Ma non perdiamo l’occasione di fare riforme condivise

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Ma non perdiamo l’occasione di fare riforme condivise

20 Maggio 2008

 

Finalmente dopo un quindicennio trascorso dietro le barricate i due maggiori partiti italiani iniziano a dialogare. Spetta al vincitore tendere la mano al vinto, Berlusconi lo sa bene e invita Veltroni per inaugurare un nuovo stile politico, all’insegna del dialogo e del rispetto reciproco tra maggioranza e opposizione. Numerosi  sono gli aspetti del sistema che, alla luce dello scenario politico odierno, devono essere modificati con una intesa bipartisan.

Il nuovo progetto di revisione dovrà prevedere una diversa articolazione del sistema bicamerale ed abbandonare l’idea di due assemblee parlamentari in cui l’una costituisce, per identità di composizione e funzioni, la mera duplicazione dell’altra. Occorre realizzare un bicameralismo “asimmetrico”, sulla falsa riga di esperienze di altri paesi europei, allo scopo di creare un Senato federale, per un verso, rappresentativo dei territori regionali e, per l’altro, non collegato al Governo dal rapporto fiduciario.

La modifica del sistema bicamerale deve essere accompagnata anche da una sensibile riduzione del numero di deputati e senatori. Il sistema di bicameralismo imperfetto risponde all’esigenza di evitare che la seconda Assemblea costituisse una mera duplicazione della Camera. Le modifiche relative alla composizione del Senato federale devono rispondere ad una reale esigenza: la creazione di una seconda Camera, non solo in vista del soddisfacimento di richieste di semplificazione e celerità del procedimento legislativo, ma, in primo luogo, al fine di rappresentare le entità sub-statali. La riduzione del numero dei parlamentari risponde all’esigenza di assimilare il nostro ordinamento a quello degli altri Paesi europei; l’analisi comparata dimostra l’anomalia italiana. La nuova Costituzione si  dovrà preoccupare anche di stabilire nuove regole per l’elezione del Presidente della Repubblica e dei Presidenti dei due Rami del Parlamento, dettando per la scelta di entrambi le medesime maggioranze, nel tentativo di fornire una risposta soddisfacente ad una esigenza che nasce con l’introduzione del sistema elettorale in senso maggioritario e permane ancora oggi per gli effetti di bipolarizzazione che si sono prodotti nel nostro sistema politico.  Con l’abbandono della convenzione costituzionale – che dagli inizi degli anni ’70 aveva consentito al partito di maggioranza relativa ed alla più consistente forza politica di opposizione l’indicazione, al primo, del Presidente del Senato, ed alla seconda, del Presidente della Camera – le coalizioni politiche uscite vittoriose dalle ultime consultazioni elettorali nel 1994, 1996, 2001, 2006 ed anche in quelle recentissime del 13 e 14 aprile 2008  hanno dato vita ad una nuova prassi, in forza della quale gli scranni più alti di Senato e Camera vanno entrambi ricoperti da esponenti della maggioranza parlamentare (1994, Scognamiglio (FI), Pivetti (Lega Nord); 1996 Mancino (Ppi), Violante (Ds); 2001 Pera (FI), Casini (Udc), 2006 Marini (Margherita) –  Bertinotti (PRC); 2008 Schifani (Pdl) – Fini (Pdl).

Così, il superamento dell’impostazione compromissoria nei rapporti tra maggioranza ed opposizione  ha posto in crisi l’edificio costituzionale delle garanzie del pluralismo, imponendo aggiustamenti normativi che facilitino l’adeguamento delle istituzioni democratiche al modello maggioritario. In questa linea si collocano previsioni che impongono maggioranze qualificate, allo scopo di evitare che i Presidenti dei due rami del Parlamento siano espressione della sola maggioranza di governo e vengano scelti anche grazie al coinvolgimento di una parte dell’opposizione.

L’intesa Pdl – Pd deve riguardare anche il riconoscimento di una serie di garanzie per le opposizioni in modo da assicurare un “adeguato bilanciamento, nella sede parlamentare, tra i diritti di queste ultime e la valorizzazione del ruolo dell’esecutivo e della sua maggioranza”. Si tratta di rielaborare il Testo Costituzionale con l’innalzamento dei quorum necessari per l’adozione dei regolamenti camerali.  Proprio perché il Parlamento, quale sede di rappresentanza popolare, è “la casa di tutti”, le forze di opposizione sono chiamate a scrivere insieme ai gruppi di maggioranza le norme regolamentari. Il regolamento della Camera dovrebbe garantire le prerogative del Governo e della maggioranza ed i diritti delle opposizioni. Il rafforzamento delle minoranze passa anche da una esplicita riserva che assegna a deputati appartenenti all’opposizione la Presidenza di quelle Commissioni parlamentari e delle Giunte cui sono affidati compiti ispettivi, di controllo e di garanzia.

L’accordo dovrebbe, infine, prevedere la modifica dell’attuale forma di governo, determinando il passaggio dall’odierno parlamentarismo ad un sistema di  premierato, mantenendo il legame fiduciario tra il Governo e la sola Camera politica. Il rafforzamento dell’Esecutivo si realizza attraverso una valorizzazione dei compiti del Primo Ministro, che assume un ruolo di leadership nei confronti del Governo. Fra i poteri attribuiti al Premier,  il potere di chiedere al Presidente della Repubblica lo scioglimento della Camera; il potere di presentare ogni anno alla Assemblea di Montecitorio il rapporto sull’attuazione del programma di legislatura e sullo stato del Paese; il potere esplicito di nomina e revoca dei Ministri.