L’Università che abbiamo. E quella che vorremmo
16 Agosto 2007
di redazione
Mi chiamo Francesca e ho iniziato l’università ormai quattro anni or sono. Potrei mettermi qui a spiegarvi come e perché ho scelto la facoltà che faccio e illustrarvi a menadito tutti i difetti che ha… L’ho fatto un sacco di volte in altre circostanze, ma non lo farò adesso.
Oggi preferisco raccontare qualcosa sulla mia esperienza universitaria in generale, lasciando cadere un velo di mistero sul mio corso di studi…
Quella che ho trovato è un’università un po’ stanca, piena di passaggi e spesso povera di segni vivaci. Noi studenti spesso ci spegniamo sui libri e non facciamo niente di pratico. La nostra cultura è fin troppo mnemonica e di raro apriamo discussioni. Insomma, un’impostazione di apprendimento spesso molto passiva.
Diversi professori lo hanno capito e hanno capito che così non va. E allora vengono in classe e provano a farci parlare, esortandoci ad esprimere anche delle opinioni su quanto ci propinano a lezione. Tra loro quelli più attenti hanno provato a dire: “Ma qui mancano i fondi per la ricerca e le iniziative pratiche, diavolo fate qualcosa!” Qualcuno, davvero molto coraggioso, ha addirittura ‘osato’ proporre di affiancare i fondi statali con sponsorizzazioni private. E praticamente lo hanno mangiato vivo. Sbranato e deriso da una marea di “conservatori” che se ne sono usciti con slogan del tipo