Madagascar 2. Non è il titolo di un film ma la storia di un golpe a puntate
18 Marzo 2009
Il Madagascar rimane appeso a un filo, dopo il golpe militare tentato dall’opposizione che ha schierato l’esercito nella capitale Antananarivo, fuori dai palazzi governativi occupati dal Presidente Marc Ravalomanana. Nel corso della crisi politica, che va avanti da mesi, sono già oltre 100 le persone uccise negli scontri tra i sostenitori del governo e quelli dell’opposizione guidati dal sindaco della capitale Andry Rajoelina. La situazione si è aggravata giovedì scorso quando i vertici militari hanno deposto il capo di Stato Maggiore fedele al presidente. Nei giorni passati l’opposizione è tornata in piazza, chiedendo le dimissioni di Ravalomanana, che aveva risposto “Sono ancora il presidente”.
Ad oggi, Rajoelina ha rifiutato l’istituzione di un “direttorio militare”, indicato da Ravalomanana come nuova autorità del Paese al momento delle sue dimissioni. Potrebbe sembrare un classico esempio di rovesciamento del potere come nella migliore tradizione sudamericana ma, a ben vedere, non è così. Sembra infatti che il presidente uscente rimarrà al suo posto almeno fino alle prossime elezioni. I colpi di stato solitamente si risolvono in poche ore, al massimo qualche giorno, mentre i primi scontri nell’isola risalgono all’inizio di Gennaio.
È opportuno spiegare meglio chi sono i protagonisti di questa storia: Ravalomanana e Rajoelina. Il primo, da autodidatta è stato capace di diventare uno degli uomini più ricchi del suo paese. Ha fatto il suo ingresso in politica nel 2000, candidandosi a sindaco della capitale e vincendo grazie all’appoggio popolare. Due anni dopo è diventato presidente. Nonostante la rielezione alle presidenziali del 2006, la sua stella è andata progressivamente scemando nel corso degli anni. Il secondo, fino a un anno fa non aveva nulla a che fare con la politica ed era conosciuto soltanto come disc-jockey. Ha conosciuto un’ascesa folgorante, dopo essersi presentato come “candidato indipendente” alle elezioni per il sindaco della capitale del 2007, che ha vinto. Ha usato la sua popolarità per costruire il movimento “Tgv” (Tanora Gasy Vanona) che significa “Giovane malgascio in movimento” e che è diventato anche il suo soprannome.
La crisi odierna è solo il capitolo numero 2 di quella iniziata ufficialmente il 31 gennaio, quando Rajoelina – durante una dimostrazione antigovernativa – aveva esortato la popolazione a rovesciare Ravalomanana e si era autoproclamato presidente. Il capo dello Stato lo aveva deriso ricordando come nell’isola ci sono più di 1500 sindaci e non si può dare ascolto a tutti. Dopo aver atteso alcuni giorni, il 3 febbraio Ravalomanana ha ordinato di sollevare Rajoelina dalla carica di sindaco. Non poteva immaginare che, dopo quasi 2 mesi, sarebbe stato lui stesso a essere rovesciato.
I 2 volti di Ravalomanana. Inizialmente il presidente si è asserragliato in un palazzo governativo diverso da quello ufficiale, denunciando “un colpo di stato militare” attraverso il suo portavoce ed affermando “Morirò con voi se sarà necessario”. Quando la minaccia si è fatta concreta, però, si è consegnato nelle mani dell’Esercito, senza opporre resistenza e trasferendo di fatto il potere ai golpisti, che lo hanno ripagato lasciandolo alla guida dello stato fino alle prossime elezioni che si terranno tra qualche mese.
Le 2 motivazioni della crisi. Sarebbe importante capire se lo spirito che anima la rivolta è indirizzato a migliorare le condizioni in cui vive la popolazione malgascia, tiranneggiata durante il lungo periodo di governo di Ravalomanana, oppure a favorire gli interessi economici di chi andrà al potere. Le presenze turistiche – una voce importante nel bilancio del Madagascar, valutate attorno ai 390 milioni di euro all’anno – hanno infatti subito un brusco ridimensionamento. Anche gli investitori stranieri, titolari di molteplici interessi nel settore minerario e petrolifero, guardano con apprensione alla situazione.
Le 2 reazioni della comunità internazionale. Di fronte all’escalation del conflitto si sono avute reazioni discordanti. C’è chi ha agito direttamente, come gli Stati Uniti (l’ambasciata americana ha accettato di assumersi la responsabilità della sicurezza e dell’incolumità dell’ex presidente) e le Nazioni Unite, che hanno spedito sul posto l’ex ministro degli esteri del Mali, Tiebile Drame, per tentare una mediazione che tuttavia appare fallita. L’Unione Africana ha condannato il tentato golpe ed ha chiesto che in Madagascar venga ripristinato il rispetto della costituzione, mentre l’Unione europea si è detta allarmata. Il ministro degli Esteri della Repubblica ceca, paese di turno della presidenza della Ue, Karel Schwarzenberg, ha chiarito che il nuovo capo di Stato non verrà riconosciuto se insediato con la violenza e contro la Costituzione.