‘Marcia della giustizia’, la Turchia sfida Erdogan

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‘Marcia della giustizia’, la Turchia sfida Erdogan

10 Luglio 2017

Esattamente alla vigilia dell’anniversario del tentato golpe del 2016, la Turchia è teatro della più grande manifestazione di massa contro Erdogan degli ultimi anni. E’ la “Marcia della Giustizia”: centinaia di migliaia di persone, secondo alcune stime un milione, sono confluite a Maltepe, nella parte asiatica di Istanbul, per rispondere all’appello di Kemal Kilicdaroglu, il leader del Chp, il Partito Repubblicano Popolare: una delle principali forze di opposizione.

La marcia è stata organizzata per protestare contro la detenzione di un deputato del partito Chp, Enis Berberoglu, condannato a 25 anni di carcere per aver fornito delle informazioni riservate al quotidiano d’opposizione Cumhurriet. Il leader del Chp ha avvertito: “Che nessuno pensi che questa sarà l’ultima marcia: il 9 luglio segna il giorno della rinascita”. Stanco, con i piedi piagati da 25 giorni di cammino ma galvanizzato dalla folla immensa che ha riempito la piazza di Malpete a Istanbul, Kemal Kiliçdaroglu, il leader del principale partito di opposizione Chp, ha parlato a un milione e mezzo di persone a conclusione della Marcia per la Giustizia: 430 km percorsi sotto un sole cocente da Ankara alla megalopoli.

“Abbiamo marciato per la giustizia che non esiste, per i diritti delle vittime, dei deputati e dei giornalisti in prigione, per i professori universitari licenziati”. La richiesta dei manifestanti è che si ponga fine al “golpe civile” messo in atto il 20 luglio come reazione al colpo di Stato fallito del 15 luglio scorso. Da allora più di 50 mila persone sono state arrestate e 150 mila hanno perso il lavoro. L’obiettivo del leader non è da poco: vincere le elezioni presidenziali nel 2019. Ma basterà questa piazza ad unire “l’altra Turchia”? Ieri il Washington Post invitava il segretario di Stato americano, Rex Tillerson, arrivato ieri a Istanbul, a “mandare un messaggio forte ad Ankara perché ponga fine a questo attacco alla società civile”. Tillerson, per ora, si è limitato a lodare il coraggio di quei cittadini che il 15 luglio “sono scesi in piazza contro i golpisti per difendere la democrazia”.