Ma siamo sicuri che il federalismo cancella 150 anni di Italia unita?

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Ma siamo sicuri che il federalismo cancella 150 anni di Italia unita?

02 Maggio 2010

I problemi sollevati da Fini alla Direzione del PdL live il 22 aprile sul federalismo fiscale possono essere utili alla discussione politica ed occorre evitare la personalizzazione e drammatizzazione. Su Fare Futuro l’amico Campi, uno studioso serio, contrappone “finismo” e “berlusconismo”, ma una delle scelte più intelligenti di An, alla cui innovazione Campi ha collaborato, era stata di bandire gli –ismi dalla cultura politica, come sterile residuo del ‘900. Discutiamo invece i problemi posti da Fini. In primo luogo, per Fini e gli amici di Ff il federalismo in generale attenta all’unità nazionale. La Germania, che aveva già un ordinamento federale al momento dell’unificazione nel 1860, interrotto soltanto dal periodo rigidamente centralista dal 1933 al 1945, è sotto gli occhi di tutti. È difficile sostenere che il federalismo abbia prodotto una crisi della nazione in Germania, un Paese finito sconfitto, occupato e diviso dopo il 1945, che si è riunificato nel 1989 ed è di nuovo la potenza number one in Europa.

La Germania, più grande per estensione e popolazione dell’Italia, ha soltanto 16 regioni e molto diverse tra loro per superficie, popolazione,  risorse economiche, geografiche, culturali, politiche e religiose. Il federalismo fiscale deriva da noi principalmente da una scelta di razionalizzazione della spesa. Dino Cofrancesco ha recentemente spiegato che l’Università di Genova ha quattro dipartimenti di Filosofia con sprechi di risorse immaginabili. Probabilmente, in regime di federalismo fiscale si sarebbero impediti tali abusi di denaro pubblico e si sarebbero indirizzate le risorse verso altri settori. L’università di Genova non è la sola ad avere sperperato denaro pubblico: l’università di Firenze è in deficit e la Regione toscana concorrerà al controllo dell’andamento finanziario, partecipando alla gestione economica ed amministrativa. La Regione toscana, una regione rossa, al cui presidente non ho dato il mio voto, è una delle più attente alla spese sanitarie e costituisce un modello virtuoso. Se una vecchietta toscana ottuagenaria è giudicata invalida e necessaria di ricovero in una struttura per anziani, i redditi dei figli vengono controllati con grande attenzione prima di sborsare un sussidio regionale. Fino a poco tempo fa, in assenza di figli o se i figli non erano in grado di pagare, si andavano a ricercare i parenti, anche se vivevano in altre regioni o all’estero. In altre regioni la pensione viene assegnata tranquillamente anche in presenza di figli professionisti con alto reddito, per non parlare di quelle regioni dove la pensione è concessa anche a chi è in buona salute, come una specie di ammortizzatore sociale. Secondo Luca Ricolfi, autore di Illusioni italiche, recensito con entusiasmo da Ff, ci sono regioni rosse come Liguria e Umbria sprecone e virtuose come la Toscana, l’Emilia e le Marche. Il problema non  è quindi solo una questione geografica o politica, ma di educazione civica. 

Quando Firenze fu colpita dall’alluvione, i fiorentini non aspettarono i soccorsi dello Stato, si rimboccarono la maniche, andarono a spalare il fango e a salvare il salvabile. I fiorentini non andarono a Roma a manifestare contro il governo per avere aiuti, né vi furono speculatori. Il sindaco Renzi, che non ho votato, dice di aspettare a gloria il federalismo fiscale: la Toscana non è ricca come la Lombardia, ma per la sanità, una buona sanità, spende meno della Calabria Il federalismo fiscale potrebbe quindi eliminare questi squilibri.

Il federalismo mina l’unità nazionale? Il Meridione, a cui sono state sempre date ingenti somme di denaro pubblico, sarà davvero sacrificato col federalismo fiscale e l’unità nazionale messa a rischio, come dice Fini? In realtà, è illusorio pensare di difendere l’unità nazionale dando soldi a pioggia al Meridione, se le élite meridionali non sono in grado di creare una coscienza civica. Occorre che le migliori energie meridionali – che ci sono dovunque nel Meridione – si mobilitino, affrontino il problema, e si pongano anche il problema della vecchietta toscana ottuagenaria invalida, che deve passare mesi a fare controlli di ogni tipo, come la sua famiglia, per avere una pensione, a differenza di certe zone del Sud, dove una pensione non si nega a nessuno.  

Per Dino Cofrancesco sarebbe un problema se in Toscana vi fossero matrimoni gay e si potesse abortire e in Veneto no, ma in Toscana la pillola Ru486 è stata adottata fin  dal 2005 in alcuni ospedali e ci sono già stati anche matrimoni gay, ma non tutti i comuni toscani approvano questa decisione. Vi saranno sempre differenze tra zone diverse italiane e all’interno di una singola regione, come accade in ogni nazione – si pensi alla differenza tra Texas e California – , ma il problema più grave è l’eccessivo numero di regioni per un Paese molto meno esteso e popolato della Germania. 

Il limite del federalismo, come attualmente pare configurarsi, è proprio l’eccessivo numero di regioni, le quali, come ha sottolineato Galli della Loggia di recente, “sono state una gigantesca, costosissima delusione”. Ernesto Galli della Loggia ha osservato che il ministro degli Interni Maroni, un ministro leghista, sta attuando una politica con un forte senso dello Stato e questo può farci sperare in un più ambizioso disegno di riforma dello Stato. A questo proposito, per non ridurre il federalismo in un regionalismo costosissimo e disgregante, non sarebbe male riprendere il progetto della Fondazione Agnelli del ’92 che proponeva un federalismo fondato su dodici macroregioni, un progetto a cui guardò con simpatia anche il comunista Renato Zangheri.

In un momento di crisi economica come l’attuale, che vede la Grecia alle corde e una UE non disposta a dare soldi senza garanzie, con gli Stati Uniti che non saranno sempre disposti ad accollarsi l’onere della nostra difesa, la riduzione della spesa pubblica è il miglior modo per celebrare l’anniversario dell’unità d’Italia. Su questo anche gli amici di Fare Futuro, che mettono la patria al primo posto, dovrebbero essere d’accordo.