L’Unione alle urne col pallottoliere in mano
11 Giugno 2007
La pesante flessione nell’affluenza alle urne farà più male alla destra o alla sinistra? Nel secondo caso – se cioè il capitombolo della maggioranza di governo dovesse essere confermato dai ballottaggi – sarà più agevole per i riformisti dare la colpa alla sinistra radicale, evocando la piazza vuota della manifestazione anti-Bush di lotta e di governo, o lo zoccolo massimalista dell’Unione avrà gioco facile a chieder conto della sconfitta agli alleati troppo “governativi” e poco “sociali”? E ancora. L’evidente scollamento dei partiti dai “movimenti” (e dal loro bacino elettorale di riferimento), la pessima gestione dell’affaire Visco e le imbarazzanti intercettazioni sul caso Unipol di cui proprio in queste ore stanno emergendo i contenuti, consentiranno alla sinistra di sopravvivere ad un eventuale tracollo?
In attesa dei risultati del secondo turno delle amministrative sono questi gli interrogativi che agitano l’Unione, sulla graticola per molteplici ed evidenti ragioni. I riflettori sono puntati sulla Provincia di Genova, la “roccaforte rossa” in cui per la sinistra già il solo fatto di dover affrontare il ballottaggio ha rappresentato uno smacco non indifferente. La vittoria del centrodestra potrebbe essere il colpo in grado di far suonare la campana a morto per Romano Prodi, anche se per delineare la sua strategia Silvio Berlusconi attende di conoscere anche i risultati definitivi nei 69 comuni dove nessun candidato l’ha spuntata al primo turno, per tirare la somma delle amministrazioni locali strappate al centrosinistra. Che, già si sa, non saranno poche.
L’intenzione di bussare alla porta del Quirinale c’è, anche se il Cavaliere sa bene che finché l’esecutivo sarà in grado di mettere insieme una pur traballante maggioranza parlamentare, non esisteranno i presupposti costituzionali per pretendere da Napolitano le elezioni anticipate. E’ evidente dunque che ogni margine di manovra risiede nella speranza di una implosione istituzionale nelle sedi rappresentative: obiettivo sempre più a portata di mano grazie ai veti incrociati fra i promessi sposi del Pd e la sinistra radicale, che dopo la debacle di sabato scorso non può più permettersi di arretrare di un millimetro sul fronte dell’intransigenza, e ha già dato appuntamento agli alleati per il Dpef e la riforma delle pensioni.
E’ con questo stato d’animo che le diverse e tormentate anime dell’Unione aspettano col pallottoliere in mano lo spoglio delle schede. Sperano che l’impennata dell’astensionismo colpisca il centrodestra, il cui elettorato è tradizionalmente meno affezionato alle urne, specie nelle competizioni amministrative. Ma temono, come qualche sondaggista non ha mancato di rilevare, che le turbolenze degli ultimi giorni possano aver provocato l’effetto esattamente contrario. In mancanza di candidati espressione delle aree più marginali dell’elettorato, essendo per loro natura i ballottaggi competizioni fra i due contendenti “maggioritari”, a disertare i seggi potrebbero essere proprio quegli stessi (ex?) simpatizzanti che sabato hanno lasciato che i leader della sinistra dell’Unione restassero con un palmo di naso a piazza del Popolo a gridare “con Prodi e contro Bush”. Oppure quegli elettori delusi che nei più recenti sondaggi hanno bocciato senza appello la gestione del caso Visco-Speciale da parte del governo. E’ invece difficile, per ragioni legate alla tempistica, che le intercettazioni del caso Unipol possano far sentire il loro contraccolpo già in fase di ballottaggio. Poco male: ci sarà tempo anche per questo.