Macchina della censura, Musk scoperchia i “Twitter Files”
03 Dicembre 2022
Twitter avrebbe costruito una ‘macchina della censura’ di alto livello per far sparire messaggi sgraditi all’establishment di Washington, in particolare quello Democratico. Sono le rivelazioni che emergono dai “Twitter Files” diffusi in rete dal giornalista freelance Mark Taibbi e ripresi con migliaia di condivisioni da Elon Musk. Taibbi descrive un sistema articolato di controllo e revisione dei tweet che, alla vigilia delle presidenziali Usa del 2020, si sarebbe attivato per oscurare, tra le altre, le notizie sul figlio di Joe Biden.
Il laptop di Hunter Biden
Nell’ottobre del 2020, l’account del New York Post fu inibito da Twitter per aver segnalato la storia sul “laptop dall’inferno” di Hunter Biden. Secondo il giornale americano, il personal computer del figlio di Biden conteneva prove legate a incontri di consulenza di alto livello tra Hunter ed emissari di Paesi stranieri, oltre a prove su presunte frodi fiscali. Compreso un meeting del 2015 con un dirigente del gigante del gas ucraino Burisma. Su queste vicende l’FBI ha avviato una indagine nel 2018.
Gli utenti che cercarono di ritwittare la storia pubblicata dal NYP e di condividere il collegamento all’articolo ricevettero un messaggio che recitava “Non possiamo completare questa richiesta perché il collegamento è stato identificato da Twitter o dai nostri partner come potenzialmente dannoso”. Twitter, secondo Taibbi, “ha adottato misure straordinarie per sopprimere la storia” pubblicata dal New York Post. “Ha rimosso collegamenti e pubblicato avvisi sulla loro possibile non sicurezza”. “Ne ha persino bloccato la trasmissione tramite ‘messaggio diretto’, uno strumento finora riservato a casi estremi, come la pornografia infantile”.
Twitter e i partiti USA
Lo scoop di Taibbi documenta come, su richiesta dei due grandi partiti americani, sparivano post scomodi per le elite politiche Usa. Compresi quelli non graditi alla Casa Bianca di Donald Trump. I funzionari dell’Elefantino e dell’Asinello secondo Taibbi avrebbero avuto accesso a un canale diretto con Twitter per chiedere di rimuovere o verificare post da account “sgraditi”. Taibbi lo definisce un “racconto alla Frankenstein”.
Un “meccanismo costruito dagli umani ma sfuggito al controllo dei suoi stessi progettisti”. “Celebrità o semplici sconosciuti venivano rimossi o analizzati su richiesta di un partito politico”. L’attore James Woods, uno dei più ferventi sostenitori di Trump, ne avrebbe pagato spesso le conseguenze. L’ex capo della divisione Trust and Safety di Twitter, Yoel Roth, ha ammesso che è stato un “errore” censurare la storia del laptop di Hunter Biden.
In una intervista alla conferenza della Knight Foundation, Roth ha spiegato che il tweet con l’articolo del New York Post “fece scattare dentro di me ogni singolo campanello d’allarme”. Sulla possibilità che potesse trattarsi di un attacco della cyberintelligence russa per manovrare il risultato delle elezioni americane. Peccato che il New York Post sia uno dei più antichi e autorevoli giornali americani.