“Macroregione, guardiamo alla Germania”

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“Macroregione, guardiamo alla Germania”

11 Giugno 2013

Fuori dai confini italiani ci sono esempi di fusione regionale come quello che è stato proposto nel Medio Adriatico tra Abruzzo, Marche e Molise? "Certo che ci sono", ci dice l’on. Paolo Tancredi (Pdl), vicepresidente della Commissione Politiche Comunitarie alla Camera. "Ma vorrei prima fare una considerazione generale: le questioni di frontiera lette in chiave di efficienza e competitività sono strategiche per l’Europa". Effettivamente, gli esperti europei parlano di «pianificazione strategica» e di «deconcentrazione» dello spazio per indicare che i sistemi dispersi in futuro dovrebbero tendere sempre di più verso nuove forme di riordino territoriale. Un caso interessante, secondo Tancredi, è quello tedesco.

Onorevole, si riferisce alla riunificazione tra RFT e DDR?

Direi più agli effetti di quella riunificazione, come la decisione presa a metà degli anni Novanta dai Parlamenti dei Land di Berlino e del Brandeburgo di unificarsi in un solo territorio.

Nel ’96 i tedeschi respinsero questa ipotesi con un referendum

Non sono uno storico ma occorre ricordare che in quella occasione la maggioranza dei berlinesi votò SI al referendum mentre la maggioranza dei cittadini del Brandeburgo si oppose. All’epoca ci fu una forte campagna mediatica della sinistra per il NO.

Fu comunque una sconfitta per i «fusionisti»

La proposta non è stata chiusa definitivamente nel cassetto. Nel 2009 è stato proposto un nuovo referendum.

Rimandato anche questo

L’unificazione tra Berlino e Brandeburgo non è all’ordine del giorno se è questo che vuole sapere. Mi interessa però analizzare il processo di sviluppo e gli obiettivi di questi fenomeni: dotarsi di sistemi regionali con amministrazioni più snelle, meno costose e investimenti razionalizzati. La decisione dei parlamenti di Berlino e del Brandeburgo nasceva dallo sforzo di migliorare la mobilità e il sistema dei trasporti locali, dalla volontà di colmare il divario occupazionale tra le ex regioni della DDR e quelle della Repubblica Federale. I risultati del primo censimento dopo la Riunificazione, che sono stati resi noti nei giorni scorsi, evidenziano che nei Land orientali la disoccupazione resta più alta che in quelli occidentali.

Perché i brandeburghesi votarono NO?

Davanti alle proposte di fusione territoriale – a qualsiasi latitudine avvengano – emerge sempre un insieme di fattori soggettivi destinati a influenzare nel bene e nel male i processi decisionali innescati dalla politica. Bisogna anche chiedersi quanto  i policy maker e il mondo dell’impresa siano capaci di comunicare con efficacia i vantaggi oggettivi di una fusione.

E quindi?

Nel caso di Berlino e del Brandeburgo il referendum nasceva in un momento storico delicato, a ridosso della caduta del Muro, e questo può spiegare almeno in parte perché i sostenitori del NO dissero che «ci basta aver avuto una riunificazione». Ci furono anche altre cause, per esempio la questione dei finanziamenti che avrebbe dovuto ricavare il nuovo Land oppure quella relativa ai vantaggi fiscali che il Brandeburgo ha ricevuto nel sistema perequativo della post-riunificazione.

Allora perché seguire il modello tedesco?

La Germania ha un forte impianto federale, lo sviluppo regionale e le ipotesi di ridefinizione dei confini territoriali si sono sviluppati in maniera pragmatica. Tra Berlino e il Brandeburgo esistono già degli accordi per facilitare l’integrazione dei servizi amministrativi o giudiziari e sono state create istituzioni comuni in ambito urbanistico e culturale. C’è anche una proposta di fusione tra Amburgo e i Land del Meclemburgo-Pomerania e della Schleswig-Holstein.

Da un punto di vista costituzionale ci sono differenze tra Italia e Germania?

Sono questioni da approfondire con gli esperti della materia. Posso dire che l’articolo 118a del Grundgesetz – la «legge fondamentale» tedesca – stabilisce uno schema semplificato sulla ipotesi di fusione tra Berlino e il Brandeburgo. La riorganizzazione territoriale avviene attraverso un accordo tra i due Land e con la partecipazione degli aventi diritto al voto. Questo in deroga alle disposizioni dell’articolo 29 della Costituzione che presuppone una legge federale per la creazione di nuovi Land nati dalla suddivisione di quelli già esistenti. Ma ripeto, serve un sano esercizio comparativo tra ordinamenti costituzionali diversi. Studi del genere farebbero bene alle istanze unitarie italiane.