamas
04 Luglio 2011
I compagni italiani (che sbagliano) credono che la seconda flotilla, la Stay Human ("Restare umani", in memoria di Vittorio Arrigoni, ammazzato dai terroristi islamici), diretta a Gaza per rompere "l’assedio" israeliano, sia stata organizzata da gruppi pacifisti filo-palestinesi e di estrema sinistra europei ed occidentali con l’obiettivo di portare aiuti umanitari nella Striscia. La stessa storiella si era diffusa lo scorso anno, quando partì la prima; poi si scoprì che sulla Mavi Marmara c’erano i turchi dell’IHH, la sigla estremista sponsorizzata dal governo di Ankara. Così, si è alimentata l’idea che le flottille siano un semplice atto dimostrativo, una "provocazione" come dicono gli italiani che partecipano alla spedizione, per mettere in cattiva luce Israele grazie alla nonviolenza.
Magari fosse solo questo il problema, forse non staremmo qui a scaldarci tanto. Se sulla Stay Human viaggiassero davvero solo personaggi come Adam Shapiro, gli israeliani che non si sentono tali ("Io non mi considero un ebreo"), perché hanno studiato nello Yemen, preso in moglie una donna arabo-cristiana e sono convinti di essere davanti a una riedizione della Kristallnacht, ci faremmo quattro risate aspettando di vederli sommersi dall’acqua lanciata dai cannoni della marina israeliana. Il problema è che a bordo non ci sono solo loro, ma sopratutto, e sfortunatamente, i verdi. Il dominus della spedizione di quest’anno, infatti, si chiama Muhammad Sawalha ed è una figura di spicco della Fratellanza Musulmana, di cui Hamas è filiazione diretta. I soldi della Flottilla arrivano dalla "Union of God", una coalizione di charities europee collegate alla Fratellanza (globale) dello sceicco Qaradawi; la UoG nel 2008 è finita nella lista delle organizzazioni terroristiche del Dipartimento del Tesoro Usa per aver trasferito soldi ad Hamas. (Colpisce che il network che sta finanziando l’operazione abbia sede nel vecchio continente e che il suo centro logistico sia la Gran Bretagna, nel Medio Oriente la Giordania).
I compagni nostrani dovrebbero conoscere la strategia elaborata in Turchia nel 2009 (la "Instabul Declaration") dagli studiosi islamici radicali e dallo stato maggiore di Hamas: aprire un terzo fronte della jihad, centrato a Gaza, dopo quelli in Pakistan e in Iraq. Sawalha, che dirige la British Muslim Initiative, è stato presidente della Muslim Association of Britain e fondatore dell’IslamExpo: una volta ha parlato di "Diavolo ebraico", definizione che perfino Al Jazeera decise di ammorbidire preferendogli la più mite "Lobby ebraica". Sawalha rivendica di aver programmato la strategia politico-militare di Hamas. L’estrema sinistra e il pacifismo occidentali non mettono in discussione Hamas, e probabilmente nei centri sociali la Fratellanza viene considerata un partito come gli altri, che democratizzandosi potrebbe trasformare l’Egitto in un Paese libero.
Insomma, visto che nostri hanno già fatto armi e bagagli con la schiuma dell’oltranzismo religioso islamico, l’unica speranza che ci resta sono i giovani di Gaza. Sentite cosa dice Nalan Al Sarraj, studentessa di giornalismo a Gaza, che non è certo un’ammiratrice di Netanyahu ma scrive nel suo blog: "Ho passato due intere giornate cercando inutilmente di passare il valico, e alla fine sono tornata indietro, sentendomi senza speranza e anche senza patria" , la ragazza sta parlando del suo tentativo di oltrepassare Rafah entrando in Egitto, per recarsi a un meeting di giovani blogger arabi nella vicina Tunisia, "avevamo gli inviti, il passaporto, il visto, anche l’aiuto di Al Jazeera", aggiunge sconsolata, e conclude: "in teoria tu vivi in un Paese che sta lottando per la libertà dall’occupazione, ma poi ti accorgi che è il tuo stesso governo che contribuisce a privarti della libertà". Sta parlando di Hamas, non dello stato di Israele.