Magistrati, Renzi: “intercettazioni servono, pettegolezzi no”

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Magistrati, Renzi: “intercettazioni servono, pettegolezzi no”

11 Aprile 2016

Intervistato dal Tg5, Matteo Renzi torna sulla questione intercettazioni: “Il governo non ha intenzione di rimettere mano alla riforma delle intercettazioni,” dice il premier. “Ci sono molti magistrati che sono molto seri nell’usarle. Certo che le intercettazioni servono. Servono per scoprire i colpevoli, ma tutti gli affari di famiglia e i pettegolezzi sarebbe meglio non vederli sui giornali. Molti magistrati non passano queste informazioni. Spero che ci sia buon senso da parte di tutti”. Insomma, Renzi sembra cercare un dialogo con la magistratura convergendo con la posizione del neoeletto presidente dell’Anm Piercamillo Davigo, contrario a un giro di vite sulle intercettazioni. Ma il materiale penalmente irrilevante non deve finire sui giornali, questa la posizione del premier.

Le intercettazioni che svelano il malaffare della politica “è giusto che vengano pubblicate. Le conversazioni private, accidentalmente captate, non devono finire sui giornali. La differenza mi pare chiara”, sottolinea il ministro Enrico Costa, già vice ministro della Giustizia, in una intervista a Repubblica, nella quale invita a trasformare in legge le circolari dei procuratori: “Nel 2013 sono stati intercettati 141mila bersagli, per una spesa superiore ai 200 milioni di euro. Si tratta di numeri ingenti che si giustificano per scoprire reati, non certo per alimentare di gossip le colonne dei giornali. Ho apprezzato molto alcune circolari emanate da procuratori come Pignatone, Spataro ed altri. Se tutti si attenessero a queste regole non ci sarebbe bisogno di una legge, ma mi pare che solo alcune procure abbiano scritto le nuove regole di comportamento”.

Sulla ipotesi di Davigo di risolvere la questione aumentando le pene per la diffamazione, Costa dice: “Utilizzare le intercettazioni a mero fine di gossip mi pare più grave di una blanda diffamazione a mezzo stampa, reato che peraltro stiamo depenalizzando”. In un’intervista al Corriere della Sera, il procuratore di Torino, Armando Spataro, commenta: “Deve essere chiaro che non può essere in alcun modo il governo o il Parlamento a decidere a priori cosa è rilevante e cosa non lo è, ma solo il giudice in relazione al caso concreto. E la tutela della privacy che – guarda caso – viene invocata sempre e soltanto nei processi ai cosiddetti ‘colletti bianchi’, e mai in quelli per altre forme di criminalità, è già assicurata dalla legge. Si può prevedere un prolungamento della fase di segretezza degli atti anche dopo il deposito per le parti e fino alla decisione del giudice. Le violazioni potrebbero, in quel caso, essere più efficacemente punite”.

“Noi vogliamo dare ai magistrati tutto il nostro sostegno,” aveva detto nei giorni scorsi Matteo Renzi parlando ai giovani del Pd, “siamo dalla vostra parte”, aggiunge il premier, che però puntualizza “le sentenze si fanno nei tribunali”. Durante l’ntervento alla scuola politica piddina, Renzi se l’era presa con “un giornale che pesca in un anno e mezzo di intercettazioni spesso con dinamiche familiari con un linguaggio gergale, che evoca chissà cosa all’opinione pubblica, ma chissà cosa è”. Insomma, Renzi e il Pd scoprono quanto può essere duro e ingiusto il regime mediatico-giudiziario fondato sulle interecettazioni, eppure proprio il Partito Democratico, ora guidato da Renzi, in passato fu la forza politica che si oppose a una regolamentazione del regime delle intercettazioni, per impedire che al di là del sacrosanto lavoro della magistratura non si eccedesse in abusi ai danni di indaganti e non.

“La politica non è una cosa sporca,” ha detto Renzi ai giovani del Pd, “ma una cosa bella e non accetteremo mai di rendere la politica subalterna a niente e nessuno”. “Non siate mai subalterni né offensivi, la magistratura non si accusa, si rispetta chiedendo alla magistratura di occuparsi del potere giudiziario sul quale noi non mettiamo bocca così come la magistratura non entra nel processo legislativo. Sarebbe una clamororsa invasione di campo se il governo intervenisse sul potere giudiziario o se la magistratura pensasse di discutere su come funziona il processo legislativo”. Ci vuole “la spina dorsale dritta”. “Noi siamo fieri e orgogliosi di lavorare con i magistrati e facciamo tifo per la giustizia”.