Mafia. Il pm chiede 10 anni per Cuffaro: “C’era un patto con Cosa nostra”

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Mafia. Il pm chiede 10 anni per Cuffaro: “C’era un patto con Cosa nostra”

28 Giugno 2010

"Francesco Campanella, diventato collaboratore di giustizia, chiarisce come il rapporto tra Cuffaro e Cosa nostra non sia stato un evento sporadico e casuale ma piuttosto interno al patto politico-elettorale-mafioso". Per questo, il pm Nino Di Matteo ha chiesto durante il processo in rito abbreviato 10 anni di carcere per il senatore dell’Udc ed ex presidente della Regione Sicilia Salvatore Cuffaro, imputato per concorso in associazione mafiosa. La pena richiesta tiene conto della riduzione di un terzo previsto dal rito abbreviato.

"Come racconta Campanella – ha proseguito il pm – Giuseppe Acanto venne inserito nella lista Biancofiore nelle elezioni 2001 per venire incontro alle richieste di Nino Mandalà. Sempre Campanella dice che Cuffaro lo avvertì che nei confronti di Antonino e Nicola Mandalà e dello stesso Campanella c’erano indagini in corso. Le dichiarazioni del collaboratore sono ampiamente dimostrate". Il pm ha poi raccontato della comune militanza di Cuffaro e Campanella nell’Udeur e dello stretto rapporto tra i due, tanto che l’ex governatore fu testimone alle nozze del collaboratore. "Cuffaro – ha spiegato Di Matteo – attraverso la vicinanza personale con soggetti di Villabate, aveva ben presente quali erano i rapporti che legavano Campanella ai mafiosi Mandalà di Villabate. Che erano soggetti legati alla mafia Cuffaro lo sapeva anche perchè Nino Mandalà era in carcere proprio per l’accusa di 416bis".

"A conferma delle affermazioni di Campanella – ha proseguito Di Matteo – c’è la testimonianza dell’avvocato Giovanbattista Bruno, figlio di Franco, ex capo di gabinetto del sottosegretario alla Giustizia Marianna Li Calzi. Giovanbattista Bruno era amico sia di Cuffaro che di Campanella e ha riferito di un colloquio nel 2003 con il collaboratore di giustizia che gli confidava di sapere dal governatore di essere indagato. Campanella in quel caso domandò a Bruno: ‘hai visto come è andata a finire? Cuffaro mi ha detto che indagavano su di me e l’avviso di garanzia alla fine l’hanno mandato a lui…".

Il pm ha raccontato questo episodio anche per fugare i dubbi del gup sulla richiesta di ne bis in idem avanzata dai legali di Cuffaro (le accuse secondo gli avvocati sarebbero le stesse del processo ‘Talpe’). "Questo episodio raccontato da Bruno – ha detto il pm – non ha mai formato oggetto di contestazione. Ma non lo possiamo non considerare. È la conferma di un ulteriore reato, che se fosse solo si potrebbe configurare come favoreggiamento, ma messo assieme agli altri porta all’accusa di concorso in associazione mafiosa".