Ma che ce frega di Equitalia se le tasse aumentano

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Ma che ce frega di Equitalia se le tasse aumentano

01 Novembre 2016

La politica fiscale di Renzi è come l’ombrello di Altan. Comincia a fare davvero male quando non la vedi più. Prendiamo ad esempio le tasse. Sparirà Equitalia. Ahia. La parola “tasse” è magicamente svanita dal discorso pubblico. Ahia. Appunto. La stangata sta arrivando. Ecco cosa prevede Unimprese per il prossimo triennio: una stangata fiscale da oltre 75 miliardi di euro. Tra il 2017 e il 2019 le tasse cresceranno costantemente, passando dai 493 miliardi del 2016 ai 505 miliardi del 2017, ai 518 miliardi del 2018 e ai 530 miliardi del 2019. 

La pressione fiscale, rileva il Centro Studi di Unimprese, si attesterà per tutto il triennio in esame al 42,2% superiore al 42,1% dell’anno in corso. A questi andranno ad aggiungersi altri 30 miliardi di incrementi contributivi, quindi più di 100 miliardi che cittadini e imprese saranno chiamati a dare allo Stato. Inoltre, salutate la spending review: la spesa crescerà di oltre 30 miliardi nei prossimi tre anni. A pesare sull’aumento delle uscite dalle casse dello Stato sarà soprattutto la spesa per pensioni e previdenza, in salita di oltre 40 miliardi, che eroderà gli 11 miliardi di “tesoretto” dello spread, vale a dire il risparmio sul fronte degli interessi su bot e btp. Saliranno di 3,3 miliardi le uscite per investimenti e di 4,6 miliardi quelle per i consumi della pubblica amministrazione: più sprechi, meno grandi opere e infrastrutture.

Cosa vuol dire tutto questo? Che siamo davanti una grande sceneggiata a uso e consumo renziano. Nulla è ciò che sembra. L’abolizione (o meglio la sostituzione con un clone) di Equitalia? A che serve se le tasse salgono? La spending review? È rimasta sulla carta, perché serve disperatamente che salga anche la spesa pubblica. La “flessibilità” Europea? Bruxelles in nome del Sì al Referendum e della presunta “governabilità” sembra disposta parzialmente a concederla, ma la pagheremo salata negli anni a venire. 

Renzi non fa altro che accumulare altro debito. La prova più lampante è considerare un attivo di bilancio il risparmio dato dal basso spread. Quei soldi risparmiati andranno a coprire la spesa corrente. Finché ci sono. Alla prossima crisi del debito sovrano dovremo chiamare un altro Monti per coprire quegli undici miliardi. Ovviamente si ricadrà nel solito meccanismo infernale: più tasse e la speranza che il mercato assorba altro debito italiano. Un cane che si morde la coda, un tunnel senza uscita in cui Renzi ci sta cacciando sempre più in fondo, con la complicità di Bruxelles.

Il simbolo più amaro di questo “goga e magoga” resta, però, la vicenda Equitalia. Un film ancora tutto da vedere. Renzi ha detto che la abolirà. I dipendenti verranno trasferiti in un’altra SPA partecipata totalmente dallo Stato, con annessa probabile struttura elefantiaca e poteri esorbitanti. Quindi, dopo aver cercato di tamponare le cose con un condono, da domani il timer della bomba fiscale ricomincerà a ticchettare. In attesa che, nell’arco dei prossimi due anni, il problema si riproponga, identico. Ancora una volta, in questo palcoscenico che è la politica renziana, non si sa quando finisca il dramma e quando cominci la farsa. Di sicuro, mai come oggi, la politica ha usato il bilancio statale per coprire il proprio deficit di popolarità, ipotecando il futuro dei nostri figli. 

È una situazione di una gravità inaudita, che però passa troppe volte sotto silenzio, coperta da altro. E ci toglie dallo sguardo il grande monte che segna il confine tra la sopravvivenza ed il baratro: il diritti acquisiti stanno per franarci addosso. Non sarà oggi, non sarà domani, ma i tesoretti non sono eterni. Le baby pensioni sì.