L’unico dialogo che manca alla NATO: quello con la SCO

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

L’unico dialogo che manca alla NATO: quello con la SCO

12 Gennaio 2011

La NATO ha sviluppato numerose iniziative di successo che hanno contribuito al rafforzamento della stabilità mondiale e della fiducia reciproca fra vari attori geopolitici. Oltre alle normali relazioni di cooperazione con le Nazioni Unite e con l’Unione Europea, la NATO ha lanciato le seguenti iniziative strutturate. La prima, subito dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia, è stato il “North Atlantic Council in Co-operation” (NACC), istituito nel 1991 coinvolgendo tutti i paesi alleati, gli ex nemici e i paesi neutrali europei. Nel 1997 questo foro è diventato “Euro-Atlantic Partnership Council”, in cui la “Partnership for Peace” (PfP) lanciata nel 1994 ha potuto concretizzare le sue attività in modo fruttuoso, tant’è vero che nel corso degli anni la gran parte dei paesi partners sono diventati membri dell’Alleanza.

Nel 1994 un’altra importante iniziativa ha coinvolto sette paesi della sponda sud del Mediterraneo: Mauritania, Marocco, Tunisia, Algeria, Egitto, Giordania e Israele.

Tre anni più tardi, nel 1997, due nuovi Consigli hanno legato alla NATO i due principali successori dell’Unione Sovietica: la Commissione NATO-Ucraina (NUC) e il Consiglio NATO-Russia (NRC), successivamente rifondato nel 2002 allo storico vertice di Pratica di Mare ospitato dal premier Silvio Berlusconi. In quell’occasione il legame fra NATO e Russia è stato rilanciato su nuove e più solide basi.

Nel 2004 l’Iniziativa di Cooperazione di Istanbul (ICI) ha preso il via fra l’Alleanza e alcuni paesi del Golfo Persico: Emirati Arabi Uniti, Oman, Qatar e Bahrein.

Tre anni dopo, una specie di “partenariato globale” ha legato alla NATO alcuni paesi che non si trovano geograficamente in Occidente ma che si ispirano a valori occidentali: Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda. L’iniziativa più recente è la Commissione NATO-Georgia, nata nell’estate del 2008 subito dopo la guerra del Caucaso.

Se guardiamo a tutte queste iniziative, possiamo affermare che la NATO non è seconda a nessun’altra organizzazione internazionale nel dialogo e nella cooperazione con paesi ubicati al di fuori della propria area. Sorprendentemente, però, l’Asia è un po’ trascurata da queste iniziative esterne. E dire che l’importanza dell’Asia è straordinaria, essendo l’unico continente in cui la seconda guerra mondiale sta continuando tuttora e le conseguenze dirette o indirette del secondo conflitto mondiale si fanno sentire ancora oggi (si pensi al conflitto arabo-israeliano, a quello indo-pakistano, al problema coreano). Inoltre, è l’unico continente in cui sono localizzate le maggiori sfide alla sicurezza mondiale (Iraq, Iran, Afghanistan, Nord Corea, pirateria, proliferazione di armi di distruzione di massa) e in cui sono dislocate le maggiori fonti energetiche mondiali (Asia Centrale e area del Golfo).

Benché certe aree del “continente giallo” siano in qualche misura già interessate da alcune iniziative della NATO (il già menzionato EAPC che coinvolge la Russia e le repubbliche centroasiatiche, l’ICI con i paesi del Golfo e la Partnership Globale con Giappone e Sud Corea), la parte più “pesante” dell’Asia (Cina e India) rimane tuttora scoperta.

In altre parole, il dialogo più interessante e di maggior potenziale successo deve essere ancora inventato: quello con la SCO, l’Organizzazione di Cooperazione di Shanghai, un settore che risulterebbe estremamente promettente.

Fondata nel 1996 come “I Cinque di Shanghai” (Russia, Cina e tre repubbliche centroasiatiche), si è trasformata in SCO nel 2001 rifacendosi al cosiddetto “spirito di Shanghai” (confidenza reciproca, relazioni di buon vicinato, cooperazione nei campi politico, economico, scientifico e culturale).

Il suo obiettivo è di contrastare i “tre mali”: terrorismo islamico, estremismo religioso e separatismo. Oggi i suoi paesi membri sono Russia, Cina, Kazakhstan, Uzbekistan, Kirghizstan e Tajikistan (dal 2007, anche il Turkmenistan, nonostante il suo status di “neutralità permanente” partecipa ai summit della SCO), mentre i paesi osservatori sono Mongolia, India, Pakistan e Iran. Inoltre, al vertice di Ekaterinburg del 2009 anche Sri Lanka e Bielorussia sono stati accettati quali “partner di dialogo”.

Fra il 2004 e il 2006 la SCO ha istituito importanti strutture come il Segretariato Generale a Pechino (2004), il RATS, Struttura regionale anti-terrorismo, a Tashkent nel 2004, il Gruppo di contatto SCO-Afghanistan nel 2004, il Consorzio interbancario per la promozione degli investimenti nel 2005, il Business Council (nel 2006) per la cooperazione economica e, nello stesso anno, il Forum SCO per la cooperazione scientifica fra i Centri Nazionali delle Ricerche dei paesi aderenti.

