M.O. Obama: “Con Israele legami indistruttibili”. E Netanyahu: “Pronti alla pace”
06 Luglio 2010
di redazione
"I legami con Israele sono indistruttibili". Ad affermarlo il presidente Usa Barack Obama affiancato dal premier Benyamin Netanyahu.
Incontrando i giornalisti a margine dell’incontro con il suo omologo israeliano, il capo della Casa Bianca ha assicurato che i negoziati indiretti tra israeliani e palestinesi sfoceranno alla fine fine in negoziati diretti e che gli Stati Uniti manterranno la pressione sull’Iran. Dal canto suo, Netanyahu ha ribadito che Israele è pronto a far molto per la pace.
Recuperare la fiducia di Barack Obama. È l’obiettivo della visita a Washington del premier israeliano secondo il quotidiano Haaretz. Citando un’autorevole fonte governativa, il giornale sostiene che Netanyahu presenterà al presidente Usa "una serie di proposte" relative al processo di pace con i palestinesi per ricostruire un rapporto condizionato da costanti tensioni sugli insediamenti in Cisgiordania.
Haaretz definisce “molto basso” il livello di fiducia reciproca tra i due leader, con Obama dubbioso sulla reale volontà del primo ministro israeliano di riavviare i negoziati di pace e Netanyahu poco convinto che gli Stati Uniti intendano impegnarsi seriamente per mantenere il rapporto tra i due paesi ai livelli tradizionali. Il premier lunedì ha convocato i ministri del Likud per illustrare i propri piani volti a passare dai cosiddetti “proximity talks” con i palestinesi a negoziati diretti. Un approccio che dovrebbe soddisfare Obama, preoccupato di scongiurare nuovi incidenti diplomatici come lo sgarbo fatto al suo vice Joe Biden, che a marzo fu accolto in Israele dall’annuncio della costruzione di centinaia di nuove abitazioni a Gerusalemme est.
Per favorire un buon clima durante l’incontro, la first lady Michelle Obama ha anche invitato alla Casa Bianca la moglie di Netanyahu, Sara. Un invito definito “inusuale” e certamente indirizzato a cementare il difficile rapporto tra i due leader. Rapporto che mette in difficoltà entrambi: da un lato Netanyahu viene contestato in Israele perché non terrebbe in giusto conto le esigenze degli americani; dall’altra, negli Stati Uniti sono molti coloro che ancora nutrono dubbi sull’effettiva fedeltà di Obama all’alleanza con lo Stato ebraico.
Le premesse sembrano migliori rispetto all’ultimo incontro tra i due. Alla fine del vertice, ad esempio, è prevista una conferenza stampa congiunta, non contemplata dopo il colloquio di marzo. Lo stesso fatto che Netanyahu ipotizzi la riapertura di negoziati diretti con i palestinesi, poi, appare una mossa volta proprio a riaprire un positivo canale di comunicazione con Washington. Al di là del rapporto tra Stati Uniti e Israele, a occupare un posto di rilievo nel colloquio tra Obama e Netanyahu sarà la Turchia. Ankara ha minacciato la rottura delle relazioni diplomatiche con Tel Aviv dopo il rifiuto israeliano di scusarsi per il raid contro la Freedom Flotilla del 31 maggio e di accettare un’inchiesta internazionale indipendente sull’accaduto. Una situazione che sta mutando sensibilmente gli equilibri nel Medio Oriente e all’interno del sistema di alleanze americano, al punto che il presidente siriano Bashar al-Assad proprio per questo motivo ieri ha parlato di “incrementati rischi di guerra” nello scenario della regione.