Madagascar, cento morti sono un prezzo troppo alto per il dialogo

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Madagascar, cento morti sono un prezzo troppo alto per il dialogo

13 Febbraio 2009

Per alcune ore hanno deciso di accantonare i conflitti aprendo uno spiraglio al dialogo. Secondo le ultime notizie, i due storici antagonisti della politica in Madagascar – il presidente Marc Ravalomanana e l’ex sindaco della capitale e capo dell’opposizione, Andry Rajoelina – hanno deciso di sedersi attorno a un tavolo per risolvere la sanguinosa crisi istituzionale che dura ormai da diversi mesi e fino adesso ha fatto un centinaio di vittime.

In seguito alla dura repressione dell’opposizione, avvenuta sabato scorso, il ministro della Difesa Cècile Manorohanta aveva annunciato le sue dimissioni, portando il paese verso uno stallo istituzionale. Da una parte l’opposizione chiede le dimissioni del presidente, accusato di limitare le libertà civili e minare l’economia per servire i propri interessi. Dall’altra il presidente che respinge le critiche e si rifiuta di riconoscere un’autorità autoproclamata.

Tutto è incominciato lo scorso dicembre, quando il governo ha deciso di chiudere una televisione privata locale, la "Viva", che – guarda caso – era di proprietà di Rajoelina. L’accusa era di aver cercato di trasmettere un’intervista all’ex presidente Dider Ratsikara, l’“Ammiraglio rosso” che introdusse il socialismo nel Paese nel 1975. L’intervista in seguito è stata diffusa dai telegiornali locali. L’esecutivo allora spiegò che la decisione di chiudere Viva era stata presa per non alterare la pace e la sicurezza tra la popolazione. Lo scorso 26 gennaio, però, la popolazione è scesa in massa nelle piazze per contestare la decisione governativa, scontrandosi con le forze dell’ordine. Il bilancio finale è di almeno 44 persone rimaste uccise durante gli scontri e un numero imprecisato di feriti.

Ma le tensioni non si sono placate, anzi sono aumentate. Cavalcando la rabbia della popolazione, Rajoelina si è autoproclamato presidente della Repubblica del Madagascar e ha annunciato la formazione di un governo di transizione guidato da Zafitsimivalo Monja Roindefo. Così facendo ha provocato la reazione delle istituzioni che l’hanno subito destituito dal suo incarico di sindaco.

Da quel momento, il giovane ex sindaco 34enne, sostenuto da larga parte della popolazione, ha dichiarato guerra alla presidenza e al governo. Lo ha dimostrato di nuovo lo scorso 7 febbraio quando è riuscito a riunire circa 20mila sostenitori per marciare contro il palazzo presidenziale e chiedere le dimissioni di Ravalomanana. Ma le guardie presidenziali, composte per lo più da "contractors" stranieri, avevano respinto i manifestanti sparando contro le masse. Anche in questo caso, ci sono state vittime civili: per il governo 28 persone uccise e 170 ferite, per la Croce Rossa 40 le vittime e più di 350 i feriti. L’episodio è stato condannato duramente dalla comunità internazionale.

Ma le contestazioni degli scorsi mesi non sono qualcosa di nuovo per il Madagascar. Ravalomanana aveva vinto le elezioni anche nel 2006, durante un ballottaggio fortemente contestato dai candidati dell’opposizione che – come avvenne anche nel 2001 – gridarono ai brogli elettorali.

L’invio di un mediatore dell’Onu e l’intervento dei leader della Chiesa, un’istituzione molto influente nel paese, ha permesso una tregua momentanea delle tensioni per aprire il dialogo ed evitare nuovi scontri. Il ministro per la cooperazione francese Alain Joyandet ha parlato con le delegazioni di entrambi gli schieramenti e ha riconosciuto che, in vista di una soluzione della crisi, è necessario innanzitutto risolvere la situazione sociale ed economica della popolazione del Madagascar.

Ma la presenza di mediatori non ha fermato le ripicche politiche. In una dimostrazione di forza, lo scorso mercoledì il partito di Ravalomanana ha organizzato un raduno nella capitale riunendo i suoi supporter. Circa 30.000 persone hanno partecipato alla manifestazione. Una cifra che ha fatto insospettire Rajoelina che ha accusato il rivale di aver convinto i suoi sostenitori a partecipare mettendo a disposizione autobus e pagando loro una somma in denaro. Il leader dell’opposizione aveva da tempo indetto uno sciopero generale nazionale proprio nello stesso giorno. 

Se è pur vero che entrambe le fazioni hanno inizialmente accettato il dialogo, è molto probabile che il progetto di pace rimanga carta straccia. Rajoelina ha giurato di continuare la sua lotta finché non verrà accettata la formazione di un governo di transizione o non riuscirà a strappare la promessa di nuove elezioni presidenziali. Ma Ravalomanana non sembra avere nessuna intenzione di lasciare la poltrona.