L’unico modo per apprezzare l’arte è essere presenti

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L’unico modo per apprezzare l’arte è essere presenti

22 Dicembre 2008

È finita da qualche giorno.  Non ci sono immagini a documentarla e resta solo nella memoria di chi l’ha vista. La mostra della giovane super star dell’arte Tino Sehgal, organizzata dalla Fondazione Nicola Trussardi ed ospitata presso Villa Reale di Milano, portava per la prima volta in Italia tutti insieme una selezione di sette tra i lavori più celebrati della sua produzione e una nuova opera appositamente pensata per la mostra. Con questa “retrospettiva” la Fondazione Trussardi continua il suo impegno nel presentare alcune delle fugure chiave dell’arte contemporanea in luoghi storici e simbolici della città di Milano.

Dopo aver “occupato” alcune location chiave come Galleria Vittorio Emanuele (Elmgren and Dragset, 2003), Palazzo della Ragione (Darren Almond, 2003), Piazza XXIV Maggio (Maurizio Cattelan, 2004), Palazzo dell’Arengario (Martin Creed, 2006) Arena Civica (Pawel Althamer, 2007), Palazzo Litta (Fischli & Weiss, 2008) e aver portato alla luce alcuni tesori architettonici nascosti come la Sala Reale della Stazione Centrale (John Bock, 2004), l’ Istituto dei Ciechi (Urs Fischer 2005), il Circolo Filologico Milanese (Anri Sala, 2005),  e i Vecchi Magazzini at Stazione Porta Genova (Paola Pivi 2006), per la prima volta porta un artista a dialogare con degli spazi già destinati alla presentazione di opere d’arte.

Villa Reale infatti ospita la Galleria d’arte Moderna della città di Milano e custodisce una collezione di capolavori del 19˚ e 20˚ secolo di artisti come Antonio Canova, Medardo Rosso, Giovanni Segantini, i Futuristi, Paul Cezanne e molti altri.

Questa magnifica architettura d’epoca napoleonica, che conserva ancora gli stucchi e le decorazioni originali, è stato per un mese il teatro dell’esibizione delle opere di Tino Sehgal.

Sehgal è uno degli artisti più radicali degli ultimi anni: la sua potrebbe essere definita un’arte senza oggetti in cui il pubblico viene messo di fronte a situazioni insolite e surreali interpretate da ballerini, attori che spesso interpretano il ruolo di guardie da museo.

Vedere una mostra di Tino Sehgal è l’unico modo per poter usufruire dei suoi lavori, perché così come non manda inviti, non emette comunicati stampa, non crea veri oggetti d’arte e comunque anche quando mette in scena le sue sculture viventi, non consente nemmeno che queste siano fotografate né documentate in altra maniera. Essere presenti quindi è l’unico modo per sperimentare le sue curatissime relazioni tra danza, teatro e arte. La visita alla mostra di Villa Reale è  stata una strana sequenza di incontri con persone in movimento impegnate in mosse surreali, impegnate in declamazioni di canzoni e pensieri o occupate in strip tease e in abbracci sensuali. Per realizzarle ha lavorato a lunghe sessioni di audizione, passando in rassegna oltre 300 uomini e donne, giovani, adulti e anziani, ballerini, comparse, cantanti professionisti e gente comune con formazione e esperienze diverse da cui ha selezionato i 70 attori delle sue opere. Il risultato è che per circa un mese questi interpreti si sono mimetizzati tra le guardie del museo e il pubblico, dando nuova vita anche alle opere della collezione esposta nella Villa.

Un esempio è This is Propaganda (2002) in cui, alla presenza di uno spettatore, una delle guardie del museo all’improvviso intona un’aria lirica che con le sue note melanconiche e ripetitive sembra diventare il commento perfetto dell’immagine della grande tela Il Quarto Stato (1901) di Giuseppe Pellizza da Volpedo. Lo stesso avviene in Instead of allowing some thing to rise up to your face dancing Bruce and Dan and other things (2000) che è una personale antologia dei gesti più celebri delle opere in video di artisti del recente passato come Bruce Nauman e Dan Graham, che si trasformano in una strascicata e lenta danza al pavimento. Una ballerina si contorce accanto a imponenti opere della storia dell’arte italiana come la Maddalena di Francesco Hayez (1834), e la Venere di Pompeo Marchesi (1855), e la piccola stanza che ospita opere dal solo soggetto femminile trasforma in reale la presenza dei corpi nello spazio.

Ma alla fine di tutto l’opera di Tino Sehgal è soprattutto una riflessione sul valore e sullo spazio dell’arte. Se ha scelto di sottrarre le sue opere a ogni tipo di documentazione e di riproduzione lo ha fatto per sottolineare a modo suo l’eccezionalità dell’esperienza diretta e fisica dell’arte. Un lavoro che vive in forma di tradizione orale, o come dice il curatore Massimiliano Gioni, “una leggenda” che a Milano arriva fino alla stramba messa in crisi della sua stessa operazione, quando con This is Critique (2008), l’ultima opera in mostra, provoca una lunga e animata discussione sulla propria attività: una critica a volte anche feroce sulle incongruenze di un lavoro che proprio dalle incongruenze prende spunto. Una critica serrata che toglie di fatto ogni possibilità di ulteriore attacco e quindi, paradossalmente non puo’ che generare la sua difesa.