L’Unione europea potrà salvarsi solo arginando lo strapotere tedesco
04 Giugno 2012
Lo spread Btp-Bund ha superato sul finire della scorsa settimana il valore di 490 basis points, ed è molto probabile che nei prossimi giorni possa tranquillamente oltrepassare la soglia dei 500. Intanto, quello sui Bonos spagnoli ha toccato un nuovo massimo storico, avvicinandosi ai 550 basis points. Immediati gli effetti negativi sui rendimenti dei titoli di Stato, tutti in rialzo. Quello del Bot semestrale è lievitato sopra la soglia del 2%, quello del Btp quinquennale è salito al di sopra del 5,5% e quello del Btp decennale sopra al 6%.
Continua così l’aumento senza fine della nostra componente in conto interessi, ormai al di fuori di ogni controllo. Sarebbe interessante se il governo comunicasse di quanto questa è aumentata rispetto alle ultime previsioni contenute nella Def di Aprile e di quanto è diminuito il relativo saldo di bilancio, in attesa di un pareggio che, come Godot, non arriverà mai. Se il governo dovesse presentarsi davanti alle Camere, mostrando i dati sull’impatto che l’aumento di spread ha avuto sulla componente in conto interessi, ci sarebbero sicuramente delle sorprese molto negative.
La situazione è, sia dal punto di vista economico che da quello del bilancio pubblico, drammatica. Se soltanto un anno fa gli avversari di Berlusconi dipingevano scenari nefasti con spread a 200 basis points, cosa dovrebbero dire allora oggi, con lo spread quasi a 500? E non ci si attenda che questo cali a breve. I miracoli non fanno parte delle discipline economiche e non c’è ad oggi un solo motivo per credere che il differenziale con la Germania, che è prima di tutto economico, possa ridursi nel breve periodo. La situazione può solo peggiorare, dal momento che l’andamento dello spread italiano e spagnolo è diventato una variabile esogena, completamente al di fuori della capacità di controllo del governo nazionale. Soltanto gli investitori decidono a che prezzo comprare i titoli italiani e spagnoli e hanno deciso, razionalmente, che il prezzo da pagare deve essere alto, dato il rischio di un potenziale default, ormai non più un’utopia, dei due Stati.
Per queste motivazioni, le manovre di Monti risultano, col senno di poi, del tutto inutili, dal momento che l’ammontare di una manovra finanziaria ce lo giochiamo in un mese di rialzo di spread. Sembra quindi tragicomico il tentativo del governo di trovare nuovi spazi per imporre tasse, alzare di quel centesimo di euro l’accisa sulla benzina, tagliare di quel milione di euro la spesa di qualche ente pubblico. Sembra di vedere quell’uomo che tenta di evitare l’inondazione della propria casa mettendo il dito nel buco del muro, mentre attorno se ne aprono altri, a centinaia.
La verità è che l’approccio al risanamento basato sul deficit, che in finanza è un valore flusso, è fallito. L’estrema ratio può essere solamente un intervento incisivo sullo stock di debito, da realizzarsi attraverso la vendita del patrimonio immobiliare, o mediante un’operazione di swap, o con altre tecniche che il governo farebbe bene a trovare al più presto. L’altra alternativa è quella che la Banca Centrale Europea si metta a fare signoreggio del nostro debito, aumentando l’offerta di moneta in cambio dell’acquisto dei titoli di Stato italiani e spagnoli. Questa seconda soluzione dovrebbe essere concordata a livello politico e vedremmo sicuramente il veto della Germania, che da una politica monetaria come quella attuale si è servita per fare fuori tutti i suoi concorrenti europei. Questa operazione non necessariamente dovrebbe avvenire con una riforma dei trattati, relativamente alle norme che descrivono il funzionamento della politica monetaria della Bce; sarebbe sufficiente dare una corretta interpretazione al ruolo della Banca Centrale come controllore dei prezzi. Se è monetarista, e quindi liberista, la visione della politica monetaria che mira ad evitare che l’eccessiva offerta di moneta faccia aumentare il tasso di inflazione, altrettanto monetarista deve essere considerata la possibilità di immettere moneta per controllare i prezzi nei periodi di deflazione. I due interventi sono le due facce di una stessa medaglia. I prezzi si devono controllare sia quando sono troppo alti che quando sono troppo bassi. E’ bene che i banchieri tedeschi capiscano questa sottile differenza, rispetto all’idea sbagliata di monetarismo che da sempre li ha contraddistinti.
Non rimane più molto tempo. Se lo spread continuasse ad aumentare, si arriverà ad un livello di debito oltre il quale non si potrà più tenere fede agli impegni e l’unica soluzione possibile sarà allora quella del ripudio del debito. E’ persino superfluo ricordare come la ratifica del fiscal compact sia assolutamente sconsigliabile e che, al contrario, andare contro la visione tedesca diviene l’unica soluzione politicamente possibile, se si vuole uscire da questa crisi spaventosa. Ed è superfluo ricordare come storicamente ogni volta che l’Italia ha fatto da maggiordomo alla nazione tedesca ne è sempre uscita con le ossa rotte, mentre ogni volta che si è alleata con il mondo anglosassone e francese ha sempre vinto.
La Germania, infatti, non ha nessun interesse a modificare i trattati in un senso più favorevole alla crescita europea. Con un tasso di cambio implicito nettamente sottovalutato, con dei salari inferiori a quelli che dovrebbero essere, con dei rapporti commerciali e produttivi estremamente forti con le economie del Far East, soprattutto con la Cina, dove sono dislocate molte imprese tedesche, con la concorrenza europea che si riduce di anno in anno, perché le imprese degli altri stati falliscono a seguito delle politiche fiscali restrittive, la nazione tedesca si trova nel migliore dei mondi possibili. Se si vuole che l’Unione Europea rimanga in piedi, lo scontro inter-governativo diventa, a questo punto, inevitabile.