Macroregione, agli amici molisani dico: non cadiamo nel particolarismo
15 Maggio 2013
Le reazioni alla proposta di fusione tra Marche, Abruzzo e Molise in una nuova «Regione Adriatica» sono state contrastanti, come avviene ogniqualvolta rispunta l’ipotesi sul dimezzamento delle Regioni italiane. Colgo quindi l’invito che mi è stato rivolto dagli amici di Almosava per tornare sulla questione, rassicurando gli esponenti politici molisani che si sono espressi contro il progetto invitandoli a un dibattito non partigiano sulle riforme possibili.
Blog e siti Internet suggeriscono che ci sarebbe già un mio disegno di legge pronto sul tavolo del Governo. Non è vero. Se la stampa ha le sue regole, la politica dovrebbe esercitarsi in una dialettica che vada oltre il bellettrismo – restando sul merito delle proposte. Capisco che il progetto di fusione venga percepito come una minaccia alle identità, alle tradizioni, alle autonomie locali e sono il primo a difenderle: qualsiasi idea di modifica dell’impianto regionale deve partire dal basso, dai cittadini, dalle Comunità, dalla partecipazione delle popolazioni e dei loro rappresentanti nelle istituzioni. Ma chiediamoci se quelle parole hanno lo stesso significato di un tempo o se invece diventano il paravento per dissimulare un eccesso di particolarismo.
Viviamo un’epoca di grande apertura economica, sociale, culturale. La recente costituzione della Macroregione Adriatico-Ionica comporterà una profonda trasformazione del nostro spazio vitale, come ha osservato il Presidente della Regione Marche, Gian Mario Spacca che oggi guida l’Intergruppo adriatico-ionico. Un cambiamento inscritto nella storia millenaria del nostro Mare interno. Basti pensare alle minoranze etnico-linguistiche croate e albanesi in terra molisana per comprendere la ricchezza, la varietà, la vitalità delle “Terre del Sacramento”, in quella provincia meno periferica e distante dai grandi flussi globali di quanto si tenda comunemente a credere.
Occorre ripensare le “frontiere” interne del nostro Paese per cogliere la sfida offerta dal mutamento di quelle esterne. E non è detto che la nuova Regione Adriatica conservi in modo intangibile gli attuali confini di Marche Abruzzo e Molise, sul tavolo ci sono infatti diverse ipotesi di modifica territoriale. La riunificazione tra Abruzzo e Molise verso il Nord Italia, da una parte. La fusione dei Comuni del Sannio con la provincia di Benevento (il «Molisannio») oppure l’accorpamento del Molise con la Capitanata (la «Moldaunia») verso il Sud Italia, dall’altra. Una non esclude l’altra. Se praticabili, queste proposte hanno la stessa dignità davanti alla cittadinanza.
I confini si spostano e altri fenomeni di “assestamento” potrebbero verificarsi nel nord della «Marca», con il passaggio delle province di Pesaro e Urbino alla Emilia Romagna. Saranno i cittadini a scegliere: l’autodeterminazione dell’Adriatico passa da una legge di revisione costituzionale che ha nel referendum il suo ultimo appello. Servono allora atti concreti, i Comuni dovrebbero innescare il processo di fusione grazie allo sforzo congiunto di comitati, gruppi organizzati, associazionismo, mondo imprenditoriale e parti sociali, sollecitando i sindaci a scegliere in una direzione o nell’altra.
Penso ad Agnone, con i suoi panorami mozzafiato e l’antichissima fonderia di campane, a Capracotta, Trivento, alle comunità montane che scendono verso il mare fino a Termoli e a Vasto. Saranno questi territori a compiere per primi il grande passo?
Il nanismo tipico dell’attuale assetto regionale italiano in Molise ha prodotto isole dominate dalla contrazione demografica. Denatalità, emigrazione verso l’estero e processi di urbanizzazione interni hanno spopolato pezzi dell’alto Molise spingendoci a rileggere in controluce la scelta compiuta nel 1970 di dividere in due la provincia di Campobasso. Chi teme che la fusione tra Abruzzo, Marche e Molise intacchi l’autonomia regionale dovrebbe riflettere sul fatto che la riduzione delle Regioni contribuirebbe a rafforzare l’impianto federale e il decentramento amministrativo, superando la costosa e spesso inefficiente macchina pubblica. Nel corso degli anni lo Zuccherificio del Molise ha assorbito milioni di euro di capitali pubblici ma oggi è finito in liquidazione e si spera in qualche multinazionale estera per salvarlo.
La verità è che assistenzialismo e burocratizzazione hanno imprigionato le forze vive del lavoro e dell’impresa, moltiplicando il debito, deprimendo il capitale umano e bloccando la crescita e lo sviluppo della nostra società. Bisogna centralizzare le competenze, ritrovare efficienza e competitività, ridurre i costi della politica e favorire la sussidiarietà. Per questo e molto altro serve una nuova Regione Adriatica.
*Deputato del Pdl