M.O. Lieberman: “La comunità internazionale non parli per slogan”

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M.O. Lieberman: “La comunità internazionale non parli per slogan”

24 Aprile 2009

La comunità internazionale deve "smettere di parlare per slogan" se veramente vuole contribuire a portare stabilità in Medio Oriente. È quanto ha dichiarato il ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Liberman, al Jerusalem Post, nella prima intervista concessa alla stampa del suo paese da quando ha assunto l’incarico di governo.

"Nelle ultime due settimane ho avuto molti colloqui con colleghi di tutto il mondo", ha spiegato il ministro ricordando i recenti incontri con i rappresentanti di Germania, Cina e Repubblica Ceca. "Tutti parlano come fossimo in una campagna: occupazione, insediamenti, coloni…", ha affermato.

A suo giudizio, "slogan" come questi o come "terra per la pace" e "soluzione dei due Stati" sono semplicistici e prescindono dalle cause reali del conflitto in corso. A suo giudizio, la questione palestinese è "a un punto morto" nonostante l’impegno del governo israeliano: "Israele ha dato prova delle sue buone intenzioni, il nostro desiderio è la pace", ha affermato. Le priorità a questo punto, secondo il leader di Israel Beiteinu, sono la sicurezza per Israele, la crescita economica per i palestinesi e la stabilità per entrambi i popoli.

"Economia, sicurezza e stabilità – ha affermato – È impossibile imporre artificialmente una soluzione politica, fallirebbe sicuramente. Non si può cominciare un processo di pace dal nulla, bisogna creare la situazione giusta, il focus giusto, le condizioni giuste". Lieberman ha quindi annunciato che il governo porterà a termine una revisione completa della sua politica estera nelle prossime due settimane e la annuncerà in occasione dell’incontro alla Casa Bianca tra il presidente Usa Barack Obama e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

Nella sua lunga intervista, che sarà pubblicata integralmente su un numero speciale del ‘J. Post’ martedì, il ministro non ha voluto commentare l’idea che la soluzione della questione mediorientale risieda nella nascita di uno Stato palestinese al fianco di quello israeliano, ma ha ribadito le dichiarazioni Netanyahu, secondo il quale l’esecutivo dello Stato ebraico non intende governare sui palestinesi.

Ha inoltre ribadito, come affermato più volte nei giorni scorsi, che il "diritto di ritorno" dei rifugiati palestinesi e dei loro discendenti non sarà mai la base per un negoziato. "È fuori discussione, non voglio neanche parlare del diritto al ritorno, neppure di un singolo rifugiato", ha affermato. Lieberman ha poi spiegato di non considerare il riconoscimento di Israele come uno Stato ebraico da parte dei palestinesi come una precondizione al negoziato. "Non vogliamo silurare il processo – ha detto – ma chi veramente vuole una soluzione, chi veramente desidera la pace e un accordo, non può non riconoscere che questi risultati sono impossibili senza il riconoscimento di Israele come Stato ebraico".

Il ministro degli Esteri ha quindi confermato che il suo governo non intende dialogare con Hamas, che è un movimento che andrebbe "soffocato", e ha affermato che la vera ragione della gravità del conflitto, "cominciato come un conflitto nazionale", è che "oggi si è trasformato in un conflitto religioso, influenzato da attori non razionali, come al-Qaeda". Il vero ostacolo a una soluzione, ha quindi affermato, "non è Israele, non sono i palestinesi, ma l’Iran".

Secondo Lieberman, la responsabilità di fermare la corsa al nucleare di Teheran non spetta a Israele, ma alla comunità internazionale, primi tra tutti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza Onu. Il ministro ha quindi affermato che sanzioni economiche più pesanti portrebbero portare a buoni risultati e di "non voler neanche immaginare le conseguenze di una folle corsa al nucleare nella regione". "È impossibile risolvere alcuna questione regionale senza risolvere il problema iraniano", ha quindi aggiunto, riferendosi al Libano, alla Siria, al problema degli estremisti in Egitto, alla Striscia di Gaza e all’Iraq. Ha comunque smentito che la soluzione del problema iraniano sia per Israele una precondizione a nuovi passi con i palestinesi.

"Dobbiamo cominciare con la questione palestinese – ha detto – perché è nostro interesse risolvere questo problema. Ma non bisogna farsi illusioni: per raggiungere un accordo, la fine del conflitto, senza più spargimento di sangue, terrorismo o rivendicazioni, bisogna prima pensare all’Iran". Parlando poi della Siria – che ha accusato di avere "profondi legami" con l’Iran – Lieberman ha affermato di non avere pregiudizi per una ripresa dei colloqui indiretti. "Ma non vediamo alcuna buona volontà da parte siriana – ha precisato – solo minacce, come ‘Se non siete pronti al negoziato, ci riprenderemo il Golan con un’azione militare’ ". A una domanda sul rischio di passare come politico estremista agli occhi della comunità internazionale, il ministro ha risposto ironicamente: "Così è più facile per me sorprenderli". E sulle sue controparti internazionali ha precisato: "Mi rispettano, capiscono che dico quello che penso e io penso ogni singola parola che dico". Infine Lieberman si è detto certo che arriverà alla fine del suo mandato di ministro degli Esteri, nonostante le indagini per corrusione che lo vedono coinvolto.