
Mahsa Amini, perché il regime iraniano è ancora al suo posto

17 Settembre 2023
Gli attivisti nei Paesi occidentali manifestano per ricordare Mahsa Amini, la giovane morta in Iran mentre era sotto custodia della polizia un anno fa. Amini era stata arrestata perché non indossava regolarmente il velo islamico. La sua morte diede il via a una nuova fiammata di rivolte in Iran e alla conseguente repressione del regime dei mullah, che è ancora al suo posto. Anzi, si permette di trattenere in stato di fermo il padre della ragazza ammazzata, lanciando un messaggio chiaro ai dissidenti interni e alla diaspora esterna. Anche la medievale polizia della morale che doveva essere smantellata è tornata all’opera.
Perché la teocrazia iraniana barcolla ma non molla? La risposta è piuttosto semplice. L’Occidente è sempre pronto a dialogare con i mullah, a cedere ai ricatti di Teheran, a fantasticare su nuove e improbabili intese sul nucleare iraniano, come sognava Obama e continua a fare Biden. Nel frattempo, l’amministrazione Usa, che considera illegali organizzazioni come le Guardie della Rivoluzione iraniana, accettaa di scongelare fondi per 6 miliardi di dollari che Teheran dovrebbe intascare in cambio del rilascio di alcuni ostaggi americani. Soldi che, dice Mike Pompeo, andranno a “finanziare il terrorismo islamico”.
Ovvero l’Hezbollah libanese, Hamas e la Jihad islamica che combattono per estirpare lo stato di Israele dalle carte geografiche, come invocava l’ex presidente iraniano Ahmadinejad. Per non dire dei droni forniti da Teheran a Mosca per bombardare l’Ucraina o degli ispettori della Aiea cacciati perché rompono le scatole sul programma nucleare iraniano. Insomma non si capisce come l’Occidente voglia sostenere la battaglia “Donna vita libertà” per un Iran più democratico, come si possa pensare di difendere i diritti umani, se poi non si prende uno straccio di iniziativa per bloccare Teheran e le sue mire espansionistiche.