Ma la finanza internazionale ce la conta giusta?
15 Novembre 2011
Premessa (lunga): come riconosciuto da tutti, l’Italia non sta malaccio; i dati economici di base, i fondamentali, non sono messi così male; il punto più debole sembra il rapporto tra debito pubblico e reddito prodotto (pil); ma anche questo coefficiente dovrebbe essere statisticamente approfondito e corretto dalla presenza di una “produzione sommersa”, che è valutata dal Fondo Monetario Internazionale al 26 % del pil. Non solo: questi dati di confronto internazionale ignorano il “patrimonio” e guardano solo al reddito; i sistemi economici non possono essere confrontati solo sul reddito; il patrimonio non è questione secondaria in economia; eppure è come se non ci fosse, anche se “misurarlo “ non è certo agevole. Infine i dati statistici sono lasciati alla costruzione dei singoli Stati, se uno bara o sbaglia, non importa, i dati dichiarati sono quelli veri.
Finora nella potente Unione Europea, l’Eurostat (l’ufficio delle statistiche) non aveva alcun potere di controllo; ora gliene è stato dato qualcuno, dopo che ci si è accorti che Grecia o Austria avevano dato cifre taroccate; o che i metodi di calcolo statistico erano diversi da Paese a Paese e i dati dovevano essere corretti o interpretati. Quindi questa montagna del debito pubblico italiano dovrebbe un attimo essere ricollocata nel vero contesto economico italiano (con i debiti abbiamo ricostruito l’Italia dalla totale distruzione post-bellica) ed europeo (ci sono Paesi che stanno molto peggio di noi, ma presentano statistiche sul loro prodotto interno diverse e migliori delle nostre: senza però contare il “sommerso”, che da noi può anche essere il doppio o il triplo di quello comunitario).
E allora perché questo accanimento, questa agitazione della finanza internazionale sul debito italiano? Con un metodo nuovo; quello del “fai-come-ti-dico-io-o-non-ti-presto-i-soldi”. Questo metodo passa sotto il termine di “credibilità” internazionale; abbiamo bisogno di soldi per pagare gli interessi dei debiti scaduti, come tutti, dagli USA alla Germania, e li andiamo a chiedere nel mercato internazionale, come nella economia internazionalizzata si conviene. Qui troviamo delle forze che dicono “no, non siete credibili” e quindi ci impongono un nuovo governo, prendendoci per la gola sui soldi che dobbiamo prendere per onorare gli impegni ; e ci fanno anche pagare interessi quattro volte quelli per loro normali. Non è un bel metodo, se per di più dietro ad esso si celassero interessi di parte, nazionali o finanziari. Questo della “credibilità” è in realtà un giochino un po’ perverso. Al povero Tremonti fino a qualche giorno fa facevano tutti grandi e falsi segni di stima e di rispetto e lui, accademicamente, si accontentava. Poi i panzer anti-Berlusconi-uomo sono tornati in azione e hanno sfondato. Sarebbe allora questo il punto di “non credibilità” dell’Italia? Può essere, ma è dubbio.
In Grecia, Francia e Germania sembrano nel frattempo aver fatto man bassa di imprese, patrimoni e infrastrutture; tutto da verificare, ma sempre ineccepibile in un’economia di mercato internazionale. E in Italia cosa ci possiamo attendere? Forse la conquista di alcuni patrimoni nazionali di non poco conto, come Eni, Enel o Finmeccanica. O altro. Nella crisi attuale, per esempio, Edison, il più grande gruppo elettrico privato, sta subendo la scalata di Electricité de France, l’Azienda di stato francese nel settore. Tutto normale e giusto, nel libero mercato, ma sarebbe possibile l’inverso? Non viene il sospetto che il mercato sia stato usato dalla finanza per disegni economici e politici di parte? Non è che questa Europa, attraverso l’euro, si sta piegando ad interessi economici e politici nazionalistici, quasi a ripetere in chiave attuale quello che vissero i nostri nonni cento anni fa? L’Europa e l’euro dovevano servire a unire i popoli, a integrarli, non era previsto invece che i più ricchi o potenti delle sale Borse europee e non, avrebbero potuto entrare in casa altrui e racimolare il racimolabile; oltretutto imponendo nuove regole condominiali e anche nuovi amministratori.
Questo è uno scenario fantastico. Sicuramente le cose non staranno così ma se qualcuno ci dicesse realmente come stanno, senza raccontarci le novelle, gliene saremmo grati.