
Ma al Pd conviene davvero allearsi con la Bonino?

03 Gennaio 2018
“Andiamo da soli”, è la minaccia rivolta al Pd da Emma Bonino con la sua lista. Che peraltro non è la lista del Partito Radicale, quello dei seguaci di Marco Pannella, che, fedeli alle indicazioni del leader storico scomparso, non si presenteranno alle elezioni. Emma invece sì, Emma vuole una poltrona da senatrice, l’ennesima della sua lunga carriera: mai è rimasta così a lungo senza una carica prestigiosa, ed evidentemente il ruolo di ambasciatrice all’estero della Milano di Sala non lo ritiene abbastanza appagante. La sua lista, “+Europa” dovrebbe coprire a sinistra il Pd di Renzi, non solo sul fronte di aborto, eutanasia, matrimonio gay, dove Renzi ha già dimostrato di sapersela cavare da solo, ma soprattutto su quello dell’immigrazione e della cittadinanza per tutti, l’ultima battaglia di cui la Bonino si è fatta campionessa. Inoltre, aggregare lo spezzone radicale con Bonino, Magi, Cappato e Della Vedova (tornato recentemente all’origine dopo essere stato berlusconiano, finiano e montiano), maschera l’isolamento renziano, e aiuta a dare l’idea che anche a sinistra ci sia una coalizione.
Ma qualcosa non ha funzionato. Pannella era un vero esperto della trattativa, e ha sempre ottenuto quello che voleva, ma Bonino, che cerca di seguire le sue orme, non ha la sua geniale capacità di spiazzare i potenziali alleati. Il nodo della lite è la legge elettorale, e la necessità di raccogliere un consistente numero di firme per presentare le proprie liste. Benché, sempre su pressione di Bonino, tale numero sia già stato ridotto a un quarto della cifra iniziale (400 per ognuno dei 63 collegi), quelli di “+Europa” lamentano che non ce la fanno. Il Pd ha già detto che li aiuterà, ma i tempi li decide lui. Senza entrare nei dettagli tecnici, i piddini sono disposti a dare una mano ma dopo aver sostanzialmente deciso le candidature, e aver ufficializzato la coalizione.
Lo spazio temporale è di otto giorni, dal 21 gennaio al 29: in questo modo sarebbe annullato ogni margine di trattativa per “+Europa”, che dipenderebbe completamente, in pratica, dall’alleato. Per essere chiari, il Pd, grazie all’incapacità di Bonino & company di raccogliere autonomamente le firme (e va detto che effettivamente la legge nel merito ha delle incongruenze) ha il coltello dalla parte del manico nella trattativa sui collegi, e non vuole certo rinunciarci. Da qui la minaccia di “+Europa” di andare da soli; minaccia sfiatata, però, dopo aver gridato ai quattro venti di non riuscire a raccogliere le firme in proprio, e di aver bisogno dell’aiuto piddino.
Ma forse c’è dell’altro. Forse c’è anche l’idea che, se l’alleanza non andasse in porto, il danno sarebbe minimo, e sarebbe più un danno di immagine che una perdita di voti. Dopo aver votato le unioni civili e il testamento biologico, infatti, Renzi ha dimostrato di essere più radicale dei vari Bonino, Della Vedova, Cappato, ecc., e quei voti se li è davvero guadagnati: probabilmente, pensano al Nazareno, se “+Europa” non si presentasse i suoi voti il Pd li prenderebbe lo stesso. Se poi la lista Bonino non dovesse raggiungere la fatidica quota dell’uno per cento, quei consensi andrebbero addirittura dispersi.
Un Pd in crisi di posti disponibili (circa la metà degli attuali eletti dovrà restare a casa) non può permettersi, oggi, di cedere con troppa facilità collegi “buoni”, sottraendo posti ai deputati uscenti per regalarli a un alleato che pretende troppo.