Ma gli OGM risolvono o no il problema della fame nel mondo?

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Ma gli OGM risolvono o no il problema della fame nel mondo?

13 Giugno 2008

Mentre il Mondo si incontra a Roma per trovare soluzioni alla fame nel mondo, gli opinionisti sentono impellente la necessità di rispondere a quesiti di grande spessore sociale ma ahimè connotati dal vuoto più assoluto quando vengono estrapolati da un contesto analitico ed utilizzati per attarre il lettore. Il quesito del giorno è «Ma gli OGM risolvono la fame nel mondo?» E la stampa degli ultimi giorni, documentando cosa non va bene o sia catastrofico per le popolazioni che soffrono la fame, sembra aver messo insieme un vero panel di esperti in non-soluzione di problemi. Da un lato questo potrebbe essere anche un metodo, perché no: individuate tutte le possibilità a disposizione e definite tutte quelle non buone, basta fare la differenza ed ecco le soluzioni, fatto! Ma così non è, ed incuranti del monito di Jaques Diouf, è finito il tempo delle chiacchiere, è arrivato il tempo di agire, ci ritorviamo ancora una volta a nuotare nella demagogia, le pseudo-opinioni e le dichiarazioni di esperti di non-soluzioni. Ma poi, alla fine viene sempre chi ci illumina su tutto (La Republica del 7/6/2008 – L’Amaca): «Combattere la fame con l’introduzione degli OGM nei paesi poveri è catastrofico per almeno due motivi, non ideologici, sia ben chiaro, ma acclarati». Il primo è che la fame non dipende dalla mancanza di cibo ma dalla mancanza di soldi, il pane e il riso ci sono, il denaro per comprarli che non c’è. Il secondo è che proprio l’espianto di colture locali, per far posto all’agroindustria, sta riducendo alla miseria milioni di contadini che non solo non possono riempirsi lo stomaco con l’autoproduzione ma sono costretti a comprarsi dalle multinazionali sementi brevettate.

Relativamente al primo punto, se mai questo fosse vero (cioè che il cibo basta), la domanda che viene da porsi è: dove dovrebbero prendere i soldi per comperare pane e il riso le popolazioni dei paesi in via di sviluppo? La risposta più logica farebbe pensare dallo sviluppo di un’economia locale basata sull’attività agricola, non certo industriale, voglio sperare! Nulla di nuovo. Sono molti i progetti finanziati per trasferire know-how ed innescare piccoli mercati locali con potenzialità di uno sviluppo autonomo. In molti casi, questi progetti sono terminati con l’esaurirsi dei finanziamenti generalmente erogati da organizzazioni internazionali e solo in pochi casi hanno avuto un prosieguo, perseguendo l’obiettivo ultimo: creare sviluppo in-situ. Situazioni politiche complesse, tipiche di questi popoli non hanno semplificato questi percorsi e non hanno dato una mano all’attuazione di questi programmi. Ma ancor di più, va ricordata l’impossibiltà di coltivare in situazioni estreme dettate dalla carenza idrica o dalla disponibilità di acque saline come unica fonte per l’irrigazione o dall’assenza di risorse per controllare chimicamente le colture e le derrate alimentari da infestazioni. Dire che in questi ambienti le colture geneticamente modificate non possono portare alcun beneficio è un atteggiamento forse irresponsabile. Pensare che non si possa regolare il mercato e la ricerca su colture geneticamente modifcate adatte a questi ambienti lo è ancora di più. 

Il secondo acclarato motivo in base al quale Combattere la fame con l’introduzione degli OGM nei paesi poveri è catastrofico (cioè proprio l’espianto di colture locali, per far posto all’agroindustria, sta riducendo alla miseria milioni di contadini che non solo non possono riempirsi lo stomaco con l’autoproduzione ma sono costretti a comprarsi dalle multinazionali sementi brevettate) fa sorgere un’altra domanda. Ma a che ambienti ci riferiamo? A quelli marginali, dei paesi in via di sviluppo, dove le risorse sono così limitate per cui l’agroindustria non avrebbe alcun interesse ad investire? Oppure a quelle aree dove la presenza dell’agroindustria è necessaria per fornire infrastrutture e mercato e dare un’opportunità di crescita a piccole/medie realtà economiche e comunità che vorrebbero andare al di là della sola autosufficienza? 

Mi sembra difficile trovare un senso in queste motivazioni acclarate. I problemi legati alla fame nel mondo sono seri, complessi e devono coinvolgere responsabilità a diversi livelli, incluso quello scientifico, chiamato a programmare ricerca e sviluppo per questi ambienti, utilizzando le teconologie più innovative ed avanzate a nostra disposizione. Si quindi, alla pianificazione scientifica e regolamentazione nell’ uso di colture geneticamente modificate per i paesi in via di sviluppo. No alla chiusura ottusa.