Marchini, Roma e il nostro futuro

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Marchini, Roma e il nostro futuro

03 Aprile 2016

Nell’intervista al Corriere della Sera, Alfio Marchini dimostra di aver capito con chiarezza una cosa. Roma è il laboratorio politico dell’Italia del futuro. Lo è anche e soprattutto per il Centrodestra. Non Milano, dove stiamo assistendo a una sorta di deja-vu, a una campagna elettorale tra candidati stimati ma espressione – ad eccezione della scommessa di Passera – di un mondo già noto. No, la novità è Roma. E’ qui che Renzi, i 5 Stelle e il Centrodestra si giocano tutto. 

 

Di fronte a un mondo che cambia, dove i cittadini chiedono un collegamento sempre più diretto con i loro rappresentanti nelle istituzioni, i 5 Stelle hanno accettato la sfida. Avrebbero potuto candidare “Diba”, Alessandro Di Battista, ma scelgono Raggi, un volto che bene interpreta quel legame chiesto dai territori. Anche Renzi ha rappresentato per una fase un cambiamento del genere, di metodo e generazionale, se non fosse che la rottamazione è rimasta appesa a metà, e adesso bisognerà capire se il renzismo fattosi candidato – Giachetti – riuscirà a vincere la battaglia dei cuori. Intanto, insegue.

 

A pensarci bene il problema per Giachetti o per la Meloni e Bertolaso, per il centrosinistra come per il centrodestra, è proprio questo: hanno capito che il mondo è cambiato? Cosa faranno se dovessero perdere al ballottaggio con la Raggi? Resteranno in Campidoglio a fare i capigruppo della opposizione? Oppure Giachetti, che non si è dimesso, tornerà a fare il parlamentare, mentre la Meloni userà il suo gruzzolo elettorale per pesare un po’ di più a livello nazionale con Salvini e Berlusconi?

 

Se la strada è questa, è una via senza uscita. Gli italiani ne hanno le tasche piene dei giochetti. Eppure a Roma il centrodestra ha un candidato spendibile, l’unico nato in modo autonomo, che non ha mollato, che si è radicato nella Capitale e che sta portando avanti una proposta politica legata al territorio. Marchini, appunto. L’unico che potrebbe riaggregare un elettorato, semplificando il caos attuale, come ha detto al Corrierone, perché quattro candidati, per uno schieramento politico, è davvero una storia che non si può sentire.

 

L’unico che può essere alternativo a M5S e Centrosinistra segnando una “discontinuità”, attraverso “il civismo”, facendo rinascere “una destra liberale e sociale”, qualcosa che vada oltre i vecchi schieramenti, “qualcosa di nuovo, politicamente innovativo e di prospettiva”, dice. Davanti a un elettorato sempre più confuso, che tende a ragionare per approssimazione, che non vota più secondo le vecchie appartenenze ma non ha perso i suoi ideali, Marchini capisce che a Roma il centrodestra vive o muore.

 

Muore non nel senso di una idea politica, ma delle leadership e delle classi dirigenti. O si capisce che è finito un momento storico, che le cose cambiano, che bisogna ritrovare il senso di una posizione politica e culturale che sappia sfidare il renzismo (Renzi ha cercato di interpretare il cambiamento, i 5 Stelle, a modo loro, sono una novità) o ci si condanna prima ad incartarsi in logiche di piccolo cabotaggio e poi ad un lento, inesorabile disfacimento.