M.O. Piano di pace di Obama. Netanyahu: “Sì ai colloqui di pace con la Siria”

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M.O. Piano di pace di Obama. Netanyahu: “Sì ai colloqui di pace con la Siria”

20 Maggio 2009

"Israele è pronto a riprendere immediatamente e senza condizioni i colloqui di pace con la Siria". Ad assicurarlo è stato il premier Benyamin Netanyahu, al suo ritorno a Tel Aviv dopo la visita negli Stati Uniti dove ha incontrato il presidente americano Barack Obama. "C’è stato un accordo sul fatto che dobbiamo immediatamente lanciare colloqui di pace – ha detto il primo ministro, parlando con i giornalisti all’aeroporto Ben-Gurion -. Ho detto che sono pronto ad aprire immediatamente colloqui di pace con i palestinesi come con i siriani, naturalmente senza precondizioni". Tuttavia, ha sottolineato Netanyahu, "ho chiarito che ogni accordo di pace deve trovare una soluzione alle necessità di sicurezza israeliane".

Le dichiarazioni proprio nello stesso giorno in cui la stampa israeliana ha pubblicato i primi dettagli del piano di pace di Obama, citando fra l’altro informazioni apparse sul quotidiano al-Quds al-Arabi (che finora non hanno peraltro conferma ufficiale). Il prossimo 4 giugno al Cairo il presidente degli Stati Uniti Barack Obama illustrerà la propria iniziativa di pace, elaborata assieme con re Abdallah di Giordania e basata sull’iniziativa di pace saudita del 2002.

Secondo le indiscrezioni, il piano prevede la costituzione di uno stato palestinese indipendente, democratico e smilitarizzato, dotato di continuità territoriale fra Cisgiordania e Gaza (grazie anche a modifiche di confine) e con Gerusalemme est per capitale. Nella Città vecchia di Gerusalemme – dove sono concentrati luoghi santi importanti alle tre religioni monoteistiche – sventolerebbe la bandiera delle Nazioni Unite.

Da parte sua il mondo arabo procederebbe alla normalizzazione delle relazioni con Israele. Lo Stato ebraico aprirebbe prima "uffici di interesse" e poi rappresentanze diplomatiche in ogni capitale araba e turisti israeliani avrebbero in quei Paesi piena libertà di movimento. Il piano prevede inoltre negoziati di pace paralleli anche fra Israele da un lato e Libano e Siria dall’altro. Ai profughi palestinesi verrebbe infine offerta la scelta se restare nei Paesi dove risiedono attualmente, ricevendone la cittadinanza, oppure rientrare nel nuovo stato palestinese.

Alla notizia, il ministro per le infrastrutture nazionali Uzi Landau (appartenente al Likud) ha dichiarato che "si tratta di un progetto ben confezionato, ma vuoto di sostanza e che non ha alcuna probabilità di essere realizzato". In particolare Landau ha messo in dubbio che si possa garantire che il futuro stato palestinese sarà smilitarizzato: "Abbiamo visto, dopo il nostro ritiro da Gaza, come Hamas ha subito provveduto a creare una milizia e ad armarsi. Lo stesso accadrebbe in Cisgiordania, se ci fosse un nostro ritiro. Il futuro stato palestinese entrerebbe di fatto nell’orbita iraniana".

Positivo invece il primo commento dell’ex ministro della difesa Amir Peretz (laburista) secondo cui Israele deve assecondare i piani di Obama e mettere la leadership palestinese alla prova. Scettico invece il tono del quotidiano Israel ha-Yom, vicino al Likud, secondo cui già ai primi di giugno l’Iran registrerà due successi significativi: con la prevedibile vittoria elettorale degli Hezbollah in Libano e con il completamento del secondo anno di governo di Hamas a Gaza.