E’ importante sottolineare che questa organizzazione molto attiva e dinamica è costituita da due membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e al tempo stesso due importanti membri del G8 (Russia e Cina), due potenze nucleari fra i paesi membri (ancora Russia e Cina) e altre tre potenze nucleari fra i paesi osservatori, India, Pakistan e Iran, dal momento che il programma nucleare degli ayatollah sembra andare avanti, i due paesi più popolosi al mondo (Cina e India), le due maggiori economie emergenti (ancora India e Cina), tre dei quattro paesi del gruppo BRIC (Brasile, Russia, India e Cina), i maggiori consumatori di energia (Cina e India), una superficie di 38 milioni di chilometri quadrati e più di tre miliardi di abitanti (il 60% dell’intera popolazione mondiale). Ne risulta che una realtà come la SCO non può essere né sottovalutata né, peggio, ignorata.

Il motivo di un possibile ed auspicabile dialogo fra NATO e SCO, oltre al fatto che il dialogo è positivo e promettente per definizione, sta nel fatto che la SCO è diventata, a livello globale, una delle organizzazioni regionali più promettenti. E non si può dire che NATO e SCO abbiano poco in comune, perché l’appartenenza della Russia e delle repubbliche centroasiatiche all’EAPC dimostra l’esatto contrario. Da questo punto di vista, SCO e NATO hanno una vasta sovrapposizione territoriale.

Un dialogo fra le due organizzazioni, mentre non avrebbe alcuno svantaggio, produrrebbe molti vantaggi da parecchi punti di vista. Ce ne sarebbero di quelli a breve termine, dato che il dialogo aiuta a risolvere i problemi. Inoltre, ciò sarebbe coerente con la lettera e lo spirito del Capitolo VIII della Carta delle Nazioni Unite, che auspica la creazione di organizzazioni regionali e subregionali che si possano relazionare e sostenere reciprocamente, a tutto vantaggio della sicurezza. La conoscenza reciproca fra Est e Ovest, la trasparenza e la fiducia trarrebbero vantaggio da un simile dialogo. Altri vantaggi a breve-medio termine potrebbero stare nello scambio di informazioni sulle sfide comuni, locali o globali che siano, come il terrorismo e l’estremismo, nella prospettiva di migliorare la sicurezza eurasiatica. I vantaggi a lungo termine di questo dialogo potrebbero consistere nella possibile soluzione dell’antico problema della riforma del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, una soluzione che ha a che vedere più con le Organizzazioni regionali che con gli stati nazionali. Senza scendere in dettagli, esiste un chiaro trend nella geopolitica, secondo cui il ruolo dei paesi nazionali sta lentamente calando mentre quello delle Organizzazioni internazionali sta progressivamente crescendo. Lo stato nazionale, infatti, sta cercando di sopravvivere sotto la pressione della globalizzazione, ma non può evitare di cedere porzioni sempre maggiori di sovranità alle Organizzazioni internazionali, prova ne siano i mercati comuni, le zone di libero scambio, le monete uniche, la predominanza della legislazione comunitaria rispetto a quella nazionale, le forze militari multinazionali, e così via. In base a questo inevitabile trend, un giorno non lontanissimo le Organizzazioni internazionali potranno sostituire gli stati nazionali nell’ambito del Consiglio di Sicurezza.

Ulteriori vantaggi potrebbero consistere nello sviluppo di utili colloqui sulla riduzione degli armamenti convenzionali e nucleari del continente asiatico, sull’esempio dei colloqui che hanno aiutato a terminare la guerra fredda in Europa, nell’ottica di migliorare la sicurezza e la stabilità, che sono beni indivisibili. E’ pur vero che oggigiorno la SCO non tratta a fondo questo tipo di problemi, ma i vantaggi del dialogo in generale (e di quello fra NATO e SCO in particolare) sono imprevedibili, cosicché anche la sicurezza potrebbe entrare a farvi parte.

Un ultimo -ma non per importanza- vantaggio del dialogo NATO-SCO sarà la possibilità di contribuire ad un’adeguata soluzione della crisi afghana adottando un’efficace exit strategy da quel teatro.

Una volta avviato l’auspicabile dialogo fra NATO e SCO, quest’ultima potrebbe dare nuovo e decisivo impulso al suo Gruppo di Contatto sull’Afghanistan, contribuendo ad inserire quel martoriato paese nel sistema regionale dai punti di vista sociale, energetico ed economico. Non solo la Russia e la Cina, ma l’intera SCO ha un profondo interesse nell’ottenere stabilità nella regione che circonda l’Afghanistan.

Un segnale positivo è già arrivato dalla dichiarazione finale dell’ultimo vertice dell’Organizzazione di Shanghai, nella quale i suoi paesi membri hanno dichiarato di essere disponibili a collaborare con la NATO su progetti specifici di sicurezza dei confini afgani. E’ un segnale incoraggiante che va raccolto, perché una profonda e strutturata cooperazione fra l’Alleanza e la SCO è quel che ci vuole, fin da subito.