L’Unione assolve Visco e condanna Speciale

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L’Unione assolve Visco e condanna Speciale

07 Giugno 2007

Il Senato vota l’ “amnistia” per Vincenzo Visco. O meglio, la maggioranza respinge la mozione del centrodestra con cui si chiedeva la testa del vice ministro, protagonista della brutta vicenda del caso Speciale. Alla fine l’Unione trova la compattezza necessaria, e i numeri, per fare quadrato intorno all’esponente diessino. D’altronde già nel corso della giornata di ieri, erano in pochi quelli che speravano in una nuova Caporetto parlamentare della sinistra. Che infatti, a tarda sera, ha respinto il documento anti-Visco del centrodestra con 160 no (158 senatori eletti più due a vita) contro 155 sì. Ma procediamo con ordine.  

Se l’esito della votazione era dato per scontato nei saloni di Palazzo Madama già dalla tarda mattinata, nessuno si aspettava un intervento così duro del ministro Padoa Schioppa. Personaggio generalmente posato, il titolare del Dicastero economico, intervenendo in Senato, doveva compiere una opaca difesa d’ufficio del suo subalterno. E invece no. Padoa Schioppa parte all’attacco. Dice che l’avvicendamento “di alcune posizioni di responsabilità della Guardia di Finanza” sollecitata da Visco al generale Speciale, non c’entrava nulla con le indagini su Unipol. Spiega che è stata motivata “dalla lunga permanenza (appena tredici mesi!, ndr) in loco di alcuni ufficiali ed in particolar modo in reparti operativi”. Parla inoltre di “informazioni arrivate al gabinetto del vice ministro da altre fonti interne al Corpo che riguardavano ulteriori dubbi sulla permanenza degli stessi ufficiali nella stessa sede – sia pure in diversi incarichi – per l’inevitabile cristallizzazione di amicizie e di conoscenze con ambienti dell’economia, della politica e dell’informazione in una sede particolarmente importante e delicata come Milano”.

Tutti motivi “legittimi” per cui, secondo Padoa Schioppa, il suo vice ha fatto bene “a far valutare l’opportunità di inserire anche questi ufficiali tra quelli da avvicendare”. Risultato? Nuove palate di fango sull’ex comandante generale della Guardia di Finanza e un salvagente a Visco, che ha riccamente evitato di farsi vedere in giro per tutto il corso del dibattito, lasciandosi processare, e poi assolvere, in contumacia.

La relazione del governo ha suscitato forti polemiche dall’opposizione. “Padoa-Schioppa ha detto cose offensive, è stato vergognoso. Anche se il dato politico è che il governo ottiene sempre la maggioranza. Non possiamo nasconderci dietro ad un dito”, ha detto Altero Matteoli, presidente dei senatori di An. “Se Speciale era pericoloso per il Paese, come lo si può mandare alla Corte dei Conti? Avete sacrificato un galantuomo”, ha aggiunto il capogruppo di Forza Italia Renato Schifani, parlando in aula.

Ma lo scontro, quello duro, doveva ancora arrivare. Quando gli orologi del Senato segnano pochi minuti alla mezzanotte, il presidente Marini mette in votazione gli ordini del giorno. Palazzo Madama si incarta su uno in particolare. E’ quello presentato dalla maggioranza, in cui, da un lato si esprime “condivisione per l’operato del governo”, ma dall’altro si manifesta anche “apprezzamento alla Guardia di Finanza”. Apriti cielo. Quest’ultima parte, secondo la minoranza, va preclusa, perché il Senato ha già votato contro l’ “apprezzamento” alla fiamme gialle in un odg precedente del centrodestra. Marini barcolla. Non è solo una questione lessicale, il dato politico. Il documento viene prima posto in votazione per intero. Poi il presidente del Senato ci ripensa. Toglie la parte preclusa e lascia che l’aula si esprima solo sulla condotta del governo. Il centrodestra insorge. Lo accusano di essere un “presidente di parte”. Eppure poco prima, dai banchi dell’opposizione, s’era alzato su un cartellone con la scritta: “Marini premier subito!”.