L’Unità prima esaltava il Muro, poi la sua caduta, e adesso l’ha dimenticato
11 Novembre 2009
“Dalle due di questa notte al confine di settore fra Berlino democratica e Berlino ovest sono stati istituiti i controlli che ogni stato sovrano pone alle proprie frontiere”. Inizia così l’articolo apparso sulla prima pagina de l’Unità del 14 agosto 1961, data in cui venne posto il primo mattone a quello che di lì a poco sarebbe diventato il muro della vergogna per eccellenza, il muro di Berlino.
A pochi giorni dalla commemorazione dei vent’anni dalla sua caduta, abbiamo rispolverato le prime pagine di uno dei giornali italiani che hanno fatto la storia, l’Unità, appunto. Lo abbiamo fatto per ricordare come venne descritta enfaticamente la giornata in cui si iniziava a costruire il muro e come, 28 anni dopo, lo stesso quotidiano abbia utilizzato toni molto diversi per descrivere la sua caduta. Senza mai – è bene evidenziarlo – tornare sui suoi passi o fare i conti con la Storia. Neanche al giorno d’oggi.
Facciamo un passo indietro. E’ il giorno prima di Ferragosto del 1961 e l’Unità titola in apertura e a caratteri cubitali: “Misure di sicurezza della RDT ai confini con Berlino Ovest”. Per il quotidiano del PCI le autorità della Germania Est attuavano delle semplici "misure di sicurezza" per contrastare gli “sforzi aggressivi del nemico” (la Germania Ovest). Tra le righe, un chiaro messaggio: le forze occidentali sono disprezzabili, le loro istituzioni sono finte e antidemocratiche (e per questo meritano le virgolette, come nel caso del “Senato” della Germania Occidentale), il muro non è nient’altro che una reazione “legittima” contro l’aggressione e la minaccia di Bonn.
Il quotidiano, che in quei giorni era diretto da Alfredo Reichlin, non usò mezzi termini per sostenere la decisione del “Consiglio dei ministri della Repubblica democratica”. Pomposo e pieno d’orgoglio, l’articolo firmato dall’inviato Giuseppe Conato spiegava che il muro era una misura necessaria a “stroncare le attività ostili delle forze revansciste e militariste della Germania occidentale e di Berlino ovest”, atti di “spionaggio, sobillazione e diversione che, profittando della anormale situazione della città, vengono condotti dalle centrali di Berlino ovest”.
Il giornalista descrive una Berlino in cui la situazione è calma. Ma solo nella RDT, perché nei settori occidentali invece “si notava una certa tensione”. Come a dire che i "compagni" sapevano che tutto era sotto controllo, che la scelta del muro era quella giusta. Il sottotitolo di un altro articolo al centro della prima pagina recita: “i circoli occidentali soffiano sul fuoco della provocazione”. E poco più sotto il pezzo continua “le legittime misure di sicurezza adottate dalla Repubblica democratica tedesca per proteggere i suoi confini occidentali (…) hanno suscitato nella Germania di Adenauer e nelle capitali occidentali immediate prese di posizioni e commenti che vanno da una ipocrita manifestazione di sorpresa e di preoccupazione, fino alla formulazione di aperte minacce e provocazioni”.
Il giornale pubblica anche la dichiarazione indirizzata dal Patto di Varsavia alla RDT per sancire l’alleanza in corso, un modo che il quotidiano utilizza per criticare le potenze occidentali che facevano “cattivo uso dell’attuale posizione del traffico sul confine di Berlino Ovest per sconvolgere l’economia della Repubblica democratica tedesca”. Ed è per questa ragione che verrà impedita l’entrata a Berlino Est “ai politicanti revanscisti e agli agenti del militarismo tedesco occidentale”. L’Unità cita anche le parole del Consiglio dei ministri della RDT: “una grave minaccia per la pace insita nella politica imperialistica e bellicista condotta da Bonn sotto la maschera dell’anticomunismo e con la tesi che ‘la seconda guerra mondiale non è ancora finita’”. Nel taglio basso, un articolo loda un incontro della stampa comunista italiana e francese a San Remi durante il quale viene osannato “l’avvento di una nuova società”.
Nel 1989, le cose stavano molto diversamente. Sempre su l’Unità, la caduta del muro – costruito per difendere i cittadini di Berlino Est dai ‘capitalisti’ della Germania Ovest – viene acclamata come “Il giorno più bello per l’Europa”. Renzo Foa – grande penna del giornalismo italiano che di lì ad un anno avrebbe preso le redini del quotidiano fondato da Antonio Gramsci – descrive una grande festa e “un momento che segna e cambia la Storia di una nazione e di un intero continente”. Non mancano gli elogi alla vittoria di un movimento popolare costituito da chi era sceso in piazza per rovesciare “uno dei bastioni del socialismo reale” e un “modello politico che è franato”. La parola democrazia viene declinata più volte e nei modi più diversi. Il messaggio trasmesso fra le righe è di vittoria e di rivincita, ma ad emergere è soprattutto “la voglia di ricominciare” e di “costruire un nuovo ordine in Europa”. Paolo Soldini, inviato del giornale a Berlino, descrive l’atmosfera di gioia che si respira in città: la speranza di un lungo cammino di cui si intravede un “approdo alla libertà e alla democrazia”, auspicando una nuova cultura che “chiede la libertà politica e cerca i valori della solidarietà”. In particolare, c’è l’invito a investire nel “rinnovamento di un partito che per tanti anni ha soffocato le speranze”.
Cos’è rimasto oggi, a vent’anni di distanza dalla caduta di quel muro? Basta guardare la prima pagina del quotidiano attualmente diretto da Concita De Gregorio per farcene un’idea. L’Unità ha dedicato nient’altro che un articolo a fondo pagina alla commemorazione della caduta del muro (“20 anni dal Muro. Viaggio virtuale tra sogni e nostalgie”), mentre “il papello” del premier Silvio Berlusconi si è guadagnato il (solito) paginone. Una data ormai considerata da tutti storica come l’89, sul quotidiano comunista viene relegata elegantemente nel taglio basso della pagina. Nessun titolo strillato che ricordi la fine del comunismo. Non c’è niente da imparare. Nulla da elogiare. Ma una lezione c’è, dietro tutta questa lunga storia: l’Unità continua ad andare avanti, senza mai guardarsi indietro.