M5s, pioggia di ricorsi e le casse di Grillo piangono
17 Luglio 2016
La VII Sezione civile del Tribunale di Napoli, accogliendo la richiesta di sospensiva del provvedimento contro 23 esponenti M5S partenopei (rei di aver costituito un gruppo su Facebook) ha decretato: “il diritto politico a non essere escluso senza un grave motivo”. Il collegio giudicante ha ritenuto che fosse stato leso il diritto fondamentale alla libera associazione.
I giudici si sono espressi anche sulle modalità dell’esclusione: i provvedimenti di espulsione sono stati illegittimi perché a decidere doveva essere l’assemblea degli associati, non lo staff Grillo. Il meccanismo della doppia mail (una per la sospensione, una per l’espulsione) non ha, così, più valore.
Per il Movimento, infatti, oltre a dover pagare il fastidio di veder rientrare tra le sue file persone considerate delatori interni, si è presentato un altro conto: c’è il rischio che l’affaire espulsioni sia un vero e proprio salasso per le casse del Movimento tra rimborsi per le spese legali sostenute dai ricorrenti e risarcimenti danni vari.
Ma rischia di rimetterci denare personalmente anche Beppe Grillo. Quest’ultimo si era macchiato della colpa di aver definito i tre ricorrenti di Roma, tutti riammessi dal Tribunale, ‘sporchi dentro’. Addirittura all’Auditorium della Conciliazione, nel corso del suo spettacolo, Grillo parlò di uno dei tre ricorrenti romani come ‘un negazionista che diceva che Auschwitz era un bed and breakfast’.
Le richieste di risarcimento, oltre alle spese legali, costerebbero ai 5 Stelle dalle migliaia o alle decine di migliaia l’una. Ma a chi toccherebbe pagare i conti? A questo punto entrano in gioco le due associazioni (una sorta nel 2009 e l’altra nel dicembre 2012) che regolano la vita del M5S. Se a pagare, come nel caso dei primi ricorsi nella capitale, fosse l’’Associazione Movimento 5 Stelle‘ con sede a Genova, fondata pochi mesi prima delle Politiche e titolare del simbolo pentastellato, allora le spese teoricamente potrebbero ricadere sulle spalle del rappresentante legale, ossia Beppe Grillo.
Se invece i conti dovessero toccare all’altra associazione, quella per intenderci creata nel 2009, allora potrebbe accadere l’impensabile: i ricorrenti potrebbero anche rivalersi attingendo i loro crediti dai 42 milioni di euro di rimborsi elettorali che il M5S non ha mai incassato.