Marine Le Pen alla guida del FN segna l’inizio della campagna elettorale

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Marine Le Pen alla guida del FN segna l’inizio della campagna elettorale

25 Gennaio 2011

Ha un cognome pesante da portare (quasi un’ingiuria pubblica nella Francia metropolitana dei Lumi). Voce da fumatrice venutagli dalle tante clopes  fumate – “le paglie” francesi–sino a tardi nelle sedi del Fronte Nazionale, il movimento-partito “di estrema destra” come dicono i giornaloni d’oltralpe fondato tanti anni fa dal padre. E’ Marine Le Pen, figlia di Jean Marie, la donna che da una decina di giorni è alla testa del movimento più inviso alla politique-poilticienne di Parigi. Quarantadue anni, spallone da maschiaccio, piglio capace e  volto sfondante in video. E’ il nuovo viso della Francia conservatrice e “incazzata” dal niente che cambia, ormai delusa dall’inconcludenza del primo (e forse ultimo) quinquennato del presidente Nicolas Sarkozy, il quale non ha ancora annunciato la propria ricandidatura. 

Il padre l’ha definita “un vero uomo” nei mesi della volata alla presidenza del partito. L’ha spuntata lei, figlia del capo, contro lo sfidante Bruno Gollnisch, il colto, il docente universitario, da sempre maledetto dall’epiteto di “delfino” di Jean Marie. Con più del 60% dei consensi interni in tutto il partito, Marine Le Pen ha finalmente la strada libera, quella strada che nessuno in Francia avrebbe mai permesso di percorrere al padre: prendere l’Eliseo. I sondaggi sono contraddittori sulla sua reale capacità di attrazione elettorale. In un recente sondaggio pubblicato dal quotidiano Le Figaro, la davano al 20% per le intenzioni di voto al primo turno delle presidenziali 2012, mentre altri la danno addirittura al 27%. Cifra quest’ultima che la metterebbe in condizione di essere il candidato più votato della destra francese visto che i più rosei danno il presidente Sarkozy al 26%. 

Il sistema dei partiti francesi – uno tra i più chiusi d’Europa – ha annusato il rischio rappresentato dall’ascesa pubblica della figlia di Jean Marie. La bionda Marine può puntare stavolta alla presidenza della prepubblica e la conventio ad excludendum, operata per decenni nei confronti del padre e del suo partito potrebbe non funzionare con lei.  Lo stanco sventolio dello spauracchio “fachò et xenò”, fascista e xenofobo, che per quasi trent’anni ha permesso ai partiti al potere, socialisti o gollisti che fossero, di tenersi strette le poltrone della rappresentanza parlamentare (e quelle dei poteri centrali che in Francia contano più che altrove) potrebbe svanire in un nuovo messaggio politico di cui Marine Le Pen potrebbe portare. D’altronde se il FN di Jean Marie Le Pen è cresciuto tanto da essere riuscito, nelle imbarazzanti elezioni presidenziali del 2002, a far fuori al primo turno il candidato socialista Lionel Jospin, non si vede il perché il partito nazionalista con alla guida Marine Le Pen non possa ambire un giorno a farsi “premiere presidente”, magari mettendo in campo una strategia elettorale più morbida e più capace di assopire i timori dell’elettorato moderato francese.  

Dalle parti dell’Eliseo del presidente Sarkozy, la preoccupazione cresce ormai da mesi. Sarà la crisi, l’impossibilità di dare ai francesi il taglio alle tasse che il presidente aveva promesso e che nel 2007 lo avevano eletto per portare a termine la “rupture” – la rottura  – con la vecchia politica polverosa e lontana dalla strada della quinta Repubblica francese tanto bisognosa di apertura e rinnovamento. LA maggioranza dei francesi aveva mandato Sarkozy all’Eliseo con questo obiettivo, rilegando i socialisti guidati all’epoca dalla candidata Royale, all’ennesima traversata nel deserto. Non che nel campo socialista molto sia cambiato da quel 2007: Segolene è sempre in lizza per la candidatura socialista, accanto al suo ex-compagno e padre dei suoi figli, il ‘morbido’ François Hollande incredibilmente ben piazzato nei sondaggi. Martine Aubry, la prima segretaria del partito socialista, la madre del modello-flop delle “35 ore”: c’è anche lei tra le presidenziabili.  

E poi c’è il candidato più prestante tra i socialisti: Dominque Strauss-Kahn (DSK per la stampa transalpina che adora le abbreviazioni), l’attuale direttore generale del FMI e il miglior candidato in mano al PS, benché non goda egli di buona nomea nella base del partito.  “Trop liberiste”, troppo liberista dice qualcuno a Rue Solferino a Parigi dove sta la sede centrale del  partito. Un sondaggio CSA del 20 Gennaio scorso dà  Strauss-Kahn vincente su Sarkozy al primo turno delle presidenziali con un 30%, contro il 23% che si aggiudicherebbe il presidente. Marine Le Pen in quel sondaggio sta sempre al 17% delle intenzioni di voto. Sonadaggi a parte, il viaggio tra oggi e le presidenziali 2012 è ancora lungo, e lo sforzo del nuovo FN di accreditarsi agli occhi dell’elettorato di destra moderata come affidabile e capace di dare risposte a bianchi delle periferie urbane, dove il sarkozismo ha fallito malamente nel dare risposte, potrebbe mostrarsi. Di una cosa potremmo essere certi: se Marine Le Pen decidesse di aprire ad un discorso politico più morbido e rassicurante, l’unica e significativa rupture della politica francese degli ultimi trent’anni avrebbe luogo.