L’Urss, De Gasperi  e la svolta del ’47

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L’Urss, De Gasperi e la svolta del ’47

In occasione della presentazione del numero di «Ventunesimo secolo» dedicato alle origini della guerra fredda,  l’11 maggio, presso l’IMT di Lucca, studiosi ed esperti di fama internazionale si sono confrontati dando vita a un interessante dibattito. Tre sono stati gli argomenti intorno ai quali è ruotata la discussione: in primo luogo il rinnovamento storiografico reso possibile dall’apertura degli archivi dell’ex Unione Sovietica e dei “paesi satelliti”; in secondo luogo il ridimensionamento del ruolo degli Stati Uniti sulle scelte strategiche del governo italiano; e, infine, il peso della leadership degasperiana negli equilibri interni alla Democrazia cristiana e nel rapporto con le altre forze politiche.

Se fino all’inizio degli anni Novanta gli studi sulla guerra fredda si basavano su una documentazione proveniente principalmente da archivi americani e anglosassoni, la disponibilità delle fonti dell’ex Unione Sovietica, ha modificato paradigmi interpretativi consolidati, ponendo le premesse per una diversa lettura della storia italiana di quegli anni. I contributi presenti nel numero dimostrano, infatti, come Mosca abbia fortemente condizionato la linea politica del Pci, fino al 1947 partito di governo, spingendo De Gasperi a far prevalere all’interno del suo partito la decisione di porre fine alla stagione di collaborazione con le sinistre. Due le principali ragioni che influenzarono la scelta del leader trentino: in chiave interna il rischio concreto che la politica sovietica spingesse il Pci a “dare una spallata” al governo, sia attraverso un’offensiva parlamentare, sia attraverso una mobilitazione di massa; in chiave esterna il raggiungimento della stabilità politica come condizione per ottenere aiuti economici americani, necessari e per nulla scontati all’inizio della guerra fredda.

Alla luce di questo nuovo quadro lo snodo del 1947 viene reinterpretato anche rispetto al legame con gli Stati Uniti: laddove fino ad oggi la storiografia ha sottolineato come l’estromissione delle sinistre dal governo sia stata il prezzo da pagare per l’ingresso dell’Italia nel Patto Atlantico, la rivista mette in luce il prevalere delle ragioni interne sui condizionamenti internazionali. In questa diversa prospettiva muta anche il peso attribuito alla leadership degasperiana. Le scelte del 1947 diventano, in altri termini, frutto della costante opera di mediazione che il presidente del Consiglio esercita nelle file della Democrazia cristiana, nel rapporto della Dc con gli altri partiti e nelle relazioni con gli Stati Uniti. Mediazione che viene costruita soprattutto intorno alla soluzione della questione economica: l’urgenza di affrontare l’inflazione e lo stato della finanza pubblica determina una progressiva apertura tecnocratica messa in atto attraverso il coinvolgimento nell’area di governo dei cosiddetti esponenti del “quarto partito”, favorendo una graduale convergenza dei partiti laici sull’impostazione della politica economica. Allo stesso tempo la necessità del risanamento si traduce in una accettazione della svolta “liberista” anche da parte della sinistra della Democrazia cristiana, più sensibile alle istanze riformiste e, di conseguenza, meno propensa ad accettare la conclusione della coabitazione con le sinistre. Anche rispetto ai rapporti con gli Stati Uniti la mediazione di De Gasperi diede i suoi frutti: offrì all’America garanzie sulla tenuta democratica del sistema, nella convinzione che tale investimento avrebbe rafforzato le ancora deboli basi della democrazia italiana.