Lupi: “Servono contrattazioni al Nord e al Sud in base al costo della vita”
10 Agosto 2009
Bossi e Casini. Con la Lega c’è un’alleanza "forte e strategica", con l’Udc si può e si deve costruire, con patti chiari e in un percorso che non guarda solo alle regionali del prossimo anno. Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera e responsabile Organizzazione del Pdl legge la geografia politica che alla ripresa assumerà contorni più netti sul doppio binario del patto di ferro col Carroccio e sulle "condizioni" per avviare il confronto con gli ex alleati centristi. Ipotesi quest’ultima che proprio nel test elettorale per il rinnovo dei governi regionali avrà la sua "cartina di Tornasole", anche nella prospettiva del partito unico.
Presidente Lupi, il ministro Bondi considera l’alleanza con l’Udc cruciale non solo per le regionali ma per il sistema politico italiano. Qual è la sua opinione?
Abbiamo sempre pensato che la collocazione naturale dell’Udc fosse quella non solo nel centrodestra ma con il Pdl. Non è un caso che in Europa nel Ppe, Pdl e Udc sono parte integrante di un unico gruppo e la delegazione italiana è esattamente quella rappresentata da europarlamentari del nostro partito e dagli eletti nelle liste Udc. Quindi sul piano della sintonia politica e della proposta di prospettiva credo abbia ragione Bondi: sarebbe totalmente innaturale un collocamento dell’Udc con la sinistra o con esperienze come quelle in Puglia.
Resta il fatto che Casini per ora tiene aperte le porte sia a Pdl che a Pd.
Conoscendo Casini, il problema non può essere solo la fantomatica chimera di fare il nuovo Prodi del centrosinistra. Noi non dobbiamo dare alibi nè giustificazioni affinchè l’Udc possa orientarsi verso la sinistra, bensì creare le condizioni politiche perchè col partito di Casini si possa avviare un lavoro comune che peraltro portiamo già avanti in tantissime realtà locali e proiettarlo nella prospettiva di un grande partito unico.
Cosa vi unisce e cosa vi separa da Casini?
Ci sono molti punti di contatto. La Carta dei valori del Pdl l’Udc la potrebbe sottoscrivere adesso anche perchè per la maggiorparte ricalca quella del Ppe e da questo punto di vista non mi sembra che esista una distinzione di fondo su ideali e valori in una prospettiva politica comune.
E i punti di distanza?
Credo siano individuabili in un progetto politico che per noi vede nell’alleanza con Bossi e la Lega lombarda, per quanto riguarda la mia regione, un elemento fondamentale e strategico. Il Pdl è un grande partito nazionale, come certificato dagli elettori, il primo in tutte le regioni tranne Emilia e Toscana; un partito come il nostro deve poter avere ed ha avuto, l’intuizione di un’alleanza politica con una forza territoriale radicata che dà un valore aggiunto al progetto che stiamo portando avanti. La lettura che la sinistra ma anche Casini continuano a fare di un Pdl sotto scacco della Lega è sbagliata.
Perchè?
Non è così. Noi siamo un grande partito moderato e come tale in grado di valorizzare l’alleanza con una forza territoriale e renderla fondamentale in un progetto politico di respiro nazionale. Ma c’è un altro punto di divisione rispetto all’Udc…
Quale?
Da parte nostra una visione forse meno statalista, meno corporativa rispetto alla posizione dell’Udc che essendo radicata soprattutto in certe aree come al Sud tende a difendere il consenso del proprio elettorato.
Lei dice che occorre creare condizioni per un’intesa con l’Udc. Tuttavia alle amministrative di giugno l’Udc ha seguito la politica dei due forni, siglando accordi col Pdl ma anche col Pd. Secondo lei alle regionali come e su quali basi è possibile un percorso comune con Casini?
Alle prossime regionali non può essere utilizzata la politica dei due forni. Non siamo in presenza di un sistema elettorale a doppio turno così come non lo è quello per le politiche, pertando si deve necessariamente scegliere da che parte stare. L’Udc, legittimamente, può decidere di continuare a correre da sola, ovvero senza alcuna alleanza e in quel caso sarebbe una scelta di testimonianza dal punto di vista della propria posizione politica che vedrebbe automaticamente e per il sistema elettorale col quale si vota, il partito di Casini fuori dalle giunte regionali. L’alternativa a questo scenario è che l’Udc decida in una logica e in una prospettiva di alleanza ma matendendo una coerenza con i propri ideali e valori che non possono essere quelli della sinistra.
Tuttavia Casini rivendica il modello Brindisi come esperienza applicabile anche alle prossime regionali. Lei cosa ne pensa?
Il modello Brindisi non tiene alle regionali nel senso che può andar bene per le comunali o le provinciali che hanno il doppio turno e sono elezioni caratterizzate da una forte connotazione territoriale dove molto si gioca sul profilo del candidato che poi dovrà amministrare l’ente locale. La Regione, invece, per sua natura, per dimensioni territoriali e numero di elettori ha una connotazione ben diversa. Essendo un’istituzione che legifera, più che sulla persona che viene candidata è fondamentale la proposta politica. E quando si fanno le leggi queste si devono ispirare a valori ben precisi e fondanti, penso ad esempio alla famiglia, alla sussidiarietà, alla libertà: queste sono scelte che alla fine in un sistema legislativo regionale e nazionale contano e contano moltissimo. Per questo ha ragione Bondi quando dice che il Pdl proprio per la forza della sua proposta e del suo posizionamento politico deve assumere una linea chiara e netta con l’Udc. Non solo porte aperte, ma dialogo su un progetto. Questo non è corteggiamento ma disponibilità al confronto, poi starà all’Udc fare la sua scelta.
Torniamo alla Lega. Dalle bandiere alla questione dei dialetti, in questi ultimi giorni l’opposizione ha rilanciato il tema di un Pdl subalterno ai diktat della Lega. Cosa risponde?
Non è affatto così. Venendo da una regione come la Lombardia e amministrando una città come Milano posso testimoniare che il rapporto con la Lega è da sempre molto chiaro e forte. Credo che parlare di diktat sia una lettura molto riduttiva che dà l’opposizione. Non credo si possa parlare di subalternità del Pdl alla Lega anche perchè questa subalternità non c’è nei numeri che abbiamo. In una coalizione come la nostra il peso del Pdl è e resta determinante avendo noi il 35 per cento dei consensi nel paese. Il punto è che quella con la Lega non è un’alleanza forzosa ma un rapporto leale e coerente, con la disponibilità ad arricchirsi vicendevolmente. Al di là di alcune boutade o di temi che possono essere riconducibili ad una questione di identità e di linguaggio politico attraverso il quale ci si rivolge al proprio elettorato, alla base c’è un’alleanza seria e forte su un progetto all’interno del quale certe espressioni vengono moderate e assimilate nella loro parte positiva trasformandola in un quid che arricchisce la forza della coalizione e della proposta. L’opposizione attacca perchè non ha mai partecipato ad un’alleanza di governo che non fosse forzosa bensì basata su identità e valori comuni. Fa bene la Lega a porre i suoi temi, fa altrettanto bene il presidente Berlusconi a considerarli e temperarli dentro il progetto politico e di governo.
Un esempio?
Adesso si fa un gran parlare delle gabbie salariali. Ma al di là della terminologia, si tratta di una questione seria che chi vive al Nord conosce bene e non da ora. E’ un tema che va affrontato con le parti sociali, ma muove da un problema reale. L’opposizione ha detto che Berlusconi vuole fare le gabbie salariali con una legge; non è vero, è solo l’ennesima strumentalizzazione. Il tema vero da porre nel confronto con sindacati e Confindustria riguarda la possibilità di una contrattazione locale, ovvero una rimodulazione in base al luogo e al costo della vita. E mentre si alza un polverone su una questione seria, nessuno si è accorto che sulla proposta di un piano Marshall per il Sud avanzata da Tremonti e Berlusconi, Bossi si è subito espresso a favore. Se si guardasse alle posizioni politiche degli altri oggettivamente e senza pregiudizio, si capirebbe immediatamente che la posizione della Lega oggi è ben diversa dallo slogan "Roma ladrona" del passato. Se poi la Lega dice ok al piano per il Meridione purchè non si sprechino più risorse come accaduto in passato, credo sia esattamente la stessa cosa, ragionevole e di buon senso, che pensa la gente al Sud, al Nord e al Centro.
Torniamo alle regionali. Bossi ha detto che la Lega è interessata alla presidenza della Lombardia. Berlusconi ha definito Formigoni "presidente a vita" ma alla fine il candidato sarà del Pdl o del Carroccio?
Formigoni sarà il prossimo candidato alla presidenza della Lombardia. Nella mia regione Pdl e Lega viaggiano all’unisono, basti pensare che solo pochi mesi fa abbiamo scelto insieme candidati alle amministrative in tutt’Italia senza problemi o litigi. La stessa cosa accadrà per le regionali. Giustamente in questa fase ciascuno chiede quello che può chiedere; detto questo, scommetto a occhi chiusi che il prossimo presidente della Lombardia sarà Formigoni.
Quali priorità metterebbe nell’agenda del governo e del parlamento alla ripresa dell’attività politica?
Grazie a Dio le priorità dell’agenda politica sono dettate dalla realtà e non dai dibattiti estivi o da chissà quali chimere che vede l’opposizione. Il grande tema resterà l’attenzione sulla ripresa economica, con una tutela sempre attenta attraverso gli ammortizzatori sociali a quanti dovessero perdere il lavoro. C’è poi l’impegno che il governo ha già dimostrato per le piccole e medie imprese; oltre a questo credo dovrà esserci un’attenzione molto forte sulla famiglia che si conferma il primo grande ammortizzatore sociale del paese. L’attuazione della riforma universitaria e della scuola è l’altro punto importante sul quale andremo avanti, accanto al tema delle infrastrutture e alla questione meridionale.
E le priorità del parlamento?
Ritengo prioritaria l’approvazione della legge sul testamento biologico che non stravolga il testo uscito dal Senato.
Sì, ma il presidente Fini non sembra entusiasta del testo licenziato da Palazzo Madama.
Sono convinto che nella libertà e nel rispetto di tutte le posizioni il presidente Fini faccia bene a esprimere le sue perplessità così come sono certo che Fini nel suo ruolo di presidente della Camera non farà nulla, come peraltro ha dimostrato con una posizione saggia e responsabile, per ostacolare l’iter di una legge che conferma la lacità del parlamento. L’altro tema importante è un dibattito serio e approfondito in parlamento e con il governo, senza alcuna guerra di religione, sulla questione della pillola abortiva. Ha fatto bene Gasparri a porre la necessità di capire e di conoscere. Così come c’è un’indagine conoscitiva sullo stato di attuazione della legge 194, credo sia un dovere del parlamento affrontare la questione della RU 486, non solo dei medici o dei tecnici.