Maledetto Billionaire!
15 Agosto 2008
Sono nell’internet point. Praticamente la notte scorsa non ho dormito per l’eccitazione, e non riesco a scrollarmi da davanti la sua immagine; che quindi si sovrappone infelicemente a quella di Papa Benedetto XVI qui sul computer.
Sto leggendo che si stanno raccogliendo firme per fargli rinunciare alla stola di ermellino.
Meglio chiudere la pagina.
Ne apro un’altra ben più triste: c’è stato un attentato a Tripoli, in Libano, e sono morte diciotto persone. Rifletto. In realtà mi fa molto meno effetto dei sette ragazzi morti in Salento l’altro giorno, e mi chiedo perché: forse perché erano ragazzi? Forse perché è successo in Italia, in un posto che conosco. Forse. Ma probabilmente non solo. La verità è che non se ne può più di questi attentati in medio oriente, e da un lato ormai mi fanno meno effetto, e dall’altro cerco di non prestargli troppa attenzione per autodifesa: mi intristisce troppo pensare alla gente che muore, e, anche se, come insegna Umberto Tozzi, gira gira gli altri alla fine siamo noi, penso sempre che tanto non sono io, né nessuno che conosco. Anzi, è gente distantissima da me che non c’entra niente con la miacultura e che magari se la passava anche male.
“Insomma Mario! Ieri sera hai rimorchiato eh?” mi chiede Gigi appena mi vede rientrare. Era l’unico sveglio, gli altri dormivano ancora.
Ieri ero tornato con Giovanni e Marta in macchina, quindi non aveva potuto farmi il terzo grado. Tra l’altro anche Marta era scomparsa per un po’, quindi nel viaggio di ritorno ha trionfato un’insperata omertà.
“Mah, più che altro direi che sono stato rimorchiato”.
“A sì? Ragazza intraprendente? Beh, racconta!”.
“Mah, che vuoi che ti dica” non mi andava di raccontargli.
“Te la sei trombata?”. Per fortuna in quell’esatto momento è uscita Mara dalla stanza in pigiama e con i capelli sconvolti a interrompere la nostra conversazione: “Buongiorno” ci dice incerta. “Buon pomeriggio vorrai dire!” le risponde divertito Gigi.
Lei si stiracchia un po’, incurante dell’informazione sull’orario, poi dice rivolta a Gigi: “Non mi hai dato pace stanotte”. “Perché?” chiede lui. “Sembravi un cavallo impazzito”.
Uno dopo l’altro si svegliano tutti, e ognuno a turno mi fa una battutina su ieri sera. Tranne Marta, che però mi sorride in modo diverso dal solito.
Ci mettiamo a chiacchierare, ed esce fuori che il tipo che ha conosciuto ieri è un pezzo grosso e ci ha messo in lista per stasera al Billionaire.
Noi cinque non veniamo neanche consultati, Marta si comporta come se fosse ovvio che ci andremo. Ma in fondo siamo tutti un po’ curiosi di vederlo, e facciamo una riunione spontanea sull’argomento: per non trovare traffico, dato che è Ferragosto, decidiamo di andare direttamente a cena a Porto Cervo.
La preparazione dura ancora di più di quella di ieri.
Mentre aspetto mi arriva una telefonata. È il mio capo. Mi prende un attacco di crepacuore: le uniche volte che mi ha chiamato lo ha fatto perché c’era qualcosa che non andava sul giornale. Rispondo fingendomi tranquillo. “Mario!” dice lui. Sembra felice: “Volevo farle gli auguri di buon Ferragosto! E Complimenti per i trafiletti, stanno andando fortissimo!”. “Ah sì?”. “Certamente! È stata un’idea geniale! Modestamente… Mi è piaciuto soprattutto quello su McCain e Obama”.
Il viaggio per Porto Cervo dura abbastanza, ma quando arriviamo c’è ancora luce. Nessuno di noi ci è mai stato prima, ed è una sorpresa per tutti: la sciccheria si spreca, tutto è curatissimo e i negozi sono solo marche importanti come Gucci o Bulgari.
Decidiamo di andare a cena in un ristorante dove spendiamo un occhio della testa per non mangiare neanche chissà che cosa. Dopodiché, finalmente, andiamo a questo benedetto Billionaire.
Ci avviciniamo il più possibile con la macchina ma per parcheggiare dobbiamo tornare praticamente in paese.
Camminiamo minuti interi per arrivare in una stradina segnalata da fiaccole per terra che conducono a una villa con delle scale chilometriche tutte piene di gente.
Quelle scale sono la fila.
Ci accodiamo. Dopo mezz’ora siamo praticamente al posto di partenza: calcolo che ci siamo mossi di uno scalino ogni dieci minuti. Di questo passo per Capodanno forse entreremo.
Lentamente l’umore generale scende, e prende due direzioni: quella di Giovanni e Marta, che inspiegabilmente continuano a fare i trascinatori e non voler demordere dall’entrare in quel locale, e quella di tutti gli altri, me compreso, che non capiamo il perché di quella tortura fatta a scalini e premiamo per andare via.
Dopo quasi due ore arriviamo all’entrata dove due buttafuori disumani fanno finta di non vederci. Riusciamo a parlarci dopo circa mezz’ora che gli siamo davanti, e il risultato è che ci fanno cenno di andare via.
“Ma come non sono in lista?” sento Marta che grida: “Non è possibile!”.
La vedo che prova a telefonare a qualcuno ma le rispondono.
Mi dispiace, ma in realtà sono contento della prospettiva sempre più concreta di non riuscire a entrare.
“Lei non si può permettere di trattarci così”.
Il tipo neanche la guarda.
Finalmente ci rassegnamo e ce ne andiamo umiliati.
Per tutto il viaggio Giovanni e Marta non hanno fatto altro che insultare il buttafuori, il tipo rimorchiato da Marta, e tutti quelli che frequentano il Billionaire: sembravano la volpe con l’uva